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Pioneer, ecco i progetti dei francesi di Amundi dopo lo shopping da Unicredit sul risparmio gestito

Pioneer parlerà francese. Sbaragliata la concorrenza di Poste-Cdp, Anima, Axa, Generali – e deluse le speranze di chi immaginava la creazione di un super asset manager tutto italiano – Unicredit guidata da Jean-Pierre Mustier  ha scelto di cedere la sua branch nel risparmio gestito ad Amundi. La controllata di Crédit Agricole guidata in Italia da Alessandro Varaldo (nella foto) è il più grande operatore europeo del settore e diventerà l’ottavo al mondo – l’unico non Usa – con masse gestite che al 30 settembre ammontavano a 1276 miliardi di euro. Ed è anche il soggetto, dei quattro pretendenti all’acquisto, con maggiori affinità rispetto a Pioneer – tanto che fin da settembre diversi report lo davano come favorito.

I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE

Ma vediamo cosa è successo e come si concretizzerà questa fusione italo-francese. Amundi pagherà per Pioneer Investments 3,545 miliardi di euro finanziati parte in cassa (1,5 miliardi) e parte attraverso un aumento di capitale da 1,4 miliardi che sarà lanciato entro giugno del 2017 e l’emissione di obbligazioni senior e subordinate per 600 milioni. Un prezzo superiore alle ultime stime degli esperti e che si giustifica con il valore del colosso che si genererà. A regime, tra tre anni, l’operazione consentirà risparmi per 180 milioni grazie sostanzialmente all’unificazione delle piattaforme di investimento, all’ottimizzazione dei servizi IT e alla razionalizzazione dei costi amministrativi e di back-office. I costi dell’integrazione ammontano a 190 milioni. L’intento è quello di valorizzare soprattutto i risparmi delle famiglie italiane, che ammontano a 120 milioni dei 220 complessivamente in pancia a Pioneer.

COSA DICE AMUNDI

Non è un’acquisizione, ma una partnership, hanno ripetuto i vertici della francese come un mantra. Amundi potrà “consolidare la propria leadership nei mercati chiave europei”, si legge in una nota della società, e potrà “beneficiare di una piattaforma gestionale e distributiva negli Stati Uniti di primaria importanza (gli asset americani recentemente acquisiti da Unicredit, ndr)”. Milano diventerà “uno dei 7 hub globali di Amundi” e il secondo mercato del gruppo francese, il cui numero di dipendenti in Italia raddoppierà, passando da 300 a 600, a fronte di tagli complessivi del 10%: “Il target è 600 persone a termine del piano di integrazione”, secondo le parole del ceo di Amundi Yves Perrier. “Si tratta di un voto di fiducia all’Italia – ha aggiunto nel corso della conferenza stampa di sintesi della fusione il presidente di Amundi e vice ceo di Crédit Agricole, Xavier Musca – quello che abbiamo fatto è stato sposarci con Unicredit e gestire oltre 100 miliardi di euro che vengono dalle famiglie italiane. Questo è il messaggio più importante”. Che non vuol dire che ci saranno altre acquisizioni anzi lo stesso Musca ha precisato di non stare “guardando né Carife né altre banche italiane”.

GLI EFFETTI PER UNICREDIT

L’incasso per Unicredit è davvero interessante: oltre al prezzo di acquisto vanno considerati anche i 315 milioni del dividendo straordinario che riceverà prima della chiusura dell’operazione. Il che equivale a una plusvalenza netta di 2,2 miliardi nel 2017, con un impatto positivo sul Common Equity Tier 1 di circa 78 punti base. Il che rende un obiettivo di Cet1 ratio del 14% a tre anni del tutto ragionevole, includendo anche la cessione di Bank Pekao, di 20 miliardi di Npl e un aumento di capitale da 4 miliardi. Di certo questa dismissione consentirà una soluzione radicale al problema delle sofferenze in pancia a Unicredit.

COSA HANNO DETTO GLI ANALISTI

Gli indizi di come l’affare Pioneer si sarebbe chiuso erano disseminati ovunque. Mediobanca a curare gli interessi di Amundi, l’ad d’Oltralpe Jean Pierre Mustier e i report pubblicati dagli analisti fin da settembre, facevano presagire come si sarebbe chiusa la partita. A fine ottobre Icbpi, in un’analisi su Poste Italiane, scriveva che Amundi “è sulla carta in una posizione migliore per estrarre valore da Pioneer”. Ma già un mese prima Deutsche Bank e Goldman Sachs avevano evidenziato i vantaggi dell’alleanza che oggi è realtà. Per il broker tedesco la complementarietà geografica e di business tra Amundi e Pioneer sarebbe risultata l’arma vincente dei francesi e avevo stimato, con un prezzo di 3 miliardi, un aumento dell’epa del 16%. Un incremento simile a quello pronosticato da Goldman Sachs, sulla base di una stima di un pagamento cash di 1,5 miliardi (cosa che in effetti avverrà).
Secondo le ultime dichiarazioni del ceo di Amundi, post annuncio dell’acquisizione, l’utile per azione crescerà “del 30% e il Roi del 10% nei prossimi tre anni”.


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