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Forse Trump avrà sul tavolo il dossier per catturare il Califfo Baghdadi

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Nel comunicato con cui giovedì il portavoce del Pentagono ha diffuso la notizia del raid aereo contro l’Isis condotto dai bombardieri strategici americani in Libia, erano inclusi dettagli su un’altra operazione. Si tratta della missione della Delta Force condotta l’8 gennaio lungo il cosiddetto corridoio dell’Eufrate, l’asse geografico che costeggia il fiume e che porta da Deir Ezzor a Raqqa, due roccaforti dell’IS.

Lo statement del Pentagono rivela qualche informazione in più su quello che è successo. A cominciare dal nome del leader dello Stato islamico obiettivo del blitz: Abu Anas al Iraqi. Gli elicotteri americani che trasportavano gli uomini della Expeditionary Targeting Force lo hanno ucciso mentre era in viaggio verso Raqqa. Era un leader di lungo corso, membro del consiglio più ristretto, elemento dell’inner circle del Califfo Abu Bakr Al Baghdadi. La sua attività era nota fin dal 2007, quando ricopriva ruoli di reclutatore e propagandista per al Qaeda in Iraq (il prodromo dell’IS) e arruolava mujaheddin per combattere la presenza americana sul suolo iracheno. Ora per il Califfato si occuperebbe di supervisionare i media e le finanze.

Fin qui le informazioni ufficiali. Secondo alcune ricostruzioni al Iraqi sarebbe il capo del Beit al Mal del Califfato (nome storico dell’istituto finanziario del califfato), più o meno il massimo esponente del settore economico. Probabilmente per questo CentCom ha scelto un’azione della Delta e non un raid aereo: il progetto era catturarlo? Ci sono informazioni in più fornite dalla CNN attraverso funzionari della Difesa (ovviamente anonimi vista la sensibilità dell’argomento): volevano prenderlo vivo, ma poi lui ha aperto il fuoco e gli specialisti americani lo hanno fatto secco. Però, perché catturarlo quando assistiamo quasi giornalmente a un serie di azioni mirate che hanno come unico obiettivo eliminare i capi della giunta militarista califfale? Un’opzione, sempre da indiscrezioni e speculazioni: nelle ultime settimane gli analisti dell’esercito e delle agenzie americane avrebbero raccolto molte informazioni di intelligence su Baghadadi. Avrebbero tracciato alcuni spostamenti, ma mai in “real time”: ossia, hanno avuto info su dove è stato e quando, ma le hanno avute soltanto dopo che il Califfo aveva lasciato i luoghi. La missione di catturare al Iraqi aveva, secondo le fonti della CNN, l’obiettivo di raccogliere ancora più dati su Khalifa Ibrahim.

Un funzionario del Pentagono disse al New York Times che l’operazione dell’8 gennaio era stata un lavoro di routine. Possibile che gli americani compiano diverse azioni del genere, avendo ormai acquisito dati fondamentali nel tracciare i leader baghdadisti e dunque andando relativamente a colpo sicuro. Ma se è vero quello che ha saputo la CNN a proposito di Baghdadi, l’operazione aveva qualcosa di eccezionale. Tra l’altro, viene da chiedersi come mai di altre azioni del genere non se ne sa niente – come da logica di copertura – e questa volta è stata prima confermata e poi addirittura specificata in sede separata? Not business at usual? Possibile che l’appena eletto presidente Donald Trump tra le varie opzioni per aumentare l’aggressività nella lotta allo Stato islamico – come da sua richiesta e promessa elettorale – si ritroverà sul tavolo un dossier carico di informazioni, tra cui quelle riguardo alla concreata possibilità di arrivare al Califfo. E questo mentre la sua linea nota è collaborare con Mosca, che però di questo genere di operazioni nisba; anzi, sugli unici due fronti, Palmira e Deir Ezzor, aperti contro lo Stato islamico ha riportato risultati negativi, perché l’impegno profuso non è lo stesso di quando difende il regime (ad Aleppo o a Latakia). Giocare intorno a Damasco è il vero obiettivo di Mosca, e per questo durante l’audizione al Congresso il futuro capo della Cia, Mike Pompeo, ha detto che contro l’Isis la Russia non ha mai fatto niente. Critico con Mosca è stato anche il capo del Pentagono James Mattis (il generale è la prima scelta confermata dai legislatori, su di lui un consenso bipartisan). I due guidano le istituzioni che più di ogni altro al mondo investono in termini di risorse e soldi contro il Califfato, e non potevano che prendere certe decisione, stante i fatti (e nonostante Trump abbia spesso criticato la strategia di Obama).

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