Mercoledì dal podio della briefing room della Casa Bianca il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, e il consigliere economico del presidente Donald Trump, Gary Cohn, come annunciato da giorni, hanno esposto le linee guida della riforma fiscale studiata dalla nuova amministrazione americana.
TORNEREMO CON PIÙ DETTAGLI
Per il momento “il più grande taglio fiscale della storia”, come è stato definito dal Prez, resterà un’idea programmatica su cui lavorare con il Congresso, che dovrà approvare l’intero piano, e forse anche per questo momentaneamente i mercati si sono mossi pigramente. Lo stesso Cohn, che dei due notabili trumpiani è stato il più assertivo – il consigliere, registrato alle liste elettorali tra i Democratici, ha preso un ruolo centrale sulle politiche economiche anche perché è, per così dire, un uomo dei moderati centristi newyorkesi guidati da Ivanka contro i falchi di Stephen Bannon – ha spiegato che “torneremo qui con dettagli più specifici” in futuro.
I DUE GRANDI PUNTI
Per il momento sono chiari i due pilastri, uno per le persone fisiche, uno sul reddito delle imprese. Primo, gli scaglioni del prelievo tributario passeranno da sette a tre, il tasso maggiore del 39,6 per cento sarà ridotto al 35, e poi uno al 20 e un altro al 10 per cento. Secondo, la corporate tax, la tassa sulle imprese, segata dal 35 al 15 per cento. La prima proposta dovrebbe facilitare le famiglie del ceto medio-basso, e si accompagna a una specie di no-tax area sui primi ventiquattro mila dollari dei redditi famigliari, un occhio ai gettiti più indigenti dunque, mantenendo in piedi le deduzioni più importanti come quella sui mutui (altre saranno invece tagliate come semplificazione, per dirla all’italiana). L’abbassamento delle tasse sulle aziende ha invece come obiettivo le imprese più piccole e allo stesso tempo, dato che si accompagnerà a una specie di scudo fiscale (sempre per dirlo con termini noti) che mira a far rientrare i capitali spostati in paesi con tassazioni più basse. Per il momento non è chiaro quale sarà la tassazione imposta sul ritorno di questi capitali, e soprattutto quali saranno i range della fasce di reddito da accoppiare alle nuove aliquote.
LA COPERTURA
Come racimolare i soldi necessari per sostenere la manovra, mentre i congressisti sono all’erta per ogni singolo aumento del budget (in votazione venerdì), considerando che si è già stimato che il taglio fiscale produrrà un deficit di oltre 200 miliardi di dollari? Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia, ha spiegato al Corriere della Sera quello che Mnuchin sostiene da qualche tempo: la riduzione delle tassazioni creerà un aumento di ricchezza, che comporterà una crescita economica, che produrrà a sua volta maggior gettito da tassare. Per il segretario la riforma si porterà dietro una crescita sopra al 3 per cento costante.
LA CURVA
Si chiama curva di Laffer (studiata negli anni Settanta dall’economista Arthur Laffer), di cui, dice l’accademico italiano, sono un “fan”. L’ex ministro, che non ha mai nascosto il proprio apprezzamento per Trump (era tra i pochi italiani, se non l’unico, invitati ufficialmente all’Inauguration), ritiene che la riforma economica così come delineata avrà anche l’effetto di far rientrare in America la produzione industriale. Un’aliquota al 15 potrebbe significare che spostare le produzioni all’estero o spostare soldi in paradisi fiscali avrà un costo simile a quello richiesto dal fisco americano, con maggiori rischi rispetto a restare negli Usa. E questo è assolutamente in linea con i mantra da campagne elettorale, i vari “Make America Great Again” o “America First”, rincalzati dagli slogan del recente executive order “Buy American, Hire American”. Comprare americano, assumendo americani, grazie a una spinta fiscale che dovrebbe permettere alle aziende di tornare a produrre negli Stati Uniti e da questo fare l’America di nuovo grande, pensando per primo agli americani. Chiuso il giro, si attendono le reazioni dei partiti e gli aggiustamenti per far piacere il pacchetto ai congressisti.