Da maggio 2016 i tre disegni di legge per la modifica della governance spaziale sono fermi in Senato in attesa di essere valutate e licenziate in vista di un progressivo miglioramento del sistema-Spazio italiano. In questa intervista il senatore Salvatore Tomaselli (Pd), cui si deve l’iniziativa parlamentare per il disegno di legge 1544 presentato nell’estate del 2014, fa il punto della situazione, mettendo in evidenza motivazioni e nuovi ruoli in un settore che, messo a sistema, è in grado di dare al Paese rilevanti soddisfazioni in termini industriali e di ricerca.
Senatore, perché sono stati presentati i disegni di legge per la modifica della governance spaziale italiana?
I motivi sono sostanzialmente due. Innanzitutto prendere atto a livello istituzionale di come oggi il tema dello Spazio e le politiche spaziali siano un grande asset del sistema-Paese. Un tema che si basa su dinamiche interdisciplinari: non c’è solo la ricerca, ma anche le politiche industriali e tutto il mondo delle applicazioni che chiamano in causa varie competenze istituzionali in termini di governance. Da qui il secondo tema per cui le politiche spaziali devono uscire da un ambito ristretto e assumere una governance quanto più unitaria e integrata possibile. Per questo è nata l’idea di costituire presso la presidenza del consiglio dei ministri un comitato interministeriale che, tra gli altri, vede come protagonisti del modello i vari ministeri interessati, le regioni e l’Agenzia spaziale italiana.
Quale dovrebbe essere il ruolo del comitato parlamentare che si andrebbe a istituire in base al disegno di legge 1410?
Questo è un modello che non mi convince. Non credo ci sia bisogno di costituire un comitato parlamentare. Ci sono già le commissioni parlamentari permanenti che hanno competenze anche sui temi spaziali sia di stampo industriale sia di ricerca. Se seguissimo questo modello per molti altri asset strategici del Paese, si arriverebbe ad avere una mole di lavoro parlamentare particolarmente complessa. Distinguerei, quindi, i ruoli delle commissioni parlamentari permanenti – che svolgono funzioni di indirizzo e di analisi – e il tema della governance a cui abbiamo dato una soluzione.
In questo quadro come si inserisce la cabina di regia per lo Spazio istituita presso la presidenza del consiglio dei ministri sotto il governo Renzi?
La cabina di regia ha in qualche modo anticipato lo stesso modello istituzionale. Quindi ben venga questa concreta applicazione del modello che, ripeto, anticipa la soluzione legislativa che darà una cornice normativa a una prassi positiva. Quello che sta facendo la struttura, che vede tra i suoi principali protagonisti il colonnello Paolo Puri in qualità di coordinatore, ha determinato risultati importanti, sia nel coordinamento delle politiche a livello nazionale, sia nel convogliare imprese, sistemi industriali e i vari ministeri coinvolti. Tutto ciò, anche grazie alle attività portate avanti dall’Asi sotto la guida di Roberto Battiston, ha portato l’Italia ad accrescere il suo peso anche a livello di governance europea.
Crede che il ruolo dell’Asi debba essere rafforzato?
Il nostro disegno di legge va proprio nella direzione di amplificare il ruolo dell’Asi, valorizzandone le competenze in ricerca ma facendola assurgere anche a soggetto tra i più propositivi in termini digovernance generale del sistema. Non a caso partecipa al comitato interministeriale, contribuendo alla definizione sia delle politiche sia degli strumenti. Quello che immaginiamo è sicuramente un ruolo più attivo e dinamico che l’Asi può sicuramente svolgere viste le competenze di raccordo tra il sistema industriale e della ricerca e il sistema delle istituzioni sviluppate in questi anni.
A che punto sono i disegni di legge?
Confidiamo che la commissione Bilancio del Senato nei prossimi giorni possa licenziare il provvedimento e che la commissione Industria (che è la commissione competente), lo possa approvare nel giro di pochi giorni. Entro la primavera confidiamo che si possa approvare in Senato e fare così in modo che la Camera lo possa valutare.
Quale crede che sia il futuro dello Spazio?
Credo che le scelte verso cui si sta muovendo l’Europa – e anche l’Italia – sono quelle di una interconnessione sempre più forte tra politiche nazionali e politiche europee. E’ nella dimensione europea che dobbiamo lavorare di più e meglio nei prossimi anni. Poi ci sono i grandi temi dei microsatelliti e delle applicazioni che, tornando al tema dell’interdisciplinarietà, ci presentano delle sfide: costruire un sistema di micro-satelliti che possa diversificare anche il suo utilizzo e costruire un sistema di applicazioni su cui si possa sviluppare un’economia indotta in termini di costruzione di capacità sia nel settore civile sia della difesa. Infine, la collaborazione internazionale, europea innanzitutto ma anche globale, per la conquista dello Spazio è un altro dei temi principali dei prossimi anni.
Di recente la Nasa ha approvato le missioni per l’esplorazione di asteroidi. Un’occasione per l’Italia vista la sua esperienza industriale e di ricerca derivante dalla missione Rosetta?
Una delle sfide su cui è impegnata l’Italia, con l’Asi in prima linea, è la costruzione di una collaborazione tra politiche spaziali europee e la principale frontiera delle conquiste spaziali che sicuramente viene dagli Stati Uniti. E’ un terreno di collaborazione possibile, in cui poter mettere a sistema competenze europee e quelle che vengono dalla Nasa. E credo che l’Italia possa avere ruolo di guida nell’apertura della parte europea. Le grandi conquiste spaziali sono la sfida più affascinante ma anche la più complessa e difficile da realizzare, non solo per le straordinarie competenze scientifiche richieste, ma anche per le risorse necessarie, che possono venire solo da una collaborazione di alto livello.