Tra le tante iniziative lanciate dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama molte riguardano il mondo dell’alta tecnologia, non solo in termini di investimenti per un settore vitale per consentire all’America di essere sempre “grande” ma anche di digitalizzazione della popolazione e della pubblica amministrazione.
Nel secondo mandato in particolare, Obama ha dato vita a una serie di progetti per attrarre talenti ed esperti della Silicon Valley e degli altri grandi centri di eccellenza hitech americana a lavorare al servizio del governo federale e aiutarlo a entrare a pieno titolo nell’era dei servizi online e mobile-first. Ora questi innovatori vorranno lavorare per Donald Trump? E soprattutto, a Donald Trump interessa che i visionari dell’hitech lavorino per lui?
INNOVATORI A RACCOLTA
Per Obama la missione era lineare: un governo che spende 86 miliardi di dollari l’anno in information technology deve essere capace di erogare servizi digitali al cittadino e alle imprese in modo efficiente. Nel 2012 Obama ha creato il programma Presidential Innovation Fellowship che porta i “principi, i valori e le buone pratiche dell’economia dell’innovazione negli enti del governo tramite i più efficaci agenti del cambiamento: le persone”. Il programma è stato reso permanente nel 2015.
I fellows che Obama ha attratto a lavorare per il governo federale sono “imprenditori, top manager, esperti di hitech, programmatori e innovatori di ogni genere” che vengono affiancati ai dipendenti federali per migliorare i programmi digitali che servono oltre 150 milioni di americani. Dal lancio nel 2012 96 innovatori sono entrati nella fellowship da centri di innovazione come Silicon Valley, New York, Austin, Washington D.C., Boston.
Insieme ai suoi fellows, Obama ha lanciato nel 2014 (con iniziali clamorose difficoltà tecniche) il portale healthcare.gov, un mercato online per le assicurazioni sanitarie; poi ha dato vita allo United States Digital Service (USDS), un programma per portare gli esperti di tecnologia a lavorare nelle agenzie governative e migliorare i servizi online erogati. La filosofia è la stessa della Fellowship: i guru della tecnologia si affiancano ai dipendenti federali per snellire e modernizzare i servizi della pubblica amministrazione (qui la relazione 2016 al Congresso sul lavoro svolto)
Nel 2014 è stata avviata anche 18F, un’agenzia governativa costruita con l’agilità di una startup, che affianca le altre agenzie nel processo di definizione e adozione di progetti per i servizi digitali e l’utilizzo di prodotti hitech. “Se la tua agenzia federale ha un progetto con una componente digitale, la nostra squadra di sviluppatori software, visual designers, writers ed esperti di sicurezza può aiutarti a realizzarlo”, si legge sul sito di 18F. Dall’unione tra guru hitech e dipendenti federali è nato per esempio il portale mobile-first per i veterani che aggrega tutti i dati e i servizi di interesse per gli ex militari.
IL DILEMMA DEI TECNOLOGI
Poco dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni di novembre, dal Congresso si sono alzate diverse voci di provenienza bipartisan per rinnovare il sostegno ai programmi di Obama sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione: lo ha fatto con dei tweet anche il leader della maggioranza parlamentare Kevin McCarthy (Repubblicano, California), subito ritwittato dal Democratico del Maryland Steny Hoyer.
Tuttavia non solo adesso qualcuno pensa che a Trump delle iniziative digitali importi poco, ma il vero grande timore è che gli esperti di alto profilo che Obama ha saputo attrarre a lavorare per il pubblico non siano disposti a restare. Peggio: ammesso che gli attuali tecnologi finiscano il proprio turno (da sei mesi a due anni a seconda dei casi), qualcun altro li vorrà sostituire? Obama ha fatto appello soprattutto alla devozione per la patria di questi super-esperti; con Trump sarà mantenuta l’impressione di lavorare “per il bene comune”? Come ha scritto Noah Manger, designer-developer di 18F, dopo l’elezione di Trump: “E’ difficile da digerire l’idea che venga meno la forza del governo federale di fare del bene”.
IL COMPITO DI ROB COOK
Molti degli esperti che lavorano alle iniziative hitech di Obama arrivano da Stati a larga maggioranza Democratica e sono apertamente anti-Trump. Inoltre, alcuni dei progetti avviati da F18 e USDS sono ancora in fase beta, come il sito per permettere ai cittadini di accedere ai dati sulle elezioni federali, e questo li espone ad essere fortemente modificati se non cancellati. A guidare la transizione tra i progetti digitali di Obama e quelli di Trump c’è Rob Cook, ex top manager della Pixar che dal 31 ottobre ha iniziato un incarico di tre anni come commissario del Technology Transformation Service (TTS), nuovo dipartimento della General Services Administration che dirige gli Innovation Fellows e gli ingegneri del 18F. Il primo compito di Cook sarà convincerli che lavorare per Trump è come lavorare per Obama e non è impresa da poco a giudicare dai post che si sono susseguiti dopo l’elezione del nuovo presidente: Jennifer Pahlka, ex deputy chief technology officer di Obama ed executive director di Code for America, ha espresso il suo scetticismo nell’eloquente articolo “Would you work for Trump?, mentre Dan Tangherlini, che era a capo della General Services Administration quando venne lanciato il 18F, ha firmato l’altrettanto emblematico articolo “18F & USDS: Should I Stay or Should I Go?” mettendo in guardia: “Un sacco di gente se ne vuole andare, il rischio è che al Technology Transformation Service non resti più nessuno”.