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Ecco tutti i veri progetti di Trump sulla Corea del Nord

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Poco prima delle tre del pomeriggio di mercoledì 26 aprile, due pullman bianchi della compagnia di noleggio Bus4Hire sono arrivati davanti Capitol Hill, a Washington, e hanno caricato tutti e cento i senatori americani per portarli verso la Casa Bianca, dove era in programma un incontro a porte chiuse per fare il punto sulla Corea del Nord.

MENO CONSIGLIO DI GUERRA, PIÙ DIPLOMAZIA

Qualcuno la ha definito “un consiglio di guerra”, visto l’eccezionalità del meeting – di solito l’amministrazione informa i legislatori al Congresso – e visto il clima del momento. Ma a leggere il comunicato congiunto firmato dal segretario di Stato Rex Tillerson, dal capo del Pentagono James Mattis, e dal Director of National Intelligence Dan Coats, che hanno condotto la riunione insieme al capo delle Forze armate Joe Dunford, tutta la questione sembra prendere una via più rassicurante.

UNA LINEA RASSICURANTE

Il maxi incontro si portava dietro settimane di retorica ostile tra Washington e Pyongyang, con coinvolgimento di Pechino e alleati regionali, che sembravano anticipare un’azione militare. Ma alla fine i tre leader dell’amministrazione hanno spiegato che la linea decisa nell’incontro è molto più attendista. Ricordando che la Corea del Nord rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale americana e degli alleati nell’area (Corea del Sud e Giappone sono tra i principali partner tout court dell’America) e che il presidente Donald Trump appena entrato in carica ha ordinato un’immediata revisione della strategia adottata finora, hanno detto che l’approccio che Washington terrà d’ora in avanti “mira a fare pressione affinché la Corea del nord smantelli i suoi missili balistici e i programmi di proliferazione nucleare, inasprendo le sanzioni economiche e perseguendo le misure diplomatiche con i nostri alleati e partner regionali”.

AVANTI PIANO, QUASI INDIETRO

Che cosa c’è di diverso dalla iper critica “pazienza strategica”, come viene chiamato l’approccio tenuto negli anni passati dall’amministrazione Obama, che mirava a fiaccare le pretese nordcoreane con l’isolamento a colpi di sanzioni? Niente, se non una narrazione da “iperbole veritiera” (come diceva il presidente nel suo libro più famoso, “The art of deal”), spinta con qualche spostamento di mezzi militari mandati nell’area a fare pressione psicologica sotto forma di esercitazioni congiunte con gli alleati. L’esempio: la “USS Vinson”, portaerei che ha rappresentato la forza di deterrenza messa in campo da Washington per alcune settimane, finché non si è scoperto che in realtà si trovava a migliaia di miglia nautiche dalla Corea del Nord (ora i sui caccia fanno simulazioni di attacchi insieme alla marina giapponese) e gli annunci attorno allo schieramento del suo gruppo da battaglia erano stati frutto di un’incomprensione per cui l’ammiraglio che comanda il Pacific Command del Pentagono, Harry Harris, mercoledì, s’è preso la completa responsabilità durante un’audizione alla Commissione Forze armate della Camera.

MOSCA E PECHINO NERVOSI

“Restiamo aperti a negoziati” per raggiungere l’obiettivo di denuclearizzare la Penisola coreana, si chiude così il comunicato di mercoledì, con una chiosa sull’impegno americana nel difendere i propri amici. Martedì 25 aprile, mentre i nordcoreani festeggiavano l’85esimo anniversario della nascita delle forze armate con una salva infinita di colpi di artiglieria (minaccia critica per il Sud tanto quanto le bombe atomiche), erano sbarcati in Corea del Sud da un grande cargo militare americano i camion del sistema anti missilistico Thaad, che sarà posizionato su un campo da golf nella regione Seongju (non c’è nesso, ovviamente, ma fa sorridere il luogo della disposizione pensando al grande interesse e hobby di Trump). Lo schieramento che proteggerà Seul dal pericolo potenziale rappresentato da alcuni pezzi dell’arsenale missilistico di Pyongyang, è stato fortemente critica da Pechino e da Mosca, che lo ritengono improprio e foriero di destabilizzazione militare per la regione. Anche lo schieramento del Thaas sul suolo sudcoreano era stato pensato dall’amministrazione Obama.

LA LEVA CON LA CINA

Trump è da tempo convinto che usare la Corea del Nord come leva per smuovere la Cina sia una strategia buona, che permetterà all’America di riequilibrare la minaccia commerciale con Pechino – che è il vero obiettivo statunitense. La linea sui cinesi è piuttosto cambiata però: dalle dichiarazioni che dipingevano Pechino come la sanguisuga che aveva prosciugato l’economia americana, si è passato agli incontri ufficiali e la decisione di avviare un negoziato di tre mesi per cercare di risolvere i problemi commerciali (analisi: obiettivo impossibile). Il presidente americano aveva più volte detto che la Cina gestiva la Corea del Nord (in parte è vero) e che teneva in piedi quel bubbone per ragioni strategiche e lo avrebbe potuto bloccare facilmente in qualsiasi momento. Ma poi, dopo i contatti diretti con l’omologo Xi Jinping di questo ultimo mese, è tornato indietro sostenendo che dopo “una spiegazione di dieci minuti” del cinese aveva capito che la questione è molto complicata anche per Pechino, che comunque stava collaborando con gli Stati Uniti e non era più da bollare come un manipolatore di moneta, cambiando anche un’altra linea sostenuta per mesi durante la campagna elettorale.

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