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Mattarella, l’incarico a Gentiloni, la frenesia di Renzi e gli sbandamenti del Pd

Il Pd sta sbandando? La domanda non sorge dopo la sconfitta di Matteo Renzi al referendum costituzionale del 4 dicembre né dalle fibrillazioni tra i democrat per l’assemblea di partito indetta per il 18 dicembre in vista del congresso, con un attivismo di correnti e correntine. No, gli sbandamenti si notano se si confrontano annunci e accelerazioni del partito renziano dopo la scoppola referendaria e la direzione di marcia che sta indicando il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, anche con l’incarico a Paolo Gentiloni di formare un nuovo governo “nella pienezza dei poteri”. Una direzione, quella del capo dello Stato, che fa appunto sbandare il Pd.

Tutto nasce dopo il voto di domenica scorsa dal frenetico discorso di Renzi – frutto di un’ordalia delle vanità, come rimarcato in un editoriale di Formiche.net – in cui il premier ha detto: o governo di responsabilità nazionale con tutti dentro oppure avanti tutta verso il voto, comunque sia io domani mi dimetto. La direzione del Pd prende atto. E finanche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, leader di Ncd, invoca il voto anticipato a marzo.

Passa qualche ora e arriva un comunicato della presidenza del Consiglio che rimette su binari istituzionali la scomposta baldanza del premier e dei leader della maggioranza di governo. Ecco la nota stampa di Mattarella che provoca il primo sbandamento della macchina democrat: “Il Presidente del Consiglio, a seguito dell’esito del referendum costituzionale, ha comunicato di non ritenere possibile la prosecuzione del mandato del Governo e ha pertanto manifestato l’intento di rassegnare le dimissioni. Il Presidente della Repubblica, considerata la necessità di completare l’iter parlamentare di approvazione della legge di bilancio onde scongiurare i rischi di esercizio provvisorio, ha chiesto al Presidente del Consiglio di soprassedere alle dimissioni per presentarle al compimento di tale adempimento“.

Ossia, dice il capo dello Stato, si approvi la legge di stabilità e poi pensiamo alle dimissioni. E così è stato. Partono le consultazioni al Quirinale e dalle opposizioni non arrivano disponibilità ad appoggiare la prima ipotesi auspicata da Renzi, ovvero un governo di responsabilità nazionale. Così la delegazione del Pd dice: il governo con tutti dentro non è possibile, dunque si formi un governo per una nuova legge elettorale e si torni al voto.

Ma anche questa volta Mattarella fa sbandare la macchina del Pd indicando un’altra strada. Ecco  le indicazioni del capo dello Stato: “Il nostro Paese ha bisogno in tempi brevi di un governo nella pienezza delle sue funzioni“. Pienezza delle sue funzioni, altro che governo elettorale. I motivi? “Vi sono di fronte a noi – spiega il capo dello Stato – adempimenti, impegni, scadenze che vanno affrontati e rispettati. Si tratta di adempimenti e scadenze interni, europee e internazionale“. Dal Consiglio d’Europa nei prossimi giorni, all’anniversario dei trattati di Roma nel prossimo marzo, fino al G7 a Taormina in maggio, tra l’altro. Conclusione: “Nelle prossime ore valuterò quello che emerso da questi colloqui e prenderò le iniziative necessarie per la soluzione della crisi di governo“. Per la soluzione della crisi, non per preparare il terreno alle elezioni anticipate. Quindi l’incarico a Paolo Gentiloni di formare il nuovo governo. Con piene funzioni. “Nella pienezza delle funzioni”, ha detto esplicitamente Gentiloni uscendo dall’incontro con Mattarella.

Si prevedono altri democratici sbandamenti nelle prossime ore?

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