Diceva Enrico Cuccia che le azioni non si contano, ma si pesano. E forse è proprio questa la filosofia che fa da cornice alla campagna acquisiti in atto nel credito cooperativo, all’indomani del divorzio delle banche trentine guidate dalla Cassa centrale, in disaccordo con il progetto unitario targato Federcasse e incentrato su Iccrea. Spaccatura culminata con l’addio alla federazione di Alessandro Azzi, dopo 25 anni al timone, uscito sconfitto dalla battaglia per riunire sotto un unico cappello le quasi 400 Bcc italiane. Adesso però è tempo di guardare avanti e assicurarsi gli istituti ancora indecisi, ovvero che non hanno ancora scelto da che parte stare (Trento o Roma). Poco importa chi ne ha di più, perché pare che la differenza la farà il peso specifico della singola Bcc da spartirsi.
UNA PARTITA A DUE (ANZI A TRE)
I contendenti sono essenzialmente due, con l’outsider delle Raiffeisen, le casse altoatesine, che andranno per la loro strada con un gruppo autonomo. Da una parte c’è Iccrea, l’istituto con base a Roma e forte di un patrimonio da 1,7 miliardi (1 miliardo la soglia minima prevista dalla riforma del credito cooperativo di due anni fa). Dopo essersi ufficialmente candidata a gennaio 2017 a capogruppo del mondo cooperativo, lo scorso febbraio la banca guidata da Giulio Magagni ha presentato alla comunità finanziaria le linee guida per la costituzione del soggetto aggregatore. “Il nostro piano è già stato visto dalla Bce, che abbiamo incontrato a fine 2016. Adesso ci aspettiamo che diventi operativo entro il primo semestre 2018”, confidano da Iccrea. Sull’altra sponda c’è la Cassa centrale timonata da Giorgio Fracalossi, il commercialista trentino gran tessitore del progetto scissionista. Come per Iccrea, anche Fracalossi sta girando in lungo e in largo l’Italia, proponendo il suo progetto per strappare il maggior numero di Bcc.
TRENTO, MENO POTENZA DI FUOCO MA…
A Trento le cose sono un po’ diverse. Cassa centrale deve portare a casa prima di tutto un aumento di capitale da 600 milioni (qui l’intervista a Fracalossi con i piani di Cassa) per portare il patrimonio al di sopra della fascia di sicurezza, a ridosso degli 1,4 miliardi. Una parte della ricapitalizzazione arriverà dalle banche aderenti al progetto trentino, un’altra fetta dai tedeschi di Dz Bank, soci al 25% di Cassa (qui il focus sull’istituto cooperativo tedesco), che però non dovrebbero sottoscrivere la loro intera quota di competenza, andando così incontro a una diluizione nel capitale. Certo, il patrimonio può giocare un ruolo centrale nella spartizione delle Bcc, perchè costituisce un elemento di sicurezza, soprattutto per le piccole banche. Ma attenzione, la questione è molto più complessa di quello che sembra.
30 BCC ANCORA INDECISE
Il fatto è che tutto o quasi si gioca su una trentina di istituti ancora indecisi, i cui consigli di amministrazione non si sono ancora riuniti. E qui sta il punto. Trenta banche possono sembrare poche, ma se si tratta di istituti di prima grandezza, allora la musica cambia. E tra queste trenta ce ne sarebbero alcune “pesanti”. Meglio fare due conti. Ad oggi, viene confidato a Formiche.net, Iccrea si sarebbe assicurata tra i 180 e i 200 istituti, contro i 100 o poco più di Trento. Tra le Bcc ancora indecise ci sarebbe per esempio il Credito cooperativo di Brescia, che non avrebbe ancora sciolto le riserve. Anche la Banca del territorio lombardo (Btl) pare essere combattuta sulla scelta della capogruppo. Ma c’è un altro aspetto da tener presente.
TRA CDA E ASSEMBLEA
Quando un consiglio delibera l’adesione a un gruppo o l’altro, si tratta solo di una pre-adesione, viene spiegato da ambienti del credito cooperativo. Poi tutto passa all’assemblea dei soci, che devono approvare in via definitiva l’orientamento del board. Qualcuno fa però notare come “la cosa non sia scontata”. In altre parole, ci potrebbero essere sorprese, con dei ribaltoni. Molti dei consigli hanno deliberato a febbraio-marzo mentre le assemblee sono previste per maggio. In mezzo, ci sono due mesi.
CHI HA SCELTO (PER ORA) LA CASSA
Ventilato il rischio, seppur remoto, di ribaltoni, quali sono le ultime banche che anno deciso di schierarsi con Trento. Sicuramente la Bcc di Manzano, una della grandi banche di credito cooperativo del Friuli, con oltre 100 milioni di patrimonio e un Cet1 ratio che supera il 18%. Con Trento anche le Bcc pugliesi di San Marzano e quella di San Giovanni Rotondo. Un altro importante “acquisto” di Trento è la banca di Civitanova Marche (Macerata), ancora in attesa dell’assemblea però. Infine, a dicembre, è arrivato il colpaccio di Trento, che si è aggiudicato anche il sì (con assemblea) di Chiantibanca, tra le maggiori in Toscana e guidata da Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del comitato esecutivo della Bce.