Tra i nomi che stanno via via completando il team amministrativo che accompagnerà i prossimi quattro anni di amministrazione Trump, esce quello del segretario alla Salute, Tom Price. È noto che il presidente eletto Donald Trump volesse mettere a capo del dipartimento HHS (Health and Human Services) qualcuno che potesse aiutarlo a smontare, anche a colpi di executive order, l’Obamacare (o Affordable Care Act, ACA), la riforma sanitaria costruita da Barack Obama: come scrive il New York Times, non avrebbe potuto trovare soggetto migliore di Price, che ha studiato la riforma negli ultimi sei anni. Il suo Empowering Patients First Act, disegno di legge pensato nel 2009 che prevede di scegliere altre forme di assicurazione medica anche per chi è tutelato da Medicare e Mediaid (i piani statali per anziani e indigenti), è stato la base da cui ha attinto il Partito repubblicano quando, qualche mese fa, ha deciso di smetterla di contestare passivamente il programma di Obama e mettere insieme i pezzi per una proposta sanitaria alternativa da spendere in futuro – “A Better Way” si chiamava.
CONTRO IL CENTRALISMO
Price è un chirurgo ortopedico di Atlanta, rappresentante alla Camera per la Georgia dal 2005. Al momento è presidente della Commissione Bilancio della Camera, un’esperienza che gli servirà visto che da segretario all’HHS dovrà gestire un budget intorno ai mille miliardi di dollari. Il 17 novembre intervistato da Talking Point Memo ha detto che la ristrutturazione dell’Obamacare non sarebbe comunque stato tra i punti iniziali dell’agenda dell’Amministrazione Trump, ma sarebbe arrivato in una seconda fase. Price ha continuamente contestato l’Obamacare partendo da un punto principale, il centralismo della riforma obamiana: “Un governo federale soffocante e opprimente” disse sei anni fa durante il dibattito sull’ACA riprendendo “un tema che pervade la sua politica”, ha sottolineato il Boston Globe. “Riteniamo sia importante che Washington non controlli la sanità”, ha dichiarato Price in un’intervista la scorsa estate citata dal Wall Street Journal: “Il mio problema con l’Obamacare è che parte dalla premessa che Washington sappia più di chiunque altro che cosa è meglio per noi”. È una visione che lo accomuna a Trump più di altre, per esempio le linee pro-life, che forse il candidato presidente ha assunto più per necessità elettorale che per vera convinzione (probabile non sia interessato da questo genere di dibattito etico-politico). “Molti americani hanno perso la copertura sanitaria, mentre era stato detto più e più volte dal presidente che l’avrebbero potuta tenere”, ha dichiarato l’ortopedico: e mentre quest’affermazione (che si riferisce a qualche caso di coloro sono entrati nell’Obamacare e poi per una serie di inghippi amministrativi si sono ritrovati scoperti) finora aveva un peso politico relativo, stando ai flussi elettorali assume un valore centrale. Mentre il conteggio delle schede è ancora in corso, Hillary è avanti di oltre due milioni di voti, ossia ha stravinto il voto popolare: però ha perso negli stati più poveri, quelli della Rust Belt operaia – Price è del Michigan –, quelli del Midwest, quelli della cosiddetta America Profonda, dove si concentrano le classi più indigenti, quelle che hanno bisogno, tra l’altro, della copertura sanitaria (l’anno scorso il New York Times aveva rivelato che circa il 13 per cento delle persone che si erano iscritte all’Obamacare erano state messe fuori dalle liste di copertura perché non riuscivano più a pagare l’assicurazione).
I COMPROMESSI E LE PAURE DEGLI OPPOSITORI
Gli analisti politici americani descrivono Price come un uomo in grado di raggiungere compromessi, e per questo sarà importante nel ruolo che ricoprirà: per molti smontare completamente la legge sanitaria di Obama sarà arduo, ma dei cambiamenti anche radicali saranno fatti; e forse sono necessari. Un esempio, Obamacare non è una copertura pubblica, ma attraverso il sito healtcare.gov permette agli utenti di accedere ad una piattaforma in cui contrattare sul mercato libero il piano assicurativo più vantaggioso (questo è il frutto di una lunga levigazione delle istanze delle lobby assicurative fatta da Obama): il sistema permette l’accesso a piani sanitari abbordabili anche a chi ha malattie pregresse, uno degli aspetti che secondo Price va salvato. Le modifiche andrebbero fatte nei metodi di accesso: il futuro segretario alla Salute ha proposto che i crediti d’imposta in base all’età compensino il costo della copertura sanitaria individuale (però chi ha redditi bassissimi e non paga tasse, non sarebbe di certo aiutato da questo meccanismo). Più in generale, si può dire che Price vuole portare il piano sanitario nazionale verso una minore regolamentazione federale, che lascerebbe più opzioni agli individui, ma anche più spazio per le speculazioni; non a caso MarketWatch ha fatto notare che i fondi che gestiscono ditte legate al mondo della sanità sono in crescita da dopo la vittoria elettorale di Trump. Chuck Schumer, il senatore democratico di New York che forse diventerà il leader della minoranza alla camera alta, ha criticato la nomina di Price dicendo in un commento che metterlo a riformare un sistema che garantisce l’accesso ai piani sanitari a milioni di persone che prima non lo avevano, è come mettere “la volpe a guardia del pollaio”, riferendosi al fatto che gli stravolgimenti avrebbero favorito il settore privato – il pagamento dei medici inserito nei programmi, altro esempio – a discapito dei cittadini. Cecile Richards, presidente della Planned Parenthood Federation of America, ha detto la Nyt che la nomina potrebbe portare indietro i diritti delle donne di decenni, facendo tornare i premi delle assicurazioni più alti di quelli degli uomini e bloccando i sistemi gratuiti per il controllo delle nascite – Price aveva criticato l’invio di fondi federali a cliniche convenzionate con Planned Parenthood, perché erano state coinvolte in “barbare pratiche di aborto” (parole sue).
I TRASPORTI A CHAO
Martedì Trump ha anche nominato il segretario ai Trasporti, che avrà un altro ruolo importante visto che il repubblicano ha promesso di spingere gli investimenti sulle infrastrutture: contrariamente ai rumors di pochi giorni, quando si parlava dell’italo-americano Lou Barletta come possibile scelta, la decisione definitiva è ricaduta su Elaine Chao, repubblicana storica e già segretaria al Lavoro sotto George W. Bush. Chao dovrebbe avere l’esperienza politica e di governo per guidare uno dei settori del programma che prevede il progetto più ambizioso. Nata a Taipei, Taiwan, è sposata con il senatore del Kentucky Mitch McConnell, leader della maggioranza repubblicana, di cui è considerata la più intima collaboratrice anche nelle faccende politiche (durante le mid-term del 2014, secondo Time, ha presenziato a oltre 50 eventi di campagna elettorale del marito: “La più grande risorsa che ho è di gran lunga l’unica donna del Kentucky che ha servito nel gabinetto di un presidente, mia moglie, Elaine Chao” disse nell’agosto di quell’anno McConnell). Sempre nel 2014 l’avvocato washingtonians Stuart Bloch disse al New York Times che Chao era una donna “fatta di titanio”, una “moglie tigre”. I coniugi, dai dati del Washington Post, hanno un patrimonio superiore ai 20 milioni di dollari, molti arrivati da un’eredità ricevuta da Elaine.