E’ in una prospettiva sistemica che va inquadrato il progetto in cantiere di Intesa Sanpaolo su Assicurazioni Generali. I piani della banca guidata dall’ad, Carlo Messina, svelati nei giorni scorsi dal quotidiano La Stampa, hanno provocato la reazione dei vertici di Generali, che con una mossa stile-arrocco hanno comprato il 3% di Intesa in funzione anti scalata, costringendo così Intesa – per portare a termine l’operazione – a lanciare un’Offerta sul Leone di Trieste.
LA STRATEGIA DI INTESA
La prospettiva su cui si muove Intesa, come sottolineato oggi dal quotidiano Il Sole 24 Ore, punta al consolidamento dei colossi italiani della finanza. L’obiettivo indiretto è quello di scongiurare una ulteriore calata francese in Italia con l’arrivo dei transalpini della compagnia assicurativa Axa in Generali. La cassaforte di Trieste è ritenuta infatti utile per il sistema Paese, come si evince anche da alcuni recenti fatti. Scrive oggi La Stampa: ”C’era da fare un’operazione di sistema per difendere Telecom? Le Generali ci sono. C’è da salvare Alitalia? Ci sono le Generali. C’è da comprare Btp per evitare drastiche oscillazioni dello spread? Chi meglio delle Generali”. Mentre su Atlante ci sono stati i buffetti indiretti del presidente di Cariplo, Giuseppe Guzzetti, proprio su Generali (qui l’articolo di Formiche.net delle scorse settimane) perché secondo il numero uno dell’Acri – da sempre vicinissimo a Giovanni Bazoli – il gruppo triestino guidato dall’ad, Philippe Donnet, non avrebbe mantenuto le promesse sui contributi al fondo Atlante. Per questo la mossa in fieri di Intesa su Generali si comprende meglio se si rintracciano parole e pensieri recenti dei vertici del gruppo creditizio su aziende strategiche, italianità e limiti della Vigilanza Bce.
LA FILOSOFIA DI MICCICHE’
Significativo quanto detto lo scorso ottobre in un convegno dal banchiere di Intesa, Gaetano Micciché, numero uno di Banca Imi, nella XLVII Giornata del credito, organizzata presso la sede dell’Abi dall’Anspc (associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito) presieduta da Ercole Pellicanò: “Telecom, Riello, Pirelli, Italcementi sono state tutte comprate. Per l’Italia è un bel problema perché non solo si perde il marchio, l’impresa, ma si perde tutto quello che c’è attorno: banche, consulenti. Questa è una situazione di grande complessità”. Dunque? “Bisogna puntare sulle piccole e medie imprese, che però oggi sono piccole, troppo piccole e non ce la fanno. Rischiano di non farcela”, aggiunse Micciché.
I RISCHI SECONDO GROS-PIETRO
Ma nelle scorse settimane i vertici di Intesa non hanno risparmiato critiche alla politica della Vigilanza Bce che danneggerò gli istituti italiani. Per il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro (nella foto con Giovanni Bazoli), la tendenza, spinta dal comitato di Basilea, ad alzare ulteriormente il livello del capitale chiesto alle banche, porta in sé dei rischi. “Questo, paradossalmente – ha detto alla fine dello scorso novembre – sarebbe per diminuire il rischio. Ma se le banche finanziano l’economia reale e se si chiede un aumento della dotazione di capitale a parità di impieghi e siamo in una situazione in cui il rendimento del capitale proprio delle banche è inferiore al costo del capitale di borsa – ha detto la scorsa settimana l’economista Gros-Pietro – è evidente che le banche non possono aumentare la dotazione di capitale proprio, possono solo ridurre impieghi”, ha detto Gros-Pietro nel corso di un convegno alla Camera, spiegando che questo ha “l’effetto di aumentare il rischio perché, se queste banche hanno un rischio che dipende essenzialmente dal fatto che i loro clienti non sono più in grado di pagare, tagliandogli i finanziamenti si aumenta il rischio”.
L’ANALISI DI MESSINA
Carlo Messina, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, a margine di un evento nelle scorse settimane ha affermato che “le sofferenze italiane sono più che coperte dagli accantonamenti effettuati e dal valore delle garanzie reali, su livelli non diversi da quelli di altri Paesi. Il tema degli npl italiani è stato esagerato e trasformato in una debolezza dalla comunicazione di francesi e tedeschi, che forse cercano di porre in difficoltà il sistema bancario italiano, magari per poi effettuare delle acquisizioni”, ha detto il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo riprendendo il tema già affrontato mesi fa in un’intervista al Sole 24 Ore: “Se andiamo a esplorare i derivati posseduti da banche tedesche e francesi scopriremo che i totali dell’attivo sono un multiplo del Pil dei loro paesi”.