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Fincantieri, Bono sbarca in Francia. Parte l’Airbus dei mari per sfidare i colossi asiatici

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Primi passi per quella sorta di Airbus dei mari di cui parla da tempo il numero uno di Fincantieri, Giuseppe Bono. È questo il vero significato industriale e strategico dell’operazione chiusa ieri a Parigi. Con i cantieri di Stx France, il gruppo italiano pone le basi per costruire davvero un gigante della cantieristica navale in grado di confrontarsi con i concorrenti asiatici. Bono, secondo la ricostruzione di Formiche.net, ha gestito in prima persona l’operazione avendo comunque l’appoggio del governo italiano, a partire dal premier Paolo Gentiloni e dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.

GLI OBIETTIVI CENTRATI

Non solo: checché si dica in Francia, il gruppo capitanato da Bono realizza gli obiettivi che si era prefissato: la maggioranza del capitale sarà italiana ed entra nella rimanente quota azionaria, al fianco dello Stato francese, il gruppo Dcns, specializzato nel business militare, con cui Fincantieri ha una collaborazione di lungo corso. La francese Dcns opera infatti nello stesso sito di Saint Nazaire e con Fincantieri già collabora (ciascuno per le rispettive marine nazionali) nel segmento delle navi da superficie: attualmente nel programma Fremm per le fregate e, in passato, in quello Orizzonte per cacciatorpediniere. Vediamo ora la cronaca e i numeri.

L’ANNUNCIO DI IERI

Stx France è di Fincantieri. Lo ha annunciato ieri il ministro francese all’Industria, Chrystophe Sirugue, chiudendo trattative cominciate dopo il tre gennaio, quando il gruppo controllato da Fintecna (Cassa depositi e prestiti) fu considerato “miglior offerente” per l’acquisizione di Stx France dal tribunale di Seul nella vendita del 66,66% di cui era proprietario il gruppo coreano Stx Offshore&Shipbuilding (33,34% era in mano allo Stato francese).

GLI SCHIAMAZZI FRANCESI

“Nessuna soppressione di posti di lavoro nei prossimi 5 anni”, anzi l’impegno a 200 posti supplementari fino al 2018. E un piano industriale per Saint-Nazaire che lo stesso Sirugue ha definito “ambizioso”, con rafforzamento dei cantieri “nel core business e diversificazione delle energie marittime”, hanno detto i francesi dopo tanti schiamazzi giunti negli scorsi giorni ad evocare una fantomatica nazionalizzazione pur di mettere i bastoni fra le ruote all’italiana Fincantieri.

IL RUOLO DI PARIGI E GLI SCENARI

Lo Stato francese conserverà la sua quota di minoranza di blocco del 33% acquisita nel 2008 (al momento del passaggio di Stx dal gruppo norvegese Aker Yards, che l’aveva rilevata nel 2006, ai coreani). Lo Stato, inoltre, conserverà per vent’anni un diritto di veto su una serie di eventualità: “Un sostanziale ridimensionamento dell’attività dei cantieri o dei loro uffici studi; il trasferimento della loro proprietà intellettuale o del loro know-how; le decisioni su partnership o acquisizioni extra-europee; strategie contrarie agli interessi nazionali in tema di difesa”, ha detto Sirugue. Di vent’anni sarà quindi la durata del patto tra gli azionisti, anche se con un “tagliando” dopo 12 anni. A quel punto Fincantieri potrà decidere di non rinnovarlo e di prendere altre strade. Se questo dovesse accadere, lo Stato potrà comunque esercitare un diritto di prelazione sulla partecipazione della società pubblica italiana.

LE CONDIZIONI

Fincantieri sarà “azionista di riferimento”, con una quota sotto il 50% (il 48% circa) per almeno 8 anni, e farà spazio con il 6% a un altro protagonista italiano, la Fondazione CRTrieste presieduta da Massimo Paniccia, contattato personalmente da Bono per l’operazione. Lo Stato francese, come detto, conserverà il suo 33,3%. Si aggiunge inoltre l’ingresso del gruppo francese Dcns con il 12% e l’ingresso nel consiglio di amministrazione – di 9 persone – di “un rappresentante dei dipendenti e il direttore generale del sito”.

LA SODDISFAZIONE DI PADOAN

Bono incassa la soddisfazione del ministro Padoan, che parla di “dimostrazione che le grandi imprese italiane che hanno investito sulla competitività e la credibilità internazionale possono conseguire posizioni di leadership in settori strategici per l’economia globale. Se da un lato gli investimenti stranieri in Italia possono dare un contributo alla crescita, dall’altro ritengo molto importante che ci sia più Italia all’estero”.

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