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Tutte le contorsioni di Matteo Renzi su Alitalia, F-35 e primarie Pd

Di Michele Arnese e Andrea Picardi
Renzi

Giravolte? Capriole? Piroette? Contorsioni? O convulsioni? I giudizi sono liberi, ma i fatti sono inequivocabili. Negli ultimi giorni Matteo Renzi sta dimostrando una notevole capacità di cambiare idea o di modificare parte del suo pensiero, anche a costo di contraddire parole e decisioni quando era a Palazzo Chigi. Se ciò dipenda da una ragione di strategia politica – ad esempio per rinfrescare la sua immagina di uomo di sinistra – o da altri motivi, non è dato saperlo. Fatto sta che nell’arco dell’ultima settimana si contano almeno tre casi in cui  l’ex premier ha destato qualche perplessità per via di dichiarazioni, ufficiali o fatte filtrare, non pienamente coerenti con la sua storia anche recente.

I CHIACCHIERICCI SU ALITALIA

Il più recente è delle ultime ore, con il nuovo scontro che sembra profilarsi tra i renziani e il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda sulla vicenda Alitalia. Dopo il no dei lavoratori al piano di salvataggio, l’ex compagnia di bandiera è sempre più sull’orlo del baratro. “Il salvataggio di Stato è escluso: il governo e i cittadini non lo vogliono“, ha confermato perentoriamente anche oggi Calenda in una conversazione con il Corriere della Sera, nella quale ha anche indicato il percorso ormai inevitabile che il vettore ora di proprietà di Etihad dovrà seguire: “Il governo nominerà uno o più commissari, come previsto dalla legge, che avranno 6 mesi per portare avanti il processo di cessione degli asset in modo ordinato senza danneggiare i viaggiatori e la mobilità. Perché oggi per noi queste sono le priorità: non creare disservizi per i viaggiatori e ridurre al minimo i costi per i contribuenti“. Una posizione contestata, però, da Renzi e dai renziani, come emerge dal retroscena raccontato oggi su Repubblica da Carmelo Lopapa. “La questione non può essere affrontata con questo approccio ideologico“. il messaggio che l’ex presidente del Consiglio avrebbe recapitato ai suoi. Renzi non sarebbe favorevole alla nazionalizzazione della compagnia, ma vorrebbe comunque qualche forma di intervento. Che, tradotto in termini economici, vorrebbe dire investire una certa quantità di risorse pubbliche quantomeno per prendere più tempo e sperare che nel frattempo si palesi alla porta un possibile acquirente. Peccato, però, che in passato l’ex premier si sia più volte professato contrario a soluzioni di questo tipo: “Basta soldi pubblici ad Alitalia. Ne abbiamo messi talmente tanti  che sarebbe inaccettabile“, aveva ad esempio commentato nell’agosto del 2014 intervistato da una trasmissione di Rai Tre.

LA BIZZARRA SORTITA SUGLI F-35

Quella su Alitalia, comunque, non è l’unica giravolta di questi giorni. Ieri Renzi ha messo in mostra un inedito sentiment anti militarista e anti F-35, quasi attestandosi sulle posizioni tipiche della sinistra del partito (in primis quelle del parlamentare Gianpiero Scanu, strenuo critico del programma di acquisti per la nostra aeronautica) quasi con toni grilleschi. Dall’ex premier sono arrivate parole poco tenere per il caccia di quinta generazione Joint Strike Fighter: “Spendere soldi come sugli F-35 no”, ha detto a sorpresa l’ex premier. “Nonostante i dubbi sul rapporto con l’alleato americano e le difficoltà di valorizzazione della partnership tra il campione nazionale Leonardo-Finmeccanica e l’americana Lockheed Martin, è difficile tornare indietroha scritto ieri Stefano Pioppi di Airpress su Formiche.net –  Anzi, l’unica alternativa possibile sembrerebbe procedere con convinzione sull’F-35, scelta che il governo Renzi ha confermato più volte. Anche per questo l’ultima posizione dell’ex sindaco di Firenze appare quantomeno eccentrica. Ad ogni modo, nonostante le perplessità, anche Renzi ne è convinto: “Agli F-35 non si rinuncia più”. I rilievi dell’ex premier stridono peraltro con impegni e atti del governo stesso, come il Documento programmatico pluriennale (Dpp) per la Difesa per il triennio 2015-2017 redatto dal ministero della Difesa guidato da Roberta Pinotti. Buona parte della partecipazione italiana al programma – spiega il documento – “è centrata sull’impianto di Final Assembly & Check Out (Faco) di Cameri, realizzato dalla difesa e affidato alla ditta Alenia Aermacchi (Gruppo Leonardo, ndr) per l’assemblaggio dei velivoli e per la produzione dell’assieme alare del velivolo (le due ali e la parte centrale della fusoliera)… e in particolare, la stazione di verniciatura del velivolo nella quale viene applicata la finitura speciale necessaria a garantire la bassa osservabilità radar del velivolo“. Il ritorno occupazionale attuale “è di circa 1200 persone. Le stime di ritorno occupazionale generate da parte dell’Industria (studio Finmeccanica/Aiad, maggio 2014) sono pari a circa 6400 persone impiegate a regime“. Stime che contemplano anche la scelta di Cameri come centro manutentivo per gli F-35 delle nazioni europee che aderiscono al programma.

L’INTEMERATA SULLA DATA DELLE PRIMARIE

A colpire, in queste ore, è stata anche la polemica che Renzi ha sollevato a proposito della data delle primarie, in programma domenica prossima nel bel mezzo di una tre giorni di ponte. Lunedì primo maggio gli uffici rimaranno chiusi come da tradizione e dalla parte dei renziani ha iniziato a fare capolino il timore di una partecipazione tutt’altro che larga, fino al punto di scendere al di sotto della soglia limite di un milione di votanti. “Si è scelto il giorno peggiore per fare le primarie, in mezzo ai ponti, e poi la polemica è sull’affluenza“, ha commentato l’ex premier. Che però ha sorvolato sulle ragioni per cui a febbraio si è arrivati a scegliere il 30 aprile e soprattutto sull’organo protagonista di quella scelta. La decisione era stata infatti assunta da un’apposita commissione del partito, a suo tempo guidata da un renzianissimo come Lorenzo Guerini – che oggi coordina la mozione congressuale dell’ex presidente del Consiglio – e oggi invece presieduta da Roberto Montanari, tradizionalmente vicino a Piero Fassino che a sua volta è schierato senza se e senza ma a favore del segretario uscente. Una commissione, peraltro, a maggioranza renziana, la quale optò per la data del 30 aprile dopo una lunga mediazione tra Renzi che voleva anticipare a tutti costi la data dei gazebo e i suoi sfidanti Andrea Orlando e Michele Emiliano, decisi a chiedere che non si votasse prima del 7 maggio. Punto di incontro oggi rinnegato da Renzi che, però, per evitare di incappare nel rischio flop causa ponte avrebbe potuto semplicemente accettare la proposta dei suoi avversari oppure mediare per trovare una soluzione differente.

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