Non mi è piaciuta la prima iniziativa del ministro Valeria Fedeli. Conoscendola e stimandola, mi aspettavo da lei due prese di posizione molto nette: un secco “vergognatevi” agli insegnanti che marcano visita e che trovano tutte le scuse possibili ed immaginabili per non prendere servizio nelle cattedre loro assegnate e che si definiscono “deportati” nonostante siano assunti stabilmente dallo Stato; un bel “avete la faccia come il culo”(un’espressione sdoganata dal vice presidente della Camera, Roberto Giachetti) rivolto ai sindacalisti che difendono e coprono le pretese di questi docenti. Valeria Fedeli è stata per tanti anni una brava dirigente sindacale. Ma un ministro non può mettersi a fare il sindacalista e ad accontentare i dipendenti della Pubblica Istruzione ai danni degli studenti e delle loro famiglie. In Italia, il maggior numero dei posti vacanti si trova nelle regioni settentrionali, mentre gli insegnanti stanno in prevalenza al Sud (come dice il proverbio: chi non lavora, insegna). Visto che non avrebbe senso trasferire (anzi sarebbe il caso di parlare di vera e propria “deportazione”) i ragazzi e le loro famiglie, dovrà pure arrivare il momento in cui Maometto andrà alla montagna e non pretenderà che sia essa a recarsi da lui. Il ministro Fedeli ha concordato con i sindacati di ridurre da tre ad uno gli anni necessari per poter chiedere, al termine, un avvicinamento. Ciò, senza consultare i capi d’istituto e i dirigenti scolastici la cui associazione ha criticato l’intesa, sottolineando come, in questo modo, si dovranno ricoprire, con il ricorso alle supplenze, le sedi vacanti delle città settentrionali, senza assicurare un minimo di continuità didattica per gli studenti e ricostituendo, man mano, una massa di manovra di precari che, primo o poi, faranno pressione per essere stabilizzati. Inoltre, (perché non dirlo?) ridurre il periodo, trascorso il quale si può chiedere il trasferimento vicino a casa, rende molto più facili e percorribili i sotterfugi adottati dagli insegnanti (l’utilizzo della legge 104, la malattia, i congedi parentali, ecc.) per non prendere servizio.
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L’ultimo giorno dell’anno, al Te Deum in San Petronio, a Bologna, ho seguito l’omelia dell’Arcivescovo Matteo Zuppi, tutta incentrata sulla pace, il dialogo, il disarmo e quant’altro. Chissà a che cosa pensavano le 39 vittime di Istanbul, mentre cercavano riparo dalle raffiche di kalashnikov?
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Inizia un anno decisivo. Nel 2017 vedremo all’opera l’Amministrazione Trump negli Usa. In Europa, si voterà in Francia, In Germania e, probabilmente, in Italia. Il fatto è che si sta ancora cercando una linea del Piave o della Marna su cui fermare l’avanzata del populismo.