Ignazio Marino indagato? Si dimetta ora. Si ricordano ancora questi auspici-intimazioni quando l’ex sindaco di Roma fu coinvolto in un’indagine giudiziaria, poi chiusa senza alcuna responsabilità penale, e per questo il chirurgo democrat, spodestato dal Campidoglio con gran giubilo anche dell’ex premier Matteo Renzi, fu preso di mira dagli scalpitanti esponenti romani del Movimento 5 Stelle, compresa Virginia Raggi.
Ora, seguendo i canoni del passato validi per Marino, i grillini dovrebbero chiedere le dimissioni del sindaco Virginia Raggi. Invece, tutti zitti. Anzi rassicurazioni e tranquillità sparsi a piene mani dai vertici del Movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Bene, benvenuti nel garantismo che ha soppiantato il giustizialismo.
Anche perché negli scorsi giorni (solo un caso?, una coincidenza?) i Cinque Stelle, ovviamente per volontà del vertice che ovviamente ha ricevuto il beneplacito del voto on line degli iscritti al Movimento, si sono dotati di un codice di comportamento che regola le condotte degli eletti pentastellati in caso di grane giudiziarie. Il risultato, guarda caso, è che Raggi non si dimette perché evidentemente ha rispettato il codice e comunque l’ultima parola spetterà – democraticamente – al capo politico, ovvero Grillo.
È salutare che i partiti si diano dei codici di condotta con spruzzi garantistici. Ma – si sa – chi ha seminato per anni il vento giustizialista contro gli avversari incontrerà prima o poi una tempesta.