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Chi e come in Parlamento discute del futuro delle terme italiane

Una sessantina di milioni spalmati su tre anni per rimettere in sesto il settore termale in Italia, più altri 40 per concedere sgravi fiscali e convenzioni per il libero accesso alle cure.

Il comparto del benessere cerca il rilancio. La crisi, e non è un mistero, non ha risparmiato nemmeno le centinaia di stabilimenti termali italiani, molti dei quali finiti coi conti in profondo rosso e per questo costretti a cercarsi soci disposti a investire. E così, dopo un primo tentativo andato a vuoto nell’estate del 2015, il Parlamento potrebbe finalmente scendere in campo con una legge ad hoc, frutto di due proposte presentate alla Camera e al Senato.

COSI’ IL PD E’ SCESO IN CAMPO

Sul tavolo ci sono infatti nero su bianco due progetti, uno a firma del deputato dem ed ex vicesindaco di Montecatini Terme, Edoardo Fanucci, l’altro del senatore Pd Giorgio Pagliari. Fanucci è tra le altre cose coordinatore e animatore dell’intergruppo parlamentare Amici del termalismo, ricostituitosi nel 2014 per portare all’attenzione della politica i problemi del comparto termale. Le proposte, presentate oggi alla Camera alla presenza del presidente di Federterme Costanzo Jannotti Pecci, hanno i medesimi contenuti e prevedono per il solo rilancio lo stanziamento di 20 milioni di euro all’anno, 60 in tutto, tra il 2017 e il 2019. Il tutto per ridare fiato a un settore che oggi conta 378 stabilimenti, distribuiti in 20 regioni e 170 comuni, con 60 mila addetti e un fatturato di oltre 1,5 miliardi di euro, se si considerano i servizi correlati, come la ristorazione.

LE ALTRE MISURE

Tra le altre misure contenute nella proposta di legge targata Pd, e che oltre ai 60 milioni movimenteranno un’altra quarantina di milioni, lo stanziamento di un fondo da 3 milioni per favorire accordi tra strutture sanitarie pubbliche aziende termali e consentire ai pazienti il libero accesso agli stabilimenti. Ancora, la proroga dopo il 2019 dell’obbligo per Inps e Inail di pagare le cure termali ai propri iscritti che ne hanno diritto, costo 9 milioni. Infine, il progetto prevede altre due misure, non meno importanti delle prime. Da una parte l’incentivo alla dismissione del patrimonio termale pubblico, per toglierlo agli enti e affidarlo a privati in grado di farlo fruttare al meglio, attraverso un fondo da 15 milioni. Dall’altra l’istituzione di un apposito credito di imposta per gli stabilimenti. Per questo motivo la proposta di legge prevede risorse complessive per 10 milioni. Nel corso dell’incontro è stato inoltre dato inoltre posto l’accento sulla prosecuzione del tavolo sul termalismo, promosso dal sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, e che ha portato a un accordo tra Federterme e il ministero della Salute.

LA CRISI DEL SISTEMA TERMALE

Ma quali sono le strutture che negli ultimi anni hanno patito maggiormente gli effetti della crisi? Sicuramente le Terme di Chianciano, in Toscana, per anni sotto l’egidia del Monte dei Paschi e che ora hanno accolto un importante socio americano, che ne ha sottoscritto una quota. E non se la sono passata bene nemmeno le famose Terme di Salsomaggiore, che nel 2014 vantava un debito di oltre 40 milioni, 29 dei quali con le banche. La crisi ha poi toccato anche gli stabilimenti di Montecatini, sempre in Toscana.

PERCHE’ LE TERME VANNO SALVATE

“E’ un passo decisivo nel progetto di rilancio del settore termale”, ha spiegato Fanucci nel corso della conferenza. “In Italia il termalismo è una risorsa preziosa a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale. Le cure termali costituiscono uno strumento indispensabile per contrastare una pluralità di patologie cronico-corrosive ampiamente diffuse nella popolazione, oltre a garantire la rigenerazione di un complessivo stato di benessere psicofisico per l’individuo”.

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