Sappiamo che, dalla Libia all’Iraq, Isis è in ritirata sul terreno e che, per il momento, deve accantonare l’obiettivo di farsi Stato. Avevamo anche previsto che avrebbe cambiato strategia e che, invece di tornare alla prima fase di terrorismo mobile da cui era nata, sarebbe passata a una nuova fase che abbiamo chiamato terrorismo 3.0.
Dove prima controllava il territorio, rappresentava le istituzioni e imponeva tasse, ora l’ex Califfato è tornato alle tattiche di guerriglia caratteristiche del terrorismo mobile: piccoli nuclei debolmente collegati o anche completamente isolati fra loro individuano gli obiettivi meno protetti, colpiscono e spariscono prima dell’arrivo delle forze regolari. Ma la novità consiste nella gestione del terrore al di fuori del proprio territorio: in particolare la radicalizzazione e il reclutamento delle persone di fede islamica emigrate all’estero, psicologicamente più deboli e sradicate dal proprio contesto sociale e religioso.
In Europa, negli Stati Uniti, ma ora anche in Russia, questi immigrati – spesso di seconda generazione – sopravvivono in un tessuto sociale che li mantiene in condizioni di emarginazione e di povertà. Sono però tutti profondamente connessi: investono i primi risparmi in smartphone e Internet proprio per vincere l’isolamento e trovare ascolto e motivazione. Per questo, risultano facile preda di chi sa sfruttare il loro disagio per portarli alla radicalizzazione e a diventare strumenti del terrore.
L’analisi del comportamento di Anis Amri, che il 19 dicembre ha travolto e ucciso dodici persone a Berlino lanciandosi con un camion su un mercatino di Natale, sta mettendo in luce il nuovo modello organizzativo dell’Isis: l’università online del terrore. Questo modello si compone di più parti, alcune già ben sperimentate ma altre assolutamente originali; ciascuna di queste viene affidata a un gruppo operativo specializzato.
Prima di tutto, la divisione monitoraggio online individua i luoghi virtuali dove è più probabile selezionare e avvicinare persone sensibili al messaggio terroristico. I soggetti vengono studiati a fondo per capire le origini del loro disagio e le domande a cui cercano risposta in Rete. Sulla base delle informazioni raccolte entra in gioco la divisione marketing che prepara l’adescamento, spesso attraverso siti esca e social media camuffati come luoghi di ritrovo per la condivisione di un messaggio religioso o semplicemente raduni di comunità islamiche all’estero. Avvicinato il soggetto, inizia il processo di grooming: un tutore personale acquisisce la fiducia del malcapitato e lo conduce lungo la spirale che lo porta alla radicalizzazione.
Al termine di questo processo, mentre prima entrava in gioco un ufficio viaggi che si preoccupava di fare arrivare il nuovo fanatico ai centri di addestramento militare e religioso situati entro il territorio dello Stato islamico, ora la vittima può entrare nell’università online del terrore senza muoversi da casa.
Questa università virtuale a distanza è un concreto dipartimento di Isis cui è stata assegnata la responsabilità di selezionare e addestrare foreign fighters e guidarli nella realizzazione di operazioni terroristiche. Il dipartimento è l’Amniyat al-Kharji ed è parte integrante dell’Amniyat: il servizio di sicurezza interna dell’Isis. È stato fondato da Abu Muhammad al-Adnani, uno dei più alti ufficiali di Isis, che lo ha diretto fino alla morte provocata da un bombardamento mirato. Poi la responsabilità è passata ad Abu Suleyman al-Faransi, un ventisettenne proveniente dal Marocco (dove era nato come Abdelilah Himich). Quest’ultimo è stato scelto da al-Baghdadi in persona, (nella foto). Lo ha insignito del titolo di emiro e lo ha messo a capo dello strategico dipartimento sulla base di un curriculum ineccepibile: proprio Faransi ha organizzato le stragi di Parigi al Bataclan e di Bruxelles provocando complessivamente la morte di 162 civili. Faransi guida uno staff di comandanti responsabili per i singoli teatri di operazione – dall’Europa all’Asia Sudorientale – sulla base della loro esperienza, nazionalità e capacità linguistica. Ciascun comandante ha sotto di sé un gruppo di istruttori e pianificatori che svolgono il ruolo di insegnanti e di tutori dei foreign fighters originari di quel preciso territorio.
(1. continua)