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Perché Silvio Berlusconi scruta Luca Zaia candidato premier di centrodestra

LUCA ZAIA

Nell’evoluzione che l’implosione del Pd potrebbe imprimere al già confuso quadro politico italiano, Matteo Renzi, Andrea Orlando e tutta la leva dei quarantenni dem d’assalto, potrebbero incontrare d’improvviso sulla loro strada un quasi loro coetaneo, con solo pochi anni di più, a scompaginare i loro piani politici, il leghista Luca Zaia, ovvero il governatore più votato d’Italia? La domanda non è peregrina. Un quarantanovenne potrebbe riportare il centrodestra al governo del Paese, con Silvio Berlusconi stavolta nei panni di un king maker a sorpresa. E questo solo nel caso il Cav, ancora in attesa della sentenza di Strasburgo dalla quale auspica la sua eleggibilità, non potrà lui stesso ricandidarsi.

Tutto dipende, oltre che dal verdetto della Corte europea dei diritti dell’uomo, dalla data delle elezioni. Comunque sia, se il retroscena del quotidiano La Repubblica di lunedì scorso, avrà un seguito; retroscena fondato comunque su voci che da oltre un anno si rincorrono nei Palazzi della politica e che in passato anche altri giornali riportarono, il leghista Zaia potrebbe avere tutte le caratteristiche per essere l’asso nella manica di Berlusconi e del centrodestra per sconfiggere di nuovo il centrosinistra, qualunque sia la nuova legge elettorale. Ma già il leader della Lega Matteo Salvini, forte dei voti ricevuti e dei sondaggi e già candidatosi lui stesso alla premiership, ha ovviamente opposto il suo netto no a quella che sarebbe una sorta di Opa di Berlusconi sulla Lega. Ma, in politica e soprattutto di questi tempi, mai dire mai. Considerati anche gli equilibri in Via Bellerio, sede della Lega Nord.

Berlusconi oltre allo storico asse con Umberto Bossi ne avrebbe consolidato un altro da tempo con il potente governatore lombardo Roberto Maroni. Zaia, detto il demo-leghista (mix di ex Dc e Carroccio) anche per origini familiari e regionali nell’ex Veneto bianco, o ancora detto dal Senatùr affettuosamente ma non troppo “il democristianone”, quando non si sentì da “Luca”, una delle sue creature, sufficientemente protetto nella sfida con Maroni al congresso in cui lasciò lo scettro di comando, potrebbe però davvero essere il futuro jolly del centrodestra. “Leghista e gentiluomo”, lo definirono i suoi avversari di centrosinistra nel marzo del 2010 quando masticarono amaro perché “Luca” da Bibano di Godega di S. Urbano (piccolo centro agricolo in provincia di Treviso dove è nato in una famiglia di origini contadine e operaie) li doppiò a sorpresa con oltre il 60 per cento dei voti. E divenne già da allora il governatore più votato d’Italia, primato che ha mantenuto nel 2015 con quasi il 51 per cento (il Pdl che lo sosteneva al primo round si era già scisso) quando ha di nuovo doppiato il centrosinistra. A farne le spese fu la sponsorizzatissima e mediatica candidata del Pd Alessandra Moretti.

La prima volta a finire nel “vortice Luca” fu Giuseppe Bortolussi, allora potente presidente della Cgia di Mestre, la confederazione delle piccole imprese ossatura della struttura industriale veneta. Il “leghista e gentiluomo”, che fin da bambino “sussurra” ai cavalli (è stato anche istruttore d’ippica) e ama tutti gli animali da campagna che ha ancora nella casa paterna, così, ad esempio, si espresse contro le adozioni gay: “Non ho niente contro i gay. Ma le adozioni mi sembrano una estremizzazione degli affetti”. Poche, nette, precise parole, senza offendere nessuno. Parole da buon cattolico, amico da quando iniziò l’attività politica di preti, vescovi e cardinali in Veneto. Esponente di spicco della nuova leva di amministratori lanciata da Bossi, e soprattutto formatosi nella Liga veneta, madre di tutte le Leghe, creatasi per buona parte sulle ceneri della vecchia Dc, allievo dell’ex sindaco di Treviso Gianpaolo Gobbo, il mite e perfetto contraltare del prosindaco sceriffo Giancarlo Gentilini (Treviso tenuta come un gioiello e per gli immigrati anche una grande mensa, al di là dei proclami dello “sceriffo”), Zaia diventò consigliere comunale a 25 anni. Divenne a 30 anni a Treviso il presidente di Provincia più giovane d’Italia (prima ancora di lui lo era stato a 29 anni l’altro leghista Marco Reguzzoni alla Provincia di Varese). Record che arrivano un po’ prima di quello di Matteo Renzi anche lui a 29 anni alla guida della Provincia di Firenze.

Per mantenersi agli studi “Luca”, che è diplomato alla scuola enologica di Conegliano e si è poi laureato in scienze della produzione animale, ha fatto il muratore, il cameriere. E anche il pr e organizzatore di feste per le discoteche. Fin da ragazzo con la comunicazione ci sapeva fare e così si inventò i volantini per pubblicizzare le feste in discoteca e lanciò “Il Manhattan” di Godega di S. Urbano, dove in quegli anni maturò la passione per la musica di Carlos Santana. Samba Pa Ti la sua preferita. Il lavoro da pr gli veniva naturale per via del carattere giovale, allegro e estroverso che lo metteva già da allora in comunicazione con tutti i componenti della sua comunità. Quando nel 2010 andai per conto di Panorama a seguire la sua prima campagna elettorale da candidato alla presidenza della giunta regionale veneta, tra le prime cose che mi disse fu che lui era amico di una piccola comunità di cinesi gestori di un ristorante, ben integrati.

Gentiluomo e però anche leghista ortodosso: no ai clandestini, rispettino le nostre regole, si integrino e soprattutto dimostrino di avere un lavoro per restare. Insomma, i fondamentali della legge Bossi-Fini. Nell’agosto del 2010, lui già il governatore più votato d’Italia fermò di colpo la sua auto, che continua a guidare spesso da solo, per salvare dalle fiamme un albanese rimasto intrappolato nella sua vettura. Disse ai cronisti: “Non sono un eroe, ho fatto solo il mio dovere, tutti gli altri tiravano dritto, mentre quello stava morendo, una vergogna”. Certo, fece il suo dovere. Che sarebbe stato il dovere di chiunque, anche se a bordo di quell’auto non ci fosse stato un albanese ma un italiano. Ma questo per dire che tipo è Zaia, al quale comunque una volta ritirarono la patente nel 2007 per eccesso di velocità, anche se non aveva sforato di molto il limite. Un’effervescenza di gioventù, quando lo chiamavano “Er pomata”, per via del gel sui capelli, che ancora un po’ si mette, e incominciò ad adoperare dai tempi del “Manhattan”.

Per dire quanto l’uomo sia radicato sul territorio, un episodio al quale ho assistito in qualità di inviata di Panorama. Fine marzo 2010, attesa fatidica del responso elettorale delle regionali, dove lui per la prima volta si presentava. Zaia preferirì passare l’attesa lontano dai flash, dalle telecamere e dai taccuini dei giornalisti che assediavano il comitato elettorale leghista a Treviso. Lo trascorse in un ristorante fino a quasi sera nelle campagne vicine alla sua Bibano con la moglie Raffaella, solo un paio di fedelissimi e soprattutto alcune cameriere e camerieri che da ragazzi lavoravano con lui al “Manhattan”. Per non scomodarli troppo il “leghista e gentiluomo”, che da ministro del governo Berlusconi seppe riportare l’attenzione dei media sul dicastero dell’Agricoltura, si mise a guardare la tv con i primi exit poll in piedi nel retrocucina. Poi, con una calma serafica e dopo le prime telefonate a Bossi e Maroni, disse con un lieve sorriso alla moglie, ai fedelissimi: “Andiamo che qui, ostia, mi sa che abbiamo un po’ vinto”. Quel “un po’” era la cifra record dell’oltre 60 per cento. E con quel voto la Lega per prima volta in Veneto fece lo storico sorpasso su Forza Italia.

Attentissimo agli equilibri interni di Via Bellerio, soldato fedele di tutti i segretari che si sono succeduti alla guida del Carroccio, seguendo sempre la regola di stare al proprio posto e di fare quello che gli è stato ordinato di fare dal leader del suo partito, il “demo-leghista” o “leghista e gentiluomo”, da domani probabilmente riprenderà seccamente a smentire l’ipotesi di una sua futura candidatura alla premiership. Anzi, c’è già da ora da metterlo nel conto. Ma insieme ad Antonio Tajani, neopresidente del Parlamento europeo, “Luca” da Bibano di Godega di S.Urbano, governatore più votato d’Italia, rispettato e ammirato anche dai suoi avversari politici, è sicuramente la punta di diamante della nuova classe dirigente costruita dal centrodestra in questo ventennio. Con la quale i quarantenni dem prima o poi saranno destinati a incrociarsi nella competizione nazionale. Comunque andranno le cose.

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