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Leonardo-Finmeccanica, Raytheon e i subbugli nella gara per gli addestratori Usa

Mauro Moretti

Fonti italiane contattate da Defense News (sito leader globale sulle questioni militari) sostengono che dietro alla rottura tra Leonardo-Finmeccanica e Raytheon sul progetto T-100, aereo di addestramento militare derivazione dell’italiano M-346, ci sia il costo del velivolo. Raytheon voleva tagliarlo “dal 25 al 30 per cento”, ma Leonardo non poteva raggiungere quel livello ribasso, e per questo la partnership, in piedi dal febbraio scorso, è saltata.

LA CRISI PRECEDENTE

Già ad ottobre del 2016 c’erano stati problemi tra la ditta italiana e il socio di programma americano: la questione era sul chi dovesse “controllare” il progetto, ma poi la crisi era rientrata dopo la decisione di operare l’assemblaggio finale e la linea di controllo nello stabilimento di Forest, in Mississippi. Il montaggio strutturale sarebbe avvenuto in Italia, ma circa il 70 per cento del lavoro sarebbe stato americano, con una stima di 900 nuovi posti di lavoro.

LA LITE SUI COSTI

La questione del prezzo, secondo la fonte sentita dal sito specialistico americano, è diventata l’argomento di discussione tra le due aziende nei mesi successivi, anche perché un’altra delle offerte presentate all’Air Force, quella di Boeing-Saab, su un design “clean-sheet” (ossia partendo soltanto dalle richieste progettuali), sarebbe molto competitiva. “Raytheon ha visto il prezzo come chiave per competere, ma forse non ha capito completamente il costo del piano, non essendo un costruttore di aeromobili”, ha detto uno degli anonimi intervistati da Defense News: “Leonardo ha davvero lavorato sui prezzi”, ma non si poteva scendere oltre. Sulla stessa linea un’altra fonte, americana stavolta, che ha parlato della volontà di Raytheon di scendere “di diversi milioni”. Non è specificata la cifra perché la gara dovrebbe concludersi entro il 2017, ma gli M-346 della Alenia Aermacchi, i più avanzati jet-trainer del mondo già comprati da Italia, Israele, Polonia e Singapore, hanno un costo che si aggira intorno ai 30 milioni di dollari al pezzo.

GUERRA AL RIBASSO?

Giovedì un’altra delle contendenti del programma che l’Air Force chiama “T-X” e su cui ha messo a disposizione 16 miliardi, la Northrop Grumman, ha fatto sapere di non aver ancora deciso se andare avanti con il proprio piano progettuale (condiviso con BAE Systems). Il Ceo Wes Bush ha parlato di una “low-cost shootout” a proposito della guerra al ribasso, specificando che se il costo è il fattore decisivo la società che guida potrebbe pure tirarsi indietro. Northrop è la ditta che costruisce il T-38, da decenni impiegato dagli americani come aereo da training. Se dovesse ritirarsi NG, la Boeing (che venerdì s’è aggiudicata il contratto da 2,1 miliardi per le aereo cisterna), e l’altro grande contender, Lockheed Martin sarebbero le favorite. Con la americana che porta in offerta il T-50, già operativo in Corea del Sud, che sembra un passa avanti.

IL COMMENTO DI CROSETTO

“A due mesi dalla gara, la decisione repentina e improvvisa di Raytheon mostra un atteggiamento superficiale e non da grande azienda qual è” ha commentato  Guido Crosetto, presidente della Federazione delle aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad) e già sottosegretario alla Difesa nel IV governo Berlusconi: “La motivazione del prezzo è stata pretestuosa perché i prezzi sono in linea con quelli americani”. “Il problema non è se è caro, ma cosa può fare rispetto ad altri velivoli che non fanno le stesse cose” ha sottolineato Crosetto insistendo sul fatto che Leonardo ha il migliore tra i prodotti offerti: “A dirlo sono gli stessi piloti americani”. Servirebbe una risposta politica, secondo il presidente dell’Aiad, per tutelare il lavoro delle ditte italiane negli Stati Uniti: “I prodotti della difesa non sono prodotti di mercato normali e perciò richiedono un chiarimento con il governo americano”.

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