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Come M5S di Grillo con l’ex Fiom Cremaschi fa inviperire Cgil, Cisl e Uil

GIORGIO CREMASCHI

Arriva la stoccata a 5 Stelle alle confederazioni sindacali, ossia Cgil, Cisl e Uil. Con un post sul blog di Beppe Grillo firmato da Giorgio Cremaschi, ex dirigente Fiom, si spiega agli iscritti del Movimento in quale modo si possa (e si debba) rinnovare il mondo sindacale, ossia aprendo, nei luoghi di lavoro, alle liste di “organizzazioni sindacali nuove”, alle “liste delle organizzazioni sindacali di base” e a liste di organizzazioni non firmatarie di contratti. Una direzione di marcia che si prefigurava nel post introduttivo firmato da tre parlamentari pentastellati in vista del programma completo sul lavoro.

Giorgio Cremaschi, ex leader della Fiom, iscritto alla Cgil fino al 2015 quando ha deciso di lasciare (“oramai mi sento totalmente estraneo a ciò che realmente è questa organizzazione e non sono in grado minimamente di fare sì che essa cambi”, scriveva sull’Huffington Post) spiega, nel post pubblicato sul blog di Beppe Grillo, che attualmente “nel mondo del sindacato non può succedere che una lista nuova si presenti alle elezioni delle rappresentanze sindacali aziendali, cioè quelle che hanno il compito di tutela immediata dei lavoratori nei luoghi di lavoro in tutte le aziende sopra 15 dipendenti, pubbliche e private. Le rappresentanze sindacali possono essere solo nominate dalle organizzazioni precedenti, cioè addirittura neanche elette, oppure se elette, solo tra liste di chi c’era prima, cioè di sindacati e organizzazioni già firmatari di contratti”.

Secondo Cremaschi, invece, è necessario “garantire che in tutti i luoghi di lavoro sopra i 15 dipendenti i lavoratori possano eleggere delle rappresentanze sindacali come previsto dallo Statuto dei lavoratori, e che tutti siano elettori ed eleggibili, che con minime regole tutti possano partecipare con liste delle organizzazioni sindacali tradizionali, o con liste delle organizzazioni sindacali nuove, o con liste delle organizzazioni sindacali di base, o con liste di lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro. Che tutti possano partecipare alle elezioni, e poi siano i lavoratori stessi a decidere chi li rappresenta nei luoghi di lavoro”. Tale apertura, andrebbe a incidere duramente sul potere attualmente in mano a Cgil, Cisl e Uil.

Quando si apriranno le votazioni su Rousseau sul Programma Lavoro, gli iscritti al Movimento, dunque, dovranno rispondere al quesito: “Sei d’accordo che i lavoratori debbano avere il diritto di poter eleggere le proprie rappresentanze sindacali e di essere eleggibili con libera competizione tra tutte le organizzazioni indipendentemente dall’aver firmato l’accordo sindacale con la controparte?”.

Prima dell’intervento di Cremaschi, già Giuseppe Della Rocca, docente all’università della Calabria con un passato anche nella Fiom-Cgil (“Funzionario sindacale e componente della segreteria provinciale della FIOM-CGIL della federazione di Palermo nel 1962-63. Dal 1963 al 1966 membro del coordinamento sindacale Fiat e dell’esecutivo provinciale della FIOM-CGIL di Torino, si legge nella sua biografia) aveva pubblicato il primo post su blog di Grillo sul Programma Lavoro (qui tutti i dettagli).

ECCO IL POST INTEGRALE DI GIORGIO CREMASCHI

Immaginiamo le elezioni del 2013, le prime dove il Movimento 5 Stelle è entrato in Parlamento. Immaginiamo se il Movimento 5 Stelle, o qualsiasi altra forza politica organizzata, per partecipare alle elezioni fosse dovuto sottostare a una regola particolare: ovvero sottoscrivere la finanziaria e il programma dei governi precedenti. Senza fare questo non avrebbe potuto partecipare alle elezioni, e anche con tale adesione le forze politiche presenti già in Parlamento avrebbero potuto esprimere un diritto di veto. Ecco: questo è ciò che succede nel mondo della rappresentanza sindacale.

Nel mondo del sindacato non può succedere che una lista nuova si presenti alle elezioni delle rappresentanze sindacali aziendali, cioè quelle che hanno il compito di tutela immediata dei lavoratori nei luoghi di lavoro in tutte le aziende sopra 15 dipendenti, pubbliche e private. Le rappresentanze sindacali possono essere solo nominate dalle organizzazioni precedenti, cioè addirittura neanche elette, oppure se elette, solo tra liste di chi c’era prima, cioè di sindacati e organizzazioni già firmatari di contratti.

Questo è un sistema che impedisce qualsiasi rinnovamento sindacale a partire dai luoghi di lavoro, e che soprattutto conferisce alle aziende il potere di decidere chi sono i sindacati buoni e chi sono i sindacati cattivi. Perché se per partecipare alle elezioni si deve prima sottoscrivere un accordo con l’azienda insieme agli altri sindacati tradizionali, è evidente che l’azienda abbia tutto l’interesse a sottoscrivere gli accordi solo con quei sindacati che preferisce avere di fronte. Quindi la rappresentanza dell’azienda e la rappresentanza dei sindacati si legittimano l’uno con l’altro, contro qualsiasi novità che arrivi dal mondo del lavoro.

Questo sistema è frutto dell’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori, così come fu malamente modificato da un referendum nel ’95. E’ bene ricordare che nel 95 furono proposti due referendum: uno per una vera democrazia sindacale, e l’altro per legare la rappresentanza sindacale alla firma di accordi e di contratti da parte delle organizzazioni sindacali. Purtroppo, è passato solo quello relativo alla firma. E quindi siamo entrati in un sistema in cui, al di là di tutti gli accordi sindacali, in sostanza chi è già al tavolo ci resta, e chi è fuori dal tavolo non ci può entrare. C’è stata una sentenza della Corte Costituzionale nel luglio del 2013 che ha cambiato il quadro. Ma come tante altre sentenze della Corte Costituzionale non è stata minimamente ascoltata né dalle forze politiche né dai grandi sindacati confederali, malgrado tale sentenza sia stata molto importante perché nel luglio del 2013 -qualcuno di voi lo ricorderà- la Fiom era stata cacciata dalla Fiat perché Marchionne aveva fatto un accordo con Cisl e Uil escludendo la Fiom, e si stabilì quindi che solo la Cisl e Uil avessero diritto alla rappresentanza sindacale aziendale, mentre la Fiom fu estromessa. La sentenza della Corte Costituzionale del luglio del 2013 ribaltò tale decisione della Fiat, dichiarando inammissibile che un sindacato come la Fiom, anche senza la firma del contratto, non avesse il diritto alla rappresentanza sindacale.

Questa sentenza non ha però risolto il problema, perché ha semplicemente ammesso che la Fiom, un sindacato storico che ha partecipato a tante trattative, ha diritto ad essere presente e ad avere le rappresentanze sindacali. Però non ha risolto il problema dei lavoratori, di tutti i lavoratori che vorrebbero poter eleggere anche in Fiat le loro rappresentanze, senza vincoli e liberamente. La Corte ha detto, alla fine della sua sentenza, che tale compito appartiene alla legge, cioè il legislatore dovrebbe fare una legge che garantisca il diritto di eleggere una rappresentanza sindacale senza vincoli e con varie forme: dalla pura applicazione dell’articolo 39 della costituzione, che non è mai stato applicato e che prevedeva una rappresentanza sindacale in proporzione agli iscritti, ad altre forme di rappresentanza. Fino alla più semplice di tutti: e cioè garantire che in tutti i luoghi di lavoro sopra i 15 dipendenti i lavoratori possano eleggere delle rappresentanze sindacali come previsto dallo Statuto dei lavoratori, e che tutti siano elettori ed eleggibili, che con minime regole tutti possano partecipare con liste delle organizzazioni sindacali tradizionali, o con liste delle organizzazioni sindacali nuove, o con liste delle organizzazioni sindacali di base, o con liste di lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro. Che tutti possano partecipare alle elezioni, e poi siano i lavoratori stessi a decidere chi li rappresenta nei luoghi di lavoro.

Questo è il livello “uno” della democrazia sindacale, se non c’è questo non ce n’è nessun altro.


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