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Gli Stati Uniti uccidono in Siria un grosso leader di al Qaeda con una nuova arma?

Domenica 26 febbraio un bombardamento americano ha ucciso un importante leader qaedista in Siria, ad al-Mastouma, nei pressi della roccaforte ribelli di Idlib (dove si combatte una guerra nella guerra tra ribelli radicali, che stanno avendo la meglio, e gruppi più moderati).

CHI ERA AL MASRI

Il comandante si chiama Abu Khayr al Masri e non era solo un elemento centrale della fazione siriana (ora non più la Jabhat al Nusra, ma raccolta sotto la sigla Hayat Tahrir al Sham), ma è considerato il numero due dell’organizzazione terroristica a livello globale. Rilasciato dall’Iran nel 2015, pare che già dal maggio scorso si muovesse in Siria. Era il braccio operativo del flemmatico leader Ayman al Zawahiri, era il predicatore di riferimento in Iraq, Yemen e Siria appunto, la sua importanza in un’immagine: ha sposato una delle figlie di Osama Bin Laden, lo storico fondatore di al Qaeda (ucciso dagli americani in un raid in Pakistan il 2 maggio 2011). Al Masri (il nome de guerre rivela la sua origine: era egiziano, e aveva 59 anni) è designato dagli americani membro di al Qaeda già dal 2005 (nella nota veniva indicato come l’uomo responsabile del coordinamento del lavoro di al Qaeda contro gli altri gruppi jihadisti) e su di lui pende anche l’accusa di essere coinvolto per gli attacchi alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania nel 1998 (in totale 200 morti).

UN ATTACCO PARTICOLARE

A rivelarne la morte i suoi attuali compagni siriani, mentre il Pentagono come al solito ha confermato soltanto il raid aereo, riservandosi di approfondire sui risultati. È proprio il raid aereo la storia nella storia, perché le immagini che arrivano dal luogo dell’attacco hanno fatto incuriosire gli esperti. L’auto in cui viaggiva Abu Khayr è stata centrata da un ordigno di altissima precisione. La berlina Kia color oro è infatti rimasta praticamente intatta, ad eccezione di una foro sul tetto; non si è frantumato nemmeno il vetro del parabrezza. Di solito le immagini di un raid aereo, che in questi casi sono normalmente compiuti utilizzando velivoli senza piloti che per ore seguono immobili i bersagli e colpiscono al momento opportuno, mostrano distruzioni molto più ampie: pick up sventrati, crateri dell’esplosione, tipici degli attacchi con i missili AGM-114 Hellfire o con le GBU-12 Paveway, le bombe intelligenti, ordigni solitamente trasportati dai Reaper. Abu Khayr è stato colpito invece in maniera chirurgica, senza effetti collaterali. Una nota: l’uso dei velivoli senza pilota (semplificando, i droni) per compiere questo genere di attacco, tanto caro alla guerra a distanza predicata come mantra da Barack Obama – e contestata in passato dal nuovo capo del Consiglio della Sicurezza Nazionale HR McMaster – è finito sotto le critiche proprio per gli effetti collaterali prodotti. Vittime civili durante i drone-strike non sono state un’eccezione in questi ultimi anni, nonostante in linea di massima si tratta di azioni mirate, altamente controllate e tendenzialmente molto precise.

L’ANALISI

A giudicare dalle immagini, sembra che il Pentagono abbia iniziato ad utilizzare armi ancora più tecnologiche. Si parla di sistemi a carica ridotta, forse di un piccole drone in dotazione alla Cia. Si parla di armi da 25 chilogrammi che trasportano una carica esplosiva pari a quella di una granata da 40mm, ma che conservano la massima precisione dei missili più sofisticati. Hanno guida laser via Gps, e oltre a ridurre gli effetti collaterali, hanno il pregio di poter essere trasportati da velivoli più piccoli e dunque aprire a diverse funzionalità operative. Lo specialista Tyler Rogoway (@Aviation_Intel su Twitter) ha scritto su “The War Zone” del sito The Drive un’analisi stando a quanto disponibile sull’attacco (poco in realtà), e ha segnalato alcuni tipi di ordigni che potrebbero essere stati usati: la Pyros prodotta dalla Raytheon e la Shadow Hawk della Lockheed-Martin, o ancora la 8-lb Hatchet della Alliant Techsystems. Questo genere di armi possono essere montate sui piccoli droni usati dall’esercito e dai Marines come l’RQ-7 Shadow o l’RQ-170 della Cia.

Rogoway spiega che sebbene lo sviluppo di queste armi fosse noto, avvenuto con ogni probabilità al Nellis Range Complex (in Nevada, non lontano dalla più nota Area 51), l’uso in fase operativa non è stato finora reso pubblico. Possibile però che la Cia li abbia adottati per compiere le operazioni clandestine come gli assassinii mirati della leadership qaedista. L’analista conclude che se l’attacco è stato compiuto da un drone, allora è possibile che ci troviamo davanti a uno dei primi elementi della prossima fase tecnologica della guerra al terrorismo.



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