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Tutte le relazioni tra Italia e Israele

Di Francesco Talò
israele

Israele è la Start-Up Nation (bestseller consigliato): ha fatto della crescita del capitale umano e dei centri di ricerca la chiave del successo (4,1% del Pil dedicato alla ricerca, secondo solo alla Corea del Sud). Tuttavia si confronta con le difficoltà di integrare una società occidentale nell’irrequieto Medio Oriente. Una soluzione a ciò potrebbe essere la nostra comune identità mediterranea. L’Italia rappresenta il ponte per rendere il nostro mare un luogo di incontro e non di tragedie. Più a sud, poi, vi è l’Africa: con Israele si punta a una concreta collaborazione trilaterale in alcuni Paesi del continente, partendo dalla cooperazione allo sviluppo, ad esempio in agricoltura e nella lotta alla desertificazione. Questa regione vive drammatiche tensioni che arrivano in Europa attraverso il vettore del terrorismo, minaccia alle nostre capitali e per i cittadini israeliani. Le crisi regionali diventano sfide globali e Israele è il fronte avanzato dell’occidente, una “villa nella giungla”: democrazia proiettata verso il futuro e piccolo Paese con contraddizioni interne, circondato da un difficile vicinato. L’Italia è naturalmente il più prossimo interlocutore con il quale Israele può sviluppare rapporti con l’Europa e il resto della regione.

Al suo interno, Israele vive una realtà frammentata. Alla dicotomia tra maggioranza ebraica e comunità araba (20% della popolazione), si aggiungono differenze tra le componenti ebraiche: il fattore demografico è cruciale in un Paese dove, sia pure in misura diversa, tutti i settori sociali crescono impetuosamente nei numeri. Nonostante tutti i problemi, o anche a causa di essi, il Paese guarda al futuro. La sfida è un’opportunità da affrontare con l’atteggiamento baldanzoso chiamato chutzpah (interessante concetto di cui suggerisco di cercare il significato su Google). Emblema delle sfide più gravi, ma possibile opportunità di pace e sviluppo per la regione, è la questione palestinese, tema di politica estera e interna, ineludibile problema di sicurezza e identitario. Le questioni sono molte: dagli insediamenti alle violenze, che sono anche conseguenza di un’inaccettabile istigazione all’odio. L’Italia continuerà a impegnarsi per il riavvio di negoziati diretti perché portino a due Stati per due popoli. In tale ambito, la posizione italiana riguardo a tentativi di delegittimazione è chiara: chi boicotta Israele, boicotta se stesso. Sul piano bilaterale, siamo impegnati in rapporti politici, economici e culturali, con innumerevoli progetti che portano ogni anno quasi 4mila persone in ambasciata. Uno strumento di lavoro per la promozione dell’Italia.

Tale rapporto cresce nel trinomio cultura-scienza-crescita: due antiche culture producono innovazione facendo leva sul capitale umano per raggiungere cruciali obiettivi di crescita. Un accordo scientifico e industriale favorisce l’interazione tra imprese e centri di ricerca con due bandi l’anno: uno industriale, l’altro destinato alle università. L’accordo è un volàno concreto che ha favorito oltre 160 progetti di ricerca di base e sviluppo industriale. L’economia israeliana gode di una situazione invidiabile. Nel 2016, la crescita del Pil dovrebbe essersi avvicinato al 3%, con un debito pubblico al 62% e un deficit del 2,9%. Il tasso di disoccupazione è al 4,5%. Dati straordinari per un Paese Ocse, anche se non mancano i problemi: alto costo delle abitazioni, forti divari economici tra la popolazione e un’insufficiente presenza nel mondo del lavoro di donne arabe e uomini ultraortodossi. L’Europa è il maggiore partner commerciale e nel 2015 ha fornito il 49% dei prodotti qui importati. In vent’anni le esportazioni da Israele sono aumentate del 280% e le importazioni dall’Ue del 175%. L’Italia è il terzo fornitore europeo, dopo Germania e Belgio (i cui dati sono influenzati dal commercio di diamanti) con un interscambio di circa 4 miliardi di euro e un forte saldo attivo a nostro favore. Ricordo due settori: l’energia e la cyber-security.

Dopo la scoperta di gas al largo delle coste israeliane e del maxi-giacimento di Zohr in Egitto a opera di Eni, sta nascendo un polo di produzione nel Mediterraneo orientale. Esso include per ora Israele, Egitto e Cipro. Le vie per l’esportazione possono essere diverse, ma potrebbero raggiungere l’Italia rendendola il perno per la distribuzione di nuovi flussi di energia. Israele è inoltre all’avanguardia nella cyber-security. I contatti delle nostre imprese e dei centri di ricerca con gli interlocutori israeliani sono cresciuti negli ultimi anni. Nel 2015 è stato istituito un laboratorio di ricerca congiunto presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Un aspetto cruciale per la crescita e la sicurezza del nostro Paese. Abbiamo fatto molto e si può fare ancora di più per comprendere il ruolo che un Paese può avere per l’altro grazie ai diversi punti di forza che Italia e Israele hanno nel mondo. È questa la chiave di lettura del rapporto che si gioca nel trinomio cultura-scienza-crescita: forti delle nostre identità e impegnati nell’innovazione, offrire insieme un futuro di speranza ai nostri popoli e alla regione mediterranea che ci accomuna, una regione che Shimon Peres sognava come una start up region.

di Francesco Talò – Ambasciatore d’Italia in Israele

Articolo pubblicato sul numero di Formiche di Febbraio


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