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Donald Trump flirta con Jack Ma di Alibaba per innervosire Bezos di Amazon

“Un grande imprenditore, uno dei più importanti al mondo: faremo grandi cose insieme”. Così il presidente americano Donald Trump, come riporta la cronaca di Usa Today, ha definito Jack Ma, fondatore di Alibaba, il più grande portale di e-commerce asiatico, dopo averlo ricevuto alla Trump Tower di New York e avuto rassicurazioni sul piano di sviluppo “da un milione di posti di lavoro per gli americani” del tycoon cinese. Grandi sorrisi, grandi abbracci: un modo diverso di sviluppare i rapporti commerciali tra Stati Uniti e Cina.

Il piano di Jack Ma – che secondo Forbes è il secondo uomo più ricco della Cina con 27 miliardi di dollari ed è soprattutto l’imprenditore in legami strettissimi con il presidente cinese Xi Jinping – è semplice quanto fruttifero per entrambi i Paesi: permettere alle piccole e medie imprese americane, soprattutto del Midwest di vendere i propri prodotti agricoli e non solo attraverso Alibaba alla classe media cinese, circa 300 milioni di consumatori ricchi. Questo creerebbe nel giro del prossimo quinquennio almeno un milione di posti di lavoro in America e porterebbe benefici anche ai cinesi che amano i prodotti a stelle e strisce. Alibaba, quotata a Wall Street, controlla circa l’80% del mercato dello shopping online cinese grazie anche al supporto di applicazioni come Taobao e T-Mall, sta cercando di uscire fuori dal perimetro internet non a caso ha appena annunciato un’operazione da 2,6 miliardi di dollari che la porterà ad assumere una quota di controllo di Intime Retail Group, fra le principali società cinesi nella grande distribuzione organizzata (17 centri commerciali e 29 grandi magazzini, principalmente nella provincia dello Zhejiang a Sud di Shanghai). Tutto questo ha un disegno ben preciso: integrare il business in espansione delle vendite online con i canali commerciali tradizionali, favorendone la digitalizzazione.

Tutto bene, dunque? Non esattamente. Perché il piano di mister Alibaba si inserisce nel contenzioso commerciale più ampio tra le due superpotenze e sul rischio di un conflitto tra Stati Uniti e Cina come non si è mai visto fino ad ora. È vero che il settore in cui opera il portale di e-commerce c’entra poco con i comparti sensibili dell’economia americana, come ad esempio l’acciaio, ma è altrettanto vero che Pechino ha più volte avvisato il neo presidente americano che un conflitto a colpi di dazi impoverirebbe entrambi e non serve a nessuno. L’ultimo editoriale sul Quotidiano del Popolo, proprio a proposito dell’incontro tra Jack Ma e Donald Trump, la dice lunga: “Ci sono fiori intorno alla porta del Ministero del Commercio della Cina, ma ci sono anche grandi bastoni nascosti all’interno della porta: entrambi attendono gli americani”. Come dire che dipenderà molto da come effettivamente si comporterà Trump se Pechino userà “il bastone o la carota” e di certo, si ricorda, alcune nomine del neo presidente americano non sono piaciute, come quella di Robert Lighthizer a rappresentante del commercio degli Stati Uniti, essendo un ex funzionario del commercio nell’amministrazione di Ronald Reagan che ha spesso criticato le pratiche sleali, soprattutto relative al dumping della Cina.

Ma Trump rischia di avere problemi anche sul fronte interno. Un piano del genere sembra un colpo di cannone sparato contro Amazon che poi è il grande rivale nel commercio elettronico proprio di Alibaba. Del resto i rapporti tra Trump e Jeff Bezos non sono mai stati idilliaci, basta ricordare come il numero uno di Amazon creò, durante la campagna elettorale, un hashtag proprio contro Trump: #sendDonaldtospace (mandiamo Donald nello spazio) o di come il Washington Post, acquistato per 250 milioni di dollari nel 2013 proprio dal numero uno di Amazon, per mesi abbia martellato l’opinione pubblica americana dal pericolo di un presidente ultramiliardario alla guida del paese. Al punto che lo stesso Trump proprio parlando di Amazon promise in campagna elettorale che avrebbe fatto pagare tutte le tasse evase dal colosso di e-commerce sfruttando la sede legale nel Lussemburgo.

D’altronde i due sono agli opposti per la visione del mondo e dell’economia. Se infatti Trump ha puntato tutto su un certo protezionismo di maniera (prima vengono gli americani) promettendo superdazi a difesa del tessuto economico locale, Bezos è l’esatto contrario: la filosofia di Amazon è la libertà di movimento, la possibilità di muovere grazie al commercio elettronico flussi di prodotti materiali e immateriali, dagli ebook ai pannolini. E allora l’alleanza tra miliardari, tra Jack Ma e Donald Trump, se non è un piano anti Amazon poco ci manca. E anche se appena un mese fa durante un incontro tra Trump e il gotha della Silicon Valley proprio Bezos aveva definito “molto produttivo” il faccia a faccia con il futuro presidente degli Stati Uniti certamente ci saranno dei colpi di coda tra il gigante del commercio elettronico statunitense che non vuole perdere la sua leadership e un presidente che per quanto amante dell’economia reale deve pur far i conti con quella digitale che solo in America vale Il 43% della forza lavoro.


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