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Come procede l’offensiva americana su Mosul

L’offensiva su Mosul, capitale dello Stato islamico, è entrata nella fase-2. Iniziata ufficialmente a metà ottobre, la battaglia è sostenuta da forze irachene, appoggiate dalle milizie sciite veicolate dall’Iran, dai Peshmerga curdi e coordinata dalla Coalizione internazionale a guida americana. La seconda fase è iniziata bene, le forze di liberazione (che hanno ricevuto rinforzi ultimamente) la scorsa settimana hanno ripreso il controllo del compound universitario. Un luogo importante, considerato dalle intelligence occidentali un laboratorio per la produzione di armi. L’area liberata è quella a est del Tigri, ormai totalmente in mano a Baghdad: lo spostamento della battaglia dall’altro lato del fiume è però considerato dagli esperti ancora più critico, perché maggiormente difeso. In prima linea sono stati schierate anche le forze speciali americane.

IL FRONTE DI DEIR EZZOR

In contemporanea a quello che finora è un arretramento a Mosul, lo Stato islamico ha però riacceso un altro fronte in Siria; mossa tattica usata più volte per alleggerire situazioni di difficoltà (che serve anche per mantenere viva la narrativa vittoriosa su cui deve necessariamente basarsi il Califfato per non perdere proseliti). Negli ultimi giorni gli uomini di Abu Bakr al Baghdadi hanno lanciato un’offensiva a Deir Ezzor, zona della Siria orientale ricca di giacimenti. I baghdadisti controllano l’area (a cui hanno dato nome Wilayat Al Khayr), fatta eccezione per un’aerale cittadino in cui vivono oltre centomila persone, che circonda una base militare e la base aerea. Tutto è rimasto da mesi isolato e rifornito soltanto tramite ponti aerei. I soldati del Califfato, pare anche grazie all’aiuto ricevuto da forze fresche affluite dal confine con l’Iraq, hanno tagliato in due le posizioni governative e inflitto pesanti danni ai siriani (alcuni sono stati catturati e giustiziati). Ora la base aerea è accerchiata e i collegamenti con l’altra postazione militare, la caserma della 137esima Brigata meccanizzata, unico mutuo rinforzo, sono bloccati; sarebbero però arrivati paracadutisti delle forze speciali. A difenderli dal cielo i russi, che annaspano: sebbene si parli di una serie di bombardamenti “no-stop” dei caccia di Mosca, l’intensità e l’interesse russo non sono gli stessi impiegati ad Aleppo e lo schieramento non è quello piazzato nelle aree lealiste più prossime alla costa.

CHI COMBATTE L’IS

La situazione bifronte rappresenta uno dei simboli della lotta allo Stato islamico. In Iraq l’Isis, lentamente, arretrata, grazie al forte impegno americano. In Siria, dove la Russia ha completo controllo sulle dinamiche politiche e militari del governo, i baghdadisti tornano nuovamente all’attacco sull’unico dei fronti dove Mosca è impegnata in una battaglia contro i terroristi – l’altro era a Palmira, ma la città è caduta nuovamente nelle mani di Baghdadi un paio di mesi fa. A tre giorni dall’inizio dell’amministrazione di Donald Trump, il presidente americano si ritroverà a guidare il paese titolare quasi esclusivo della lotta al Califfato, ma ha già annunciato la volontà di aprire un coordinamento anti-terorristico con i russi: Deir Ezzor facilmente scalerà la lista degli obiettivi.

AMERICANI ATTENDISTI

Gli Stati Uniti per il momento non sono intervenuti a Deir Ezzor, sebbene abbiano nei mesi accumulato molta intelligence nell’area (quella che ha permesso l’eliminazione di diversi leader lungo il cosiddetto corridoio dell’Eufrate che conduce alla roccaforte Raqqa). Attacchi aerei dell’operazione Inherent Resolve hanno preso di mira strutture legate al traffico clandestino del petrolio baghdadista (come fatto finora), ma non unità di combattimento. Washington probabilmente non vuole rischiare sovrapposizioni: qualche mese fa una tregua sul conflitto siriano era stata rotta da un errore di targeting statunitense proprio a Deir Ezzor, quando i caccia americani (e di alcuni paesi alleati) avevano colpito le postazioni governative scambiandole con quelle dei jihadisti. Il 23 gennaio inizieranno ad Astana i nuovi negoziati per risolvere la guerra civile siriana (quella che si combatte tra ribelli e regime, parallelamente a quella contro l’Isis): gli americani dell’amministrazione Trump sono stati invitati in extremis, e probabilmente anche per questo l’amministrazione Obama ha scelto di restare ferma in questi ultimi giorni di gestione.

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