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Cosa farà Invitalia con la Banca per il Mezzogiorno di Poste Italiane e senza Italia Turismo

Come cambierà Invitalia con la Banca del Mezzogiorno? Lo hanno spiegato ieri mattina l’amministratore delegato Domenico Arcuri e il presidente Claudio Tesauro. Poche ma precise linee guida illustrate presso l’auditorium di via Calabria dove l’agenzia creata anni fa per attirare in Italia il maggior numero di investimenti ha presentato il proprio piano industriale.

LA BANCA DEL MEZZOGIORNO A INVITALIA

In questi giorni si è infatti compiuto il passaggio di Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale dal perimetro delle Poste a quello di Invitalia, per 390 milioni. La creatura immaginata da Giulio Tremonti che, con l’allora ad di Poste Massimo Sarmi, aveva condiviso il sogno di creare una banca per le imprese del Sud ha dunque cambiato gestore, anche se il padrone rimane lo Stato. In particolare, nell’ambito dell’operazione immaginata dal titolare del Tesoro ai tempi del governo Berlusconi, vide la luce con la trasformazione del Mediocredito Centrale (passato a fine 2010 da Unicredit alle Poste per 136 milioni) nel nuovo istituto pensato e voluto per soccorrere il Meridione. Nel progetto iniziale Banca del Mezzogiorno-Mcc avrebbe dovuto fare da perno del credito meridionale, forte di 250 sportelli ricavati in spazi dedicati degli uffici postali presenti nelle otto regioni meridionali. Ora che però la struttura pro-meridione è passata di mano (mancano solo il via libera, entro tre mesi, di Bankitalia e Bce) c’è da chiedersi se la natura e l’azione della banca cambieranno.

COSA FARA’ INVITALIA CON LA BANCA CHE FU DI POSTE

Arcuri non si è sbilanciato più di tanto sul destino della struttura creata da Tremonti. Ma ciò non gli ha permesso di fornire indicazioni degne di nota. L’obiettivo di massima è “affiancare alla finanza pubblica quella privata”, creando in buona sostanza una sorta di finanza per il Sud. “L’anno scorso al Sud solo il 22% delle imprese che hanno chiesto credito lo hanno ottenuto, e meno del 5% per l’intera cifra”. L’idea è che la banca possa insomma colmare questo gap, secondo il manager. Dunque, infilarsi nei buchi neri del credito, in quelle aree rimaste a secco di finanziamenti bancari. Ma una precisazione è d’obbligo. E cioè che per nessun motivo la Banca del Mezzogiorno dovrà alterare il mercato del credito nel Meridione. Per questo “sarà una banca di secondo livello che opererà solo attraverso reti di credito ordinario” e senza sportelli al pubblico. “La banca”, ha chiarito Arcuri, “opererà solo con modalità di mercato. Adesso aspettiamo che l’istituto prepari il piano industriale e siamo in attesa dell’approvazione da parte della Bce, della Banca d’Italia e del ministero dello Sviluppo economico”.

CESSIONI IN VISTA

Ma la Banca del Mezzogiorno è solo uno dei cardini dell’Invitalia che verrà, capace negli ultimi tre anni di stanziare 8,8 miliardi di finanziamenti, attivando 18,7 miliardi di investimenti e che si sta interessando anche della ricostruzione di Amatrice. Nei dettagli del piano industriale, tutto ruota intorno a operazioni volte a ridisegnare il perimetro di azione dell’agenzia. Tanto per cominciare Invitalia procederà con la dismissione di Italia Turismo, l’ente incaricato di attirare visitatori nel BelPaese. La società verrà messa sul mercato entro il primo semestre 2017, quando “verrà lanciato un’offerta pubblica di vendita”, ha spiegato Arcuri. “Se arriveranno offerte che soddisfano le condizioni del bando allora venderemo senza problemi”, ha precisato il manager. L’altra dismissione riguarda il Fondo per il Nord Ovest, già messo in vendita dalla società controllata dallo Sviluppo Economico, ma ancora senza acquirente. “Morirà di morte propria, senza rimpianto”, ha chiosato Arcuri.

E NUOVI STRUMENTI

Fin qui il riassetto, poi c’è da aggiornare gli strumenti per la crescita. E qui entra in gioco la creazione di un fondo di investimento, sotto forma di una Sgr, che sostenga progetti di sviluppo di medio e lungo periodo e dia una ulteriore accelerazione all’utilizzo dei fondi comunitari, anticipando le somme che arrivano da Bruxelles solo a lavori eseguiti. Fine dunque, facendo proprio il mantra di Calenda, degli incentivi a pioggia. Un altro obiettivo è quello di aumentare la collaborazione con l’Ice, per arrivare a breve ad una vera e propria “integrazione operativa” Infine in pancia a Invitalia finirà anche il Fondo centrale di garanzia per i prestiti alle imprese, l’ultimo schema di incentivo nazionale per lo sviluppo che non era gestito dall’agenzia.


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