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Che cosa succede di nuovo fra l’America di Trump e la Turchia di Erdogan

È una Turchia in cerca di un nuovo ruolo sulla scena internazionale, quella che si è presentata ufficialmente martedì notte alla nuova amministrazione americana. O almeno diciamo che questo sarebbe l’obiettivo. Per il momento, per il Presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, e il suo esecutivo, hanno avanzato proposte molto concrete, due soprattutto: l’estradizione di Fethullah Gulen e un impegno da parte degli Usa a combattere il terrorismo di matrice curdo separatista.

Il Capo dello Stato di Ankara aveva fatto di tutto per incontrare Donald Trump già prima del suo insediamento. Ma non solo i suoi tentativi sono andati a vuoto. Il neo inquilino della Casa Bianca lo ha fatto aspettare anche nelle telefonate per i primi contati di rito, sentendolo dopo il premier spagnolo, Mariano Rajoy.

Il portavoce della presidenza della Repubblica, Ibrahim Kalin, ha comunque espresso soddisfazione per questo primo contatto, durato 45 minuti, nei quali Erdogan avrebbe messo le cose molto in chiaro. La Turchia è pronta a stabilire un nuovo approccio con gli Stati Uniti, ma la situazione dai tempi dell’amministrazione Obama deve cambiare. Basta protezione a Fethullah Gulen, ex imam in auto esilio negli Usa, già alleato di Erdogan e ora suo maggiore nemico. Ma soprattutto, la nuova amministrazione deve prendere un impegno concreto a lasciare fuori i curdi siriani dalla risoluzione del conflitto siriano.

Fra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare. Il prossimo passo, intanto, sarà la visita del direttore della Cia, Mike Pompeo, ad Ankara, la prima oltre oceano, il che farebbe pensare a un nuovo corso nelle relazioni fra i due Paesi. Dipende poi a quale ruolo Trump stia realmente pensando per la Turchia. Erdogan mira da tempo a fare il regional player e a crearsi zone di influenza in nord Iraq e in Siria, in chiave anti curda ma anche di quella reminiscenza ottomana che ormai guida la sua politica estera da anni, con conseguenze gravissime sulla stabilità della regione.

La Turchia, però, è anche un rinnovato alleato russo e con Mosca Trump sembra intenzionato a costruire un dialogo diverso da quello del suo predecessore. In quest’ottica, la nuova sintonia con Ankara può essere funzionale a due cose. La prima è una sorta di ordine mondiale creato da Washington e Mosca, dove però la Turchia è destinata a fare solo lo strumento utile di turno. Di lusso, vista la posizione geografica del Paese, ma pur sempre strumento. La seconda potrebbe essere lisciare il pelo alla Turchia per ricondurla più vicina agli Stati Uniti e utilizzarla nel caso un domani i rapporti con Putin si dovessero guastare o il dialogo fra le due nazioni si interrompesse a causa di qualche crisi internazionale su cui non si trova l’accordo. E con l’Iran di mezzo, nella costruzione del nuovo Medio Oriente, può capitare.


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