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Perché Assobalneari (Confindustria) contesta la direttiva Bolkestein

L’Europa e le sue regole sono ancora una volta motivo di grattacapi per Palazzo Chigi. Stavolta poco centrano richieste improvvise di manovre bis o tris, bensì l’applicazione della contestata direttiva Bolkestein, datata 2006 e che prevede la messa a gara di alcune concessioni di ambito turistico-ricreativo, come le spiagge o i mercati ambulanti (ma anche terme e porti), al fine di aumentare la concorrenza. L’Italia per qualche anno ha ad aggirare la normativa europea con la proroga delle concessioni demaniali fino al 2020. Peccato che l’Ue se ne sia accorta, intervenendo con una sentenza della Corte europea del luglio 2016 che ha bocciato la proroga, definendola “automatica e generalizzata”. Di qui l’obbligo di riprendere subito in mano il dossier e varare in tempi brevi una legge ordinaria dello Stato in grado di recepire la direttiva.

IL DDL DELL DISCORDIA

Lo scorso 27 gennaio il Consiglio dei ministri ha dunque approvato il Ddl (qui il testo) che delega il governo a legiferare sul riassetto delle concessioni. Il provvedimento è stato presentato dal ministro per gli Affari Regionali Enrico Costa e prevede il “riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico ricreativo per favorire, nel rispetto della normativa europea, lo sviluppo e l’innovazione dell’impresa turistico-ricreativa”. In particolare il Ddl prevede espressamente “procedure selettive che assicurino imparzialità, trasparenza e pubblicità e che tengano conto della professionalità acquisita nell’esercizio di concessioni di beni demaniali marittimi, nonché lacuali e fluviali, per finalità turistico-ricreative”, ovvero gare pubbliche. Ed è proprio questo che non è andato giù agli imprenditori delle spiagge, alfieri di una protesta che si sta estendendo anche ad altre rappresentanze (nei prossimi giorni l’approfondimento di Formiche.net sulla vicenda Bolkestein si focalizzerò sugli ambulanti e sul sistema termale).

I BALNEARI SULLE BARRICATE

In Italia le concessioni sono da decenni tramandate di padre in figlio, di generazione in generazione. Sono numerosi i casi di monopoli di famiglie e gruppi che gestiscono le concessioni e gli spazi di grandi città, come Roma, o delle località balneari. Forse anche per questo la normativa europea viene vista col fumo negli occhi. All’indomani del Cdm di fine gennaio, gli imprenditori balneari sono saliti sulle barricate, fino ad incontrare pochi giorni fa presso la Regione Liguria lo stesso ministro Costa. “Il provvedimento non ci tutela, vi siete calati le braghe davanti all’Europa, non avete tutelato le nostre aziende”, hanno attaccato i balneari.

LICORDARI (ASSOBLANERI), ECCO PERCHE’ E’ UN DDL PERVERSO

Formiche.net ha chiesto maggiori dettagli sulla protesta a Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari, l’associazione che fa parte della confindustriale Federturismo, che raggruppa 30.000 imprese del mare, che tra tutte le altre è la più battagliera. “Il Ddl appena approvato è perverso per tanti motivi. Certifica nei primi articoli le procedure di evidenza pubblica, cioè le gare, per noi inaccettabili. Questa non è concorrenza, ma sostituzione di impresa”, spiega. Non solo. “Il testo parla di un periodo transitorio che tra l’ altro non hanno mai quantificato. Questo è un periodo che verrà calibrato non per fare un piacere a noi, ma per consentire a loro di organizzare le aste. Inoltre accettare il periodo transitorio significa passare da questo sistema normativo ad un altro: evidenze pubbliche”. C’è poi un aspetto più politico, che ai balneari non va proprio giù. “Questo Ddl esautora il parlamento dalla sua funzione legislativa e conferisce potere di vita e di morte al governo: vengono conferiti poteri alle regioni di decidere il periodo di durata delle concessioni. Così  si arriverebbe al caos, con regioni virtuose come Liguria e Veneto o Abruzzo che darebbero un periodo lungo e regioni che invece potrebbero concedere periodi brevi generando disparità di trattamento tra i concessionari italiani”. Il numero uno di Assobalneari ha pochi dubbi. “La verità è che a questo governo manca la spina dorsale, non è capace di difendere le proprie aziende al cospetto dell’Europa. E parliamo di uno dei pochissimi settori che ha resistito alla crisi mondiale. Io mi chiedo, ma come è possibile pensare di mettere anni di esperienza e lavoro improvvisamente all’asta?”.

IL “REGALO” DI PALAZZO CHIGI

Eppure per l’associazione degli imprenditori del mare, non tutto il male viene per nuocere. “Nonostante questo provvedimento, il governo ci ha fatto un regalo”, precisa ancora Licordari. “Compattare al massimo le rappresentanze di diversi mondi toccati però tutti dallo stesso disegno nefasto. Non ci siamo solo noi balneari di mezzo, ma tanti altri settori che si basano sul sistema della concessioni. Impianti a fune, terme, ambulanti, porti. Tutti uniti nel dire di no a questa normativa che ci metterà in ginocchio se non verrà fermata prima”.

GLI ESEMPI SPAGNOLO E PORTOGHESE

Quando però si parla di regole europee è impossibile non fare un raffronto internazionale. Ci sono almeno un paio di casi europei che hanno risolto il “problema Bolkestein”. La Spagna per esempio. Che nel 2013 ha approvato la revisione della Ley de Costas del 1988, prevedendo una proroga secca da 30 a 75 anni delle concessioni in essere in base alla loro tipologia, senza procedure di evidenza pubblica imposte invece per l’Italia praticamente nel corso dello stesso periodo temporale. Un risultato, fanno notare da Assobalneari, ottenuto mediante una fortissima azione di lobby a Bruxelles, che ha permesso dapprima di ottenere una relazione svolta dalla deputata danese Margrete Auken, che invoca l’ art 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea riguardante il diritto di godere della proprietà dei propri beni, e poi il viatico da parte della Commissaria europea alla Giustizia Vivian Reding che ha avvallato la legge. Una normativa impugnata dinnanzi al Tribunale costituzionale spagnolo da un centinaio di deputati socialisti, ma invece confermata a fine 2015 dal medesimo tribunale. Anche in Portogallo la Bolkestein è stata prontamente annacquata. Nel 2007, recependo una direttiva è stato infatti approvato il decreto legge denominato “Legge di Acqua” dove  il diritto del concessionario uscente viene preferito rispetto ad altri concorrenti con un rinnovo  delle concessioni esistenti fino a 75 anni.



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