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Eni, Saipem e Putin. Cosa farà l’Italia?

Parma

Il grado di apprezzamento di Vladimir Putin è in aumento, e di molto, nei tempi recenti. Anche in casa nostra, dove alcuni leader politici – due per tutti, Grillo e Salvini – ne celebrano l’intelligenza strategica indicandolo come l’unico capo di Stato in grado di produrre risultati sullo scacchiere geopolitico. Del resto siamo o non siamo il paese raccontato da Ennio Flaiano dove l’italiano corre sempre in soccorso del vincitore?

Guardando però la tabella che indica le importazioni italiane di gas viene il sospetto che tanta ‘simpatia’ sia anche contraccambiata: su oltre 67 miliardi di mc che noi compriamo dall’estero ogni anno, 27 miliardi di mc provengono dalla terra ‘dell’amico Vladimir’. È il 40 per cento: una valanga di denaro che è cresciuta molto di recente perché le importazioni dal Nord Africa sono in costante calo per i problemi politici ben noti. Forse non è casuale che in tanti stiano spingendo per salire sul carro di chi stima il leader russo. Forse non è tutto casuale anche il contestuale dilagare del “noatutto”, della demonizzazione degli idrocarburi, del mettere idrocarburi contro rinnovabili, del no al gas naturale italiano. Poi se andiamo avanti vediamo che il “noatutto” si estende dentro le rinnovabili: le pale eoliche si ma dove non si vedono perché sono “brutte”; l’idroelettrico va bene, ma la diga rovina il paesaggio; il geotermico dai, va valutato caso per caso; le biomasse si, ma dipende quali… Insomma è facile demonizzare, creare confusione, prospettare scenari facili e semplificati. Con un risultato evidente. Tutto bloccato e la dipendenza energetica verso l’estero aumenta. Una contraddizione? La politica è lo spazio dove le contraddizioni possono esistere senza essere recepite come tali. Finché almeno qualcuno non si prende la briga di svelarle.

Qual è il punto a mio parere? Continua la confusione assordante sul tema energetico, e continuano anche a restare nel cassetto 20 miliardi ‘sicuri’ di € di investimenti sul settore energetico italiano. Una cifra che se anche fosse diminuita perché si decide solamente di estrarre il gas naturale in Adriatico sarebbe comunque ingente – sono pronti a partire 20 progetti con investimenti per oltre 4,8 miliardi di € come i ricchi giacimenti già scoperti e disponibili al largo di Chioggia, ben oltre la fascia di rispetto delle 12 miglia, con oltre 50 miliardi di mc di riserve. Sfruttando gas davvero a ‘chilometro zero’ e quindi diminuendo la dipendenza dallo ‘zar’, intanto, con buona pace dei suoi ‘sostenitori’. Consolidando, anzi addirittura creando posti di lavoro in un settore nel quale – grazie alla lungimiranza di Enrico Mattei – siamo da decenni all’avanguardia nel mondo. Rafforzando così società a partecipazione pubblica italiana come Eni, Saipem e tutto l’indotto dell’impiantistica industriale ed ingegneristica italiana. E non è tutto. L’Adriatico diventerebbe la ‘palestra’ dove l’Italia potrebbe sperimentare davvero l’obiettivo previsto nel Cop21 di Parigi, cioè l’utilizzo di un mix energetico di gas naturale ed energie rinnovabili per rendere fattibile la transizione verso un futuro in cui utilizzare solo fonti ‘pulite’ (qui l’articolo di Formiche.net).

La transizione verso un mix energetico sostenibile – a livello ambientale, sociale ed economico – sarà anche il tema scelto dell’Omc (Offshore mediterranean conference) di Ravenna, prevista dal 29 al 31 marzo 2017 con la partecipazione di migliaia di espositori, delegati e visitatori da tutto il mondo. Loro sono i migliori interlocutori per rispondere alla domanda se l’estrazione di fonti energetiche sia sempre e comunque da demonizzare. O una merce che va comprata a peso d’oro da altri Paesi e che per questo ci mantiene succubi di qualsiasi incertezza geopolitica; una merce a cui nessuno sa e può rinunciare, perché serve a ricaricare lo smartphone o a mantenere i cibi freschi, a riscaldarci d’inverno o a rinfrescarci d’estate, a permetterci di utilizzare l’automobile, il treno e l’aereo per viaggiare. Ed è una merce che produce ricchezza e lavoro per migliaia di cittadini. Che in questo momento – giovani e meno giovani – laureati o laureandi in ingegneria, geologia, matematica, diplomati in istituti tecnici, o specializzati in tanti anni di lavoro pagano un doppio costo diretto, quello di essere demonizzati nel loro lavoro quotidiano e di dover espatriare per mettere a frutto conoscenze e capacità. A loro mi rivolgo. Io sto con loro. Vi aspetto a Ravenna.


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