“A mio avviso alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga. Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante, si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi”. Parola del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, espresse ieri ad Agorà su Raitre.
COSA HA DETTO A REPUBBLICA
Oggi Zuccaro è tornato a parlare del tema in una intervista al quotidiano la Repubblica: “Da magistrato, ho il preciso do vere di denunciare un gravissimo fenomeno, criminale, per arginare il quale la politica deve intervenire tempestivamente. Se si dovessero aspettare i tempi lunghi di un’indagine che sarà complessa e per la quale ho bisogno di uomini e mezzi di cui al momento non dispongo, sarebbe troppo tardi”. Ma lei le ha le prove dei comportamenti poco trasparenti di cui accusa le Ong?, chiede il giornalista di Repubblica. Risponde Zuccaro: «Spero di chiarire una volta per tutte. Quando io parlo di prove intendo prove giudiziarie, da poter portare in un dibattimento. Queste prove non le ho ma la certezza, che mi viene da fonti di conoscenza reale ma non utilizzabile processualmente, che alcune delle navi operano all’interno delle acque territoriali, che vi siano state delle conversazioni dirette, in lingua araba, tra soggetti che stanno sulla terraferma in Libia ed esponenti delle Ong che dichiarano di essere lì pronti a recuperare i migranti, che le navi spengono i trasponder perché non venga individuata la loro posizione, che prendano a bordo migliaia di persone ben prima che si verifichi una situazione di pericolo. E dunque fuori dalle norme di legge».
LA QUESTIONE DEI SOLDI
Lei ha detto una cosa gravissima, nota il giornalista di Repubblica: che alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e che addirittura avrebbero come fine di destabilizzare l’economia italiana. Ha le prove? «È un’ipotesi di lavoro – risponde Zuccaro – Dimmi chi ti finanzia e ti dirò chi sei. Dai bilanci delle Ong che abbiamo acquisito è evidente che abbiano una disponibilità finanziaria enorme. Ora, se è giustificato che organizzazioni di comprovata solidità come Msf o Save the children possano contare su questa disponibilità, lo è molto di meno per altre. Stiamo lavorando per sapere chi sono questi finanziatori, se oltre quelli dichiarati ce ne sono altri e da dove provengono questi soldi. Che un’organizzazione come Moas possa spendere 400mila euro al mese è un dato che merita un approfondimento».
ESTRATTO DELL’AUDIZIONE PARLAMENTARE
Su Moas e su altro, Zuccaro aveva parlato nel corso di un’audizione in Parlamento il 22 marzo scorso nell’ambito di un’indagine conoscitiva avviata dal Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione. Ecco i passi salienti dell’audizione di Zuccaro come emerge dalla bozza non corretta del resoconto stenografico:
A partire dal settembre-ottobre del 2016, abbiamo invece registrato un improvviso proliferare di unità navali di queste ONG, che hanno fatto il lavoro che prima gli organizzatori svolgevano, cioè quello di accompagnare fino al nostro territorio i barconi dei migranti.
Abbiamo registrato la presenza, nei momenti di maggiore picco, nelle acque internazionali di 13 assetti navali, come lei, presidente, ricordava. Ci siamo voluti interrogare, cercando di essere attenti all’evoluzione del fenomeno, sulla strategia migliore per poterlo contrastare, cercando di capire perché mai vi fosse stato un proliferare così intenso di queste unità navali. Soprattutto, abbiamo cercato di capire come si potessero affrontare costi così elevati senza disporre di un ritorno in termini di profitto economico.
Quello che è emerso dagli esiti della prima indagine conoscitiva che abbiamo fatto è che il Paese europeo che ha dato vita alla maggior parte di queste ONG è la Germania, alla quale fanno capo ben 5 di queste ONG: SOS Méditerranée, Sea Watch Foundation, Sea-Eye, Lifeboat, Jugend Rettet.
Sono ben sei navi presenti, perché SOS Méditerranée può contare su una nave, Aquarius, che batte bandiera di Gibilterra, una nave guardapesca; Sea Watch Foundation ha due unità navali, una che batte bandiera neozelandese e l’altra che batte bandiera olandese; Sea-Eye può contare su un’unità che batte bandiera olandese; Lifeboat su un’unità che batte bandiera tedesca; l’ultima, Jugend Rettet, su un peschereccio che batte anch’esso bandiera olandese.
Per quello che abbiamo potuto ricavare dai primi accertamenti, i costi mensili o giornalieri che affrontano queste ONG sono effettivamente elevati.
Per quanto riguarda, per esempio, Aquarius, la nave di SOS Méditerranée, ci risulta che ammonta a circa 11.000 euro al giorno il costo di gestione della missione. Per quanto riguarda, per esempio, il peschereccio Jugend, i costi mensili ammontano invece su base mensile a circa 40.000 euro.
Per quanto riguarda la ONG MOAS, fondata nel 2013, che ha sede a Malta, abbiamo due unità: la Phoenix, che batte bandiera del Belize; la Topaz Responder, che batte bandiera delle isole Marshall. Sono certamente sospetti anche i Paesi che danno bandiera a questi assetti navali.
I costi mensili che si affrontano, compresi i soli costi di spedizione di noleggio di due droni – hanno anche dei droni ad alta tecnologia, dati in noleggio dalla Schiebel, un’azienda austriaca che produce questi apparecchi sofisticati, che svolgono attività di ricognizione, e quindi sono in grado di individuare in alto mare, ma a volte anche in territorio libico, i barconi che si trovano in acqua – ammontano a circa 400.000 euro. In questi costi non sono compresi, ovviamente, quelli per l’acquisto delle navi… Sto parlando dei costi mensili dell’ONG MOAS. Questi sono dati piuttosto approssimativi, ma che hanno un’approssimazione abbastanza affidabile.
Dicevo che cinque sono le ONG tedesche. Non voglio considerare Medici senza frontiere, che opera con due unità (la Bourbon Argos e Dignity I), e Save the Children, che opera con un’unità. Le altre sono due navi di una ONG spagnola, che prima si occupava anche di salvare i migranti siriani che tentavano di raggiungere l’isola greca di Lesbo partendo dalla Turchia. Adesso, operano tranquillamente nel Mediterraneo. La loro unità navale batte bandiera panamense. Una è di Malta. Non abbiamo, quindi, trovato ONG, né ci aspettavamo di trovarne, di nazionalità non europee. Non ci aspettavamo di trovarne, perché sarebbe stato ingenuo pensare che questo potesse avvenire.
Queste unità navali, vi dicevo, a volte operano all’interno del territorio libico. In ogni caso, quasi sempre operano in acque internazionali, proprio nell’immediato confine del territorio libico. Se volete dei dati che vi diano un’idea del fenomeno, nel corso del 2016 – tenete conto che queste ONG hanno cominciato a operare in maniera così numerosa soltanto a partire dal mese di settembre-ottobre – circa il 30 per cento dei salvataggi i cui migranti siano poi approdati nel distretto catanese era da riferire a salvataggi effettuati dalle ONG. Questo 30 per cento si è prodotto soltanto negli ultimi quattro mesi del 2016. Nel corso del 2017, in cui c’è un proliferare di sbarchi veramente incredibile, abbiamo almeno il 50 per cento dei salvataggi effettuato da queste ONG.
Parallelamente a questo, registriamo un dato che ovviamente ci desta molta preoccupazione: i morti in mare nel corso del 2016 e del 2017 – parlo solo di dati ufficiali – hanno raggiunto un numero elevatissimo. Nel corso del 2016, mi risulta che oltre 5.000 persone, dati ufficiali, sarebbero morte in mare nel tentativo di entrare in Europa. Per quanto riguarda il nostro distretto, quello catanese, abbiamo più di 2.000 morti nel triennio 2013-2015, e questo numero di morti non accenna a diminuire. Vi ho detto che nel 2016 siamo arrivati a quella cifra.
Questo mi induce a ritenere che la presenza di queste organizzazioni, a prescindere dagli intenti per cui operano, non ha attenuato purtroppo il numero delle tragedie in mare. Sono convinto che i dati ufficiali di questi morti rispecchino soltanto in maniera molto approssimativa il dato effettivo delle tragedie che si verificano in alto mare.
Noi stiamo constatando che, effettivamente, i barconi su cui questi migranti vengono fatti salire sono sempre più inadeguati al loro scopo, sempre più inidonei. Le persone che si pongono alla guida di questi barconi sono sempre più inidonee. Ormai, non sono più appartenenti, sia pure a livello basso, all’organizzazione del traffico. Stiamo parlando di persone che vengono scelte all’ultimo momento tra gli stessi migranti, a cui viene data in mano una bussola, quando viene loro data, un telefono satellitare, quando viene loro dato, e si dice loro di seguire una determinata rotta, che tanto prima o poi è certo che – è quello che viene detto a loro – li soccorrerà una ONG.
Io sono convinto che, per quanto possano essere numerose quelle ONG, non riescano a coprire tutto l’intenso traffico che sta avvenendo in questo momento, dalle coste della Libia in particolare, il mio osservatorio principale.
Resta il fatto che coloro che hanno la fortuna di salire su queste unità navali affrontano il viaggio in condizioni certamente ottimali. Proprio ieri, sono sbarcati da noi, a Catania, circa 1000 migranti, che sono stati tratti in salvo dalla SOS Méditerranée: nel corso del viaggio, una delle migranti è riuscita a partorire felicemente un bimbo, quindi non c’è dubbio che quelli che riescono a essere salvati affrontano il viaggio in condizioni ottimali. Tuttavia, vi sono tutti gli altri, le cui speranze vengono alimentate dal fatto di poter contare sul salvataggio, che poi molte volte non si realizza.
Che cosa comporta questo per quanto riguarda la nostra attività giudiziaria? I cosiddetti facilitatori, cioè le imbarcazioni che accompagnavano nei primi tratti delle acque internazionali questi barconi di migranti, oggi ci possiamo dimenticare di poterli identificare. Neanche ai facilitatori, quindi neanche a questo livello medio basso dell’organizzazione del traffico, riusciamo più ad arrivare, perché queste ONG indubbiamente hanno fatto venir meno quest’esigenza.
In un solo caso siamo riusciti, di recente, a individuare e trarre in arresto dei facilitatori, perché si è verificato un evento del tutto atipico: una clientela un po’ particolare, un po’ privilegiata, di siriani, molti dei quali, come sapete, dispongono di risorse economiche maggiori, era riuscita a ottenere un trasporto in condizioni migliori su un barcone che non ospitava un numero trasbordante di migranti.
In quel caso, a quel barcone si affiancava – avendo pagato una certa cifra ed essendo una committenza un po’ particolare, potevano pretendere un po’ di più da questi organizzatori del traffico – un’unità navale di facilitatori. Il motore di quest’unità navale va in avaria e non si riesce a muovere. I migranti riescono a ottenere di non allontanarsi, come pure avrebbero potuto fare chiedendo aiuto agli altri organizzatori che navigavano lì vicino, perché appunto comunque sarebbero stati in difficoltà qualora non fossero stati accanto a loro, vicini, quelli che erano in grado di fornire loro indicazioni sulla rotta.
Questo ha consentito a una nostra unità della missione EUNVAFOR MED di intervenire e di trarli in arresto. Se, però, non si fosse verificato questo caso del tutto atipico con una committenza del tutto particolare, non l’avremmo potuto più fare, e infatti non riusciamo più a individuare neanche i cosiddetti facilitatori.
Quelli che riusciamo a prendere sono soltanto gli scafisti, ma l’indicazione che ho fornito, ovviamente dopo una consultazione con il gruppo di lavoro specializzato e avendo preso atto che coloro che si trovano alla guida erano né più né meno che migranti individuati a caso, è stata che non si doveva più richiedere alcuna misura cautelare nei loro confronti. La gravità della condotta loro ascrivibile sicuramente non era tale da giustificare questa misura, essendo da considerare migranti a tutti gli effetti, come gli alti, soltanto individuati per porsi al timone. In questo momento, quindi, registriamo una sorta di scacco che la presenza di queste ONG provoca nell’attività di contrasto al fenomeno degli organizzatori del traffico.
Sostanzialmente, questo è il dato oggettivo che vi rappresento. Che cosa si propone di fare il nostro ufficio? Non siamo abituati, infatti, a registrare un fenomeno senza cercare di individuare possibili strategie di contrasto.
Noi riteniamo ci si debba porre il problema di capire da dove provenga il denaro che alimenta, che finanzia questi costi elevati. Da questo punto di vista, la successiva fase della nostra indagine conoscitiva sarà quella di capire quali sono i canali di finanziamento.
Certo, ci rendiamo conto che la circostanza per cui alcune di queste ONG possono contare anche sulla donazione del 5 per mille detraibile fiscalmente anche in Italia, oltre che in altri Paesi, rende più difficile individuare in tutti i modi tutte le forme di finanziamento possibili. Ci rendiamo conto che il fatto che alcune di queste unità battano bandiera di Paesi non propriamente in prima fila per la collaborazione con le autorità giudiziarie, ci renderà più difficile questo compito.
Tuttavia, credo che questo compito debba essere svolto. La procura di Catania lo farà – ovviamente, abbiamo una sfera di competenza ben limitata – in relazione a quelle ONG che porteranno dei migranti del nostro distretto. Non ci potremo certamente estendere ad altri distretti.
L’altra cosa che vogliamo cercare di capire è se da parte di queste ONG vi è comunque quella doverosa collaborazione che si deve prestare alle autorità di polizia e alle autorità giudiziarie al momento in cui si pongono in contatto con l’autorità giudiziaria italiana.
Come lei ricordava, presidente, già il fatto che venga disattesa l’applicazione della Convenzione di Ginevra e delle altre convenzioni internazionali che prevedono il soccorso in alto mare nella misura in cui non si approda nel porto più vicino, ma in quello che costituisce la meta intermedia agognata, quantomeno dei migranti, e cioè l’Italia, e la Sicilia in particolare, indubbiamente è un’anomalia che va registrata.
Se poi, come purtroppo registriamo in alcuni casi, questo scambio informativo, che io giudico assolutamente doveroso, non si realizza, e cioè non ci danno indicazioni su che cosa hanno potuto vedere in quel momento, se si rifiuta qualunque forma di collaborazione, questo è un punto che, laddove documentato, come non è sempre facile, darà luogo da parte del nostro ufficio a iniziative giudiziarie calibrate sul tipo di rifiuto, di non collaborazione che dobbiamo registrare. Allo stato, mi sento di dire questo per quanto riguarda la nostra indagine conoscitiva sulle ONG.