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Un missile balistico testato dalla Corea del Nord ha fatto cilecca

La Corea del Nord ha testato un missile balistico nella zona di Sinpo, ma l’esperimento non è andato a buon fine. Secondo i funzionari americani non era un vettore intercontinentale (ossia quelli su cui puntano le mire del regime, perché potrebbero rendere le armi di Kim Jong-un una minaccia globale in quanto in grado, per esempio, di attraversare l’oceano e raggiungere gli Stati Uniti).

La notizia è stata diffusa nella notte dal comando militare sudcoreano e poi confermata da Pentagono e governo giapponese. In queste ore gli occhi dei satelliti sono tutti puntati verso Pyongyang, perché la festa per i 115 anni della dittatura doveva concludere lo show muscolare dei mezzi militari che hanno sfilato in strada, con un test atomico a cui forse Washington avrebbe potuto rispondere con un’azione armata punitiva (o addirittura muoversi d’anticipo).

Per il momento niente Atomica, ma il regime non ama — e non può sostenere — le sconfitte, e un test missilistico fallito dopo giorni di retorica ostile contro gli americani (se attaccherete risponderemo con ogni mezzo, facevano sapere i portavoce del Nord) è un genere di passo falso a cui possono seguire sviluppi. Sabato davanti a Kim e ai notabili del regime hanno sfilato con orgoglio le unità militari, tra cui il KN-11 Pukkuksong-1, missile balistico sviluppato per il lancio da un sottomarino (Slbm), dunque difficile da intercettare in anticipo, e in grado di coprire mille chilometri. Testato positivamente ad agosto scorso, il Nord lo ha mostrato al pubblico per la prima volta durante la grande festa come simbolo degli ultimi sviluppi nel campo delle tecnologie militari.

Il segretario alla Difesa americano Jim Mattis ha dichiarato che la Casa Bianca è stata subito informata del test, ma al momento non commenta. Da sabato a Seul c’è il vice presidente Mike Pence (partirà da lì un tour tra gli alleati asiatici che durerà dieci giorni), aspetto che aumenta il valore del messaggio dietro l’ennesima provocazione di Kim. Il dittatore, sebbene il missile pare sia esploso pochi minuti dopo il lancio, dimostra di non temere le minacce americane. Inoltre, ogni test, positivo o negativo, aumenta la consapevolezza tecnologica di Pyongyang.

“È colpa di Trump e della sua isteria se si è creata una situazione di guerra” hanno commentato le voci del Nord durante l’imponente parata militare di sabato: “Gli Stati Uniti sbagliano a considerarci come Libia e Iraq, noi risponderemo alla guerra totale con la guerra totale, anche nucleare”.

Il lancio del missile sembra aver colto di sorpresa anche la Cina, che in queste settimane ha cercato di far valere il proprio ascendete per evitare provocazioni nordcoreane che avrebbero innescato un’escalation con l’America (soprattutto il test nucleare). Quello che si teme è che il nuovo esperimento sull’Atomica sia stato solo rinviato, e che magari Kim per non perdere la presa sul potere lo solleciti per cancellare dalla mente il fallimento simbolico del missile che sabato ha fatto cilecca. A quel punto Washington sì troverebbe davanti la necessità di mantenere fede alla postura punitiva adottata con ripetute minacce, ma le soluzioni militari potrebbe innescare gravi conseguenze (che posizione prenderà la Cina, per esempio?) o ritorsioni di Kim.

Pochi gli spazi di azione davanti a dittatore che al momento pare pronto a tutto pur di mantenere il proprio potere. Scenario suggestivo quello evocato da Guido Olimpio sul Corsera: e se il test missilistico fosse andato male perché il CyberCommand americano avesse trovato il modo di sabotare le azioni del Nord con attacchi informatici da remoto? Un’operazione chirurgica, senza targa, e funzionale.

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