La Roma è pronta a ricorrere al Tar contro la decisione della Soprintendenza e studia sempre una richiesta di risarcimento di danni in caso di niet finale al progetto immobiliare Pallotta-Parnasi con il nuovo stadio. Venerdì sera James Pallotta e Luca Parnasi hanno vergato un comunicato dai toni durissimi nei quali si lascia intravedere la strategia anche giudiziale che potrebbe essere messa in campo già in queste ore: “Non possiamo esimerci dall’evidenziare come sia particolarmente singolare la tempistica di questo parere emesso dalla Soprintendenza e certamente avvieremo ogni possibile azione a tutela del nostro Progetto, di tutti gli investitori e pubblici azionisti della As Roma e naturalmente di tutti i tifosi che in queste ore non comprendono iniziative talmente intempestive da apparire quantomeno ostili“.
LA RISPOSTA DELLA ROMA
La Roma, dunque, non ci sta: in queste ore a Trigoria – il quartier generale giallorosso – si sta ragionando sul ricorso da presentare immediatamente al Tar del Lazio contro la procedura avviata dalla sovrintendente all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Margherita Eichberg. Secondo le ultime indiscrezioni, la società giallorossa sembra intenzionata a impugnare da subito l’atto con il quale, lo scorso 15 febbraio, è stato dato inizio al “procedimento di dichiarazione di interesse culturale” per l’Ippodromo di Tor di Valle, che sorge sui terreni di proprietà di Parnasi destinati ad ospitare il nuovo stadio.
IL VINCOLO DELLA DISCORDIA
In parole povere, la sovrintendenza ha fatto partire il countdown per l’apposizione del vincolo sulla tribuna dell’Ippodromo, progettato da Julio Garcia Lafuente in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960. Una procedura inaspettata, secondo la società di Pallotta: “La procedura di vincolo culturale dell’Ippodromo, non solo non è mai stata esternata in precedenza ma anzi confligge con le valutazioni e i pareri resi nelle Conferenze di Servizi preliminare e decisoria in merito al progetto, basato sulla demolizione dell’ex Ippodromo e sulla realizzazione al suo posto del Nuovo Stadio“.
I RILIEVI ORIGINARI DELLA SOVRINTENDENZA
A tal proposito è da segnalare come in tutti questi anni la sovrintendenza qualche rilievo al progetto lo abbia anche mosso, senza, però, mai ipotizzare l’apposizione di un vincolo sulla tribuna dell’Ippodromo. Ad esempio – nella conferenza dei servizi preliminare – era stata chiesta, con parere del 28 luglio 2014, l’esecuzione di sondaggi archeologici preventivi oltre a una una serie di salvaguardie dal punto di vista ambientale. Inoltre, il 18 novembre – sempre del 2014 – la sovrintendenza chiedeva di indicare “i criteri della sostituzione con demolizione dell’Ippodromo e di tutti gli elementi di architettura e le pertinenze che lo caratterizzano“. Come a dire che tutti i dettagli del progetto – con annesso abbattimento della struttura – erano ben chiari fin dall’inizio. Lo stesso può dirsi anche per il parere reso dopo la delibera con cui l’assemblea capitolina nel dicembre 2014 ha dichiarato il pubblico interesse dell’opera. Nella conferenza dei servizi decisoria attualmente in corso la sovrintendenza aveva espresso in ordine a due questioni, entrambe non attinenti con la tribuna dell’Ippodromo: le famigerate tre torri progettate dall’archistar statunitense Daniel Libeskind e “le modalità di esecuzione delle indagini archeologiche, con l’attribuzione dei relativi costi al proponente“.
IL PERCHE’ DEL VINCOLO
Cos’è successo, allora, nel frattempo? Perché la sovrintendenza ha avviato l’iter per l’apposizione del vincolo dopo che per anni non aveva manifestato alcuna esigenza in tal senso? Innanzitutto è da segnalare la domanda arrivata dall’associazione ambientalista Italia Nostra che il 23 gennaio ha chiesto, con urgenza, l’introduzione di un “vincolo monumentale“, con l’obiettivo di tutelare “la rilevanza architettonica delle tribune e della pensilina” dell’Ippodromo di Tor di Valle. Ma c’è di più, almeno a sentire la diretta interessata, la sovraintendente Margherita Eichberg, che oggi ha ricostruito la vicenda in un’intervista rilasciata a Fernando Magliaro del Tempo. “Non ci siamo mica svegliati il 23 gennaio“, ha detto Eichberg, che poi ha aggiunto di aver preso conoscenza della questione Ippodromo dallo scorso settembre. Nel progetto “era scritto chiaramente che l’ippodromo doveva essere demolito: non ve ne siete mai accorti?“, ha domandato ancora il giornalista. “Non era chiarita, non tanto la demolizione dell’ippodromo quanto il suo valore“, ha risposto Eichberg: “In questo i proponenti sono stati superficiali perché non volevano attirare l’attenzione su un’opera di architettura contemporanea“. In pratica – secondo questa impostazione – avrebbe dovuto essere la Roma stessa a porre il problema, nonostante avesse già presentato nelle sedi competenti un progetto dettagliato. E nonostante lo stato di degrado – con tanto di amianto – in cui versa l’Ippodromo, ormai chiuso da più di 4 anni.
LA VERSIONE DI MARIANNA MADIA
In questo clima di confusione, non sono passate inosservate le dichiarazioni del ministro della Funzione pubblica Marianna Madia. La quale – come ha riportato Repubblica – ha fatto chiaramente intendere come la decisione finale spetti, in virtù della riforma che porta il suo nome, al governo: “Con la riforma della conferenza dei servizi, le regole sono chiare e i tempi certi: lo Stato ha una voce unica per rappresentare la propria posizione. E se alla fine la soprintendenza rimanesse in disaccordo con la decisione presa in conferenza dei servizi, allora sarà il vertice politico, ossia il ministro della Cultura, a poter chiedere, se lo ritiene opportuno, ulteriori approfondimenti, sino a un eventuale Consiglio dei ministri, cui spetterà di esprimere la parola finale sull’argomento“. In parole povere, il progetto stadio è tutt’altro che naufragato – almeno per ora – perché il rappresentante dello Stato in conferenza dei servizi potrebbe dare il placet alla realizzazione dell’impianto. E se venisse eventualmente a configurarsi una contraddizione tra questo parere e la decisione della sovraintendenza sull’apposizione del vincolo, allora Palazzo Chigi – nello specifico il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini – avrebbe comunque l’ultima parola, con la decisione di andare avanti comunque, nonostante il vincolo della sovrintendenza.
LA CONFERENZA DEI SERVIZI CONTINUA
Ed infatti – mentre si dibatte del vincolo – la conferenza dei servizi continua, per arrivare a una soluzione tra i proponenti e il Campidoglio e avere il via libera definitivo al progetto. La società giallorossa, ora più che mai, punta a una sintesi con l’amministrazione capitolina per avere l’ok della conferenza dei servizi. L’ipotesi d’accordo su cui si tratta prevede il taglio del 20% delle cubature del business park. Prima di sancire, però, l’eventuale intesa occorre definire ancora un aspetto importante: il destino delle opere pubbliche che Pallotta e Parnasi si sono impegnati a realizzare a titolo di compensazione per i metri cubi in più concessi quando è stata votata la delibera di pubblica utilità ai tempi di Ignazio Marino sindaco. Se le volumetrie si riducono, anche le eventuali opere pubbliche subiranno la stessa sorte? La risposta più probabile è no: la Roma potrebbe, cioè, realizzare tutti gli interventi di compensazione già concordati nonostante la riduzione dei metri cubi edificabili.
IL M5S AL BIVIO
Tutto ciò serve anche a spiegare come – per la giunta guidata da Virginia Raggi – la questione del vincolo non cambi troppo le carte in tavole: entro il 3 marzo si chiuderà la conferenza dei servizi ed entro quella data il Campidoglio dovrà, comunque, pronunciarsi sul progetto stadio. Nel frattempo – parallelamente – andrà avanti la procedura della sovrintendenza, a cui, però, l’amministrazione capitolina è estranea. La domanda, dunque, rimane sempre la stessa: cosa deciderà di fare, alla fine, Virginia Raggi?