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Il Fatto Quotidiano, ecco come Travaglio, Gomez e Padellaro si dividono su Raggi

Virginia Raggi e Marco Travaglio

Le convulsioni grilline attorno alla giunta di Virginia Raggi si ripercuotono sul Fatto Quotidiano. Da tempo nel giornale più apprezzato dalla base pentastellata convivono posizioni differenti sulla sindaca di Roma, come emerso sul caso dell’ex assessora all’Ambiente Paola Muraro (qui il resoconto di Formiche.net) costretta alle dimissioni in seguito alla notifica di un avviso di garanzia. L’arresto del dirigente capitolino Raffaele Marra, braccio destro de facto della Raggi, non ha fatto che accentuare la diversità di vedute in casa del Fatto.

IL DIRETTORE IN DIFESA DELLA RAGGI

Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, non è nuovo a discese in campo in difesa di Raggi e Marra. Lo aveva fatto il 17 settembre scorso, come ricordato ieri dal sito renziano de l’Unità. Sia in quell’editoriale che in una immaginaria lettera scritta alla sindaca, Travaglio aveva sottolineato come Marra fosse incensurato e non indagato, prendendosela con i giornali (a partire dal Messaggero) che continuavano a tenere accesi i riflettori sul dirigente entrato in Campidoglio con Gianni Alemanno.
Nel suo editoriale di ieri, il direttore del quotidiano cartaceo non ha attaccato frontalmente la Raggi, come invece hanno fatto altri colleghi di testata. Anzi l’ha difesa, facendo capire che non dovrebbe dimettersi. “La Raggi non è indagata di nulla” ha messo in chiaro, riconoscendo che Marra è un suo “stretto collaboratore” e quindi non uno qualunque dei 23mila dipendenti capitolini. Nel parallelismo tra il caso Raggi e l’indagine sul sindaco di Milano Beppe Sala del Pd in merito a un appalto di Expo, Travaglio ha evidenziato la sproporzione, dato che la sindaca grillina si è solo “fidata di un dirigente mai indagato (caso più unico che raro al Campidoglio) né sospettato di essere un ladro”. Sì, ha ammesso Travaglio, “col senno di noi, (la Raggi, ndr) ha sbagliato”, ma “non risulta che Marra abbia commesso reati sotto questa giunta (altrimenti la sindaca si dovrebbe dimettere)”. Tradotto, la Raggi non si deve dimettere, Travaglio dixit. “Poteva la Raggi immaginare che tre anni fa Marra si era fatto pagare una casa da Scarpellini? Alzi la mano chi lo sapeva, o lo pensava”.
Un copione analogo compare nell’editoriale domenicale di Travaglio, che apre il Fatto puntando sulla differenza di trattamento tra la Raggi e Sala e tuonando contro i pentastellati che vogliono silurare Virginia. “Tra i più feroci censori della sindaca – scrive – ci sono alcuni dei suoi compagni (si fa per dire) di movimento, riuniti in permanenza per processarla in contumacia (la presenza dell’”imputata” non è prevista), che pretendono, in alternativa o in accumulo: la testa della Raggi, quella del vicesindaco Frongia, quella del suo capo-segreteria Romeo. I quali non sono accusati né indagati di nulla e non si sa bene di che debbano rispondere, a parte dell’essersi fidati di un dirigente mai inquisito né sospettato di corruzione fino all’altro ieri”. “Anziché invocare la testa di questo o quello – incalza -, capi e campetti dei 5 Stelle farebbero bene a ragionare con loro, di testa, e non con le viscere. Partendo dall’unica bussola che dovrebbe orientarli: le aspettative dei romani che sei mesi fa hanno chiesto loro di governare la Capitale”. Quindi la sentenza: “Se la Raggi fosse stata beccata a commettere reati o a tenere condotte indecenti, andrebbe sfiduciata. Ma non è questo il caso”.

GOMEZ E PADELLARO SCARICANO LA SINDACA

Ben altra posizione hanno espresso Peter Gomez e Antonio Padellaro, rispettivamente direttore de ilfattoquotidiano.it ed ex direttore della testata cartacea, ora editorialista e presidente della società editrice del quotidiano diretto da Travagli. “Nella vita c’è qualcosa che si chiama responsabilità politica – ha scandito Gomez nella diretta Facebook di venerdì dalla redazione del quotidiano online -. Virginia Raggi è stata avvertita da più parti e dall’interno anche del suo Movimento del rischio che rappresentava Marra, poi un giorno ha avuto una notizia: questo signore ha avuto uno sconto di 500mila euro su una casa dal costruttore Scarpellini, costruttore contro il quale il suo M5S si è sempre schierato perché considerato un palazzinaro. Allora uno si domanda o meno perché di quello sconto. Gliel’ha fatto perché è simpatico o perché lavora in Comune? Io non ho risposte su questa cosa, ma dato che il Comune ha 23mila dipendenti ne prendo un altro”. Addirittura secondo Gomez, “c’è un evidente contrasto tra i principi che il Movimento dice di sostenere e il suo (della Raggi, ndr) comportamento, è una roba di una evidenza solare, ed è anche evidente che questa giunta va al massacro”. “Vogliono andare avanti con questa situazione per mesi? Per essere massacrati?” si chiede il direttore del Fatto online. “Dimostrino un po’ di serietà e stacchino la spina, dicano cara Virgina Raggi, ci siamo sbagliati, non dovevamo permettere a una persona che nel suo curriculum aveva mentito su un particolare non indifferente come gli anni del tirocinio trascorsi nello studio Previti, non dovevamo permetterti di candidarti, perché la trasparenza e il dire la verità è uno dei principi del Movimento 5 Stelle. E’ molto semplice, io spero che gli iscritti lo capiscano, perché se non lo capiscono sono solo tifosi”.
Dal canto suo, in un editoriale del Fatto cartaceo, l’ex direttore Padellaro ha scritto che “la giunta Raggi si adopera con impegno per la distruzione dei Cinquestelle”. E ancora: “E’ la questione morale divenuta insensatezza, la sciatteria civica di chi scambia la fascia tricolore per un indumento, l’idea impunita di farla franca sempre e comunque. Oppure nel migliore dei casi la balordaggine di chi lascia l’auto con le chiavi sul cruscotto e poi si meraviglia del furto”. Quindi l’affondo: “La Raggi che dice ‘forse abbiamo sbagliato’, che definisce Marra ‘solo uno dei 23mila dipendenti comunali’ e i cittadini romani ‘il suo braccio destro’, suscita un misto di tenerezza e rabbia”. “Visto che ai vertici dei Cinquestelle in molti (segnatamente Roberta Lombardi e Paola Taverna) avevano lanciato l’allarme sul ‘virus Marra’ che ha infettato il Movimento, perché si è lasciato che tutto finisse come è andato a finire?” si chiede Padellaro, secondo cui “le altre vittime” sono “i milioni di elettori che nel 2013 diedero ampia fiducia al M5S”. “Oggi – aggiunge – è un brutto giorno per i Di Maio, i Di Battista e gli altri che si candidano alla guida del Paese, perché lo scandalo romano sembra dare torto alla speranza di un cambiamento vero nel governo del bene pubblico”.
Nella rubrica domenicale “Senza Rete”, Padellaro torna sull’argomento. “Un gigantesco chissenefrega sembra risuonare sulle condizioni di vita quotidiana dei quasi tre milioni di cittadini romani – scrive nell’edizione di oggi -. Quanto ai 770mila ‘disperati’ che sei mesi fa si affidarono all’ultima speranza Virginia, neanche a parlarne. Continuando così il Campidoglio diventerà un lugubre museo delle cere”.



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