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Popolare di Vicenza e Veneto Banca, come infuria la battaglia con Cattolica Assicurazioni

Per la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, i due gruppi che stanno cercando di salvarsi fondendosi ed evitando di finire in risoluzione con le regole del bail-in, la buona notizia è che dall’Europa sembrano esserci delle schiarite sull’autorizzazione alla ricapitalizzazione preventiva. La notizia meno buona è invece che il fabbisogno complessivo delle due banche venete sarebbe stato collocato in area 6,4 miliardi, al di sopra delle previsioni.

SCHIARITE DALL’EUROPA

Partiamo dalle buone nuove. “Discussioni costruttive” sono in corso fra la Commissione europea, la Bce e le autorità italiane riguardo alla situazione di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, in vista di una possibile soluzione “nelle prossime settimane”. Lo ha affermato con una nota da Bruxelles un portavoce dell’esecutivo comunitario. “Tutte le parti sono sedute attorno al tavolo con l’obiettivo di arrivare a una soluzione comune che sia efficiente, sostenibile e nell’interesse della stabilità finanziaria. Siamo fiduciosi – ha concluso il portavoce – che una soluzione su queste basi possa essere trovata nelle prossime settimane”. Lo scoglio principale è proprio convincere la Commissione Ue a fare ricorso alla ricapitalizzazione precauzionale, misura che si sta cercando di adottare anche per Mps e che a differenza del bail-in limita la penalizzazione ad azionisti e obbligazionisti subordinati. Il problema è che la ricapitalizzazione preventiva, a differenza del bail-in applicato in senso stretto e senza eccezioni, implica l’intervento dello Stato e quindi l’ingresso del Tesoro nel capitale. E la Commissione Ue vede praticamente ogni forma di aiuto statale come il fumo negli occhi.

I NUMERI

Ad ogni modo, la situazione per le due banche venete va risolta in tempi stretti, soprattutto perché i conti del 2016, con perdite da quasi 2 miliardi per Popolare di Vicenza e da circa 1,5 miliardi per Veneto Banca, mostrano una contrazione della liquidità, particolarmente forte nell’istituto vicentino. Sulla questione si è espresso il 4 aprile proprio l’amministratore delegato di Veneto Banca, Cristiano Carrus che, rilevando che sono stati accantonati 1,3 miliardi su un fatturato di 700 milioni e intervenendo al congresso della First Cisl, ha parlato del costo del credito come di “una grande tassa sul macinato che qualcuno dice sia imposta da Francoforte. Ma io dico che è stata invece imposta da un sistema scellerato di dazione del credito”.

IL COMUNICATO

In un comunicato giunto il 4 aprile ieri in serata, la Popolare di Vicenza precisa di essere solvente sulla base dei coefficienti patrimoniali consolidati al 31 dicembre 2016 e aggiunge inoltre che, stando allo stress test del 2016, solo nello scenario avverso, era stato individuato uno shortfall di capitale da 3,3 miliardi. “Tale fabbisogno servirà poi a definire l’ammontare effettivo di ricapitalizzazione precauzionale oggetto di determinazione da parte delle Autorità competenti”, aggiunge la Popolare di Vicenza guidata dall’ad, Fabrizio Viola (nella foto).

FABBISOGNO DI OLTRE 6 MILIARDI

Intervenire al più presto sugli istituti veneti è necessario anche perché, è ormai pacifico, necessitano di nuovo capitale, dopo gli aumenti da 2,5 miliardi totali del 2016 che hanno permesso di entrare in larghissima maggioranza al fondo Atlante. A stabilire il fabbisogno dei due gruppi sarà la Bce, ma indiscrezioni riferite dall’agenzia Bloomberg il 4 aprile hanno parlato di 6,4 miliardi, mentre fino a qualche giorno fa l’ammanco di capitale veniva collocato in area 5 miliardi. I 6,4 miliardi di fabbisogno dovrebbero comunque contemplare anche gli 1,2 miliardi di conversione in azioni di obbligazioni subordinate (burden sharing, presupposto per l’applicazione della ricapitalizzazione precauzionale). Anche in questo caso, è evidente che prima si viene a conoscere la cifra definitiva e prima si può intervenire per risolvere la situazione.

LA MOSSA DI CATTOLICA ASSICURAZIONI…

In questo clima di attesa, a complicare le cose si è messa Cattolica Assicurazioni. Che, si è saputo il 4 aprile, ha deciso di esercitare il diritto di vendita (put) delle quote detenute nelle tre joint venture bancassicurative nei confronti della Popolare di Vicenza. Già la scorsa estate, in realtà, la compagnia aveva chiesto il “divorzio”. Ebbene, il cda della compagnia assicurativa, spiega una nota, “dopo approfondite valutazioni e ponderazioni, stante la grave incertezza del quadro emerso dal bilancio 2016 di Banca popolare di Vicenza e ai fini di chiarezza e di trasparenza verso i soci, verso gli azionisti e in generale verso il mercato, ha deliberato di esercitare il diritto di vendita delle partecipazioni detenute nel capitale sociale di Berica vita, Cattolica life e Abc assicura, come previsto dagli accordi di partnership”. A oggi il valore della put è pari a 186,1 milioni, che quindi dovrebbe essere la cifra che la banca guidata da Fabrizio Viola deve corrispondere a Cattolica. “Sulla base delle risultanze contabili e attuariali, inoltre – aggiunge la nota della compagnia assicurativa – le previste penali per il mancato raggiungimento degli obiettivi di produzione e redditività delle compagnie partecipate al 10 febbraio 2017 ammontano a 8,6 milioni”.

…E LA RISPOSTA DI VICENZA

Di tutta risposta, la Popolare di Vicenza ha deciso di avviare il collocamento del 6% circa di Cattolica Assicurazioni attraverso una procedura accelerata (accelerated bookbuilding). Secondo indiscrezioni, sono state messe in vendita 10,5 milioni di azioni della compagnia assicurativa, a un prezzo compreso tra 7,15 e 7,25 euro per ogni titoli. Da ricordare che la Popolare di Vicenza è il primo azionista di Cattolica, con una quota del 15% del capitale.


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