La rottamazione ultra renziana andata a segno nella direzione Pd potrebbe avere una ricaduta indiretta negativa per Maria Elena Boschi? La domanda che circola a Largo del Nazareno, sede del Pd, in ambienti parlamentari e governativi diventa un’affermazione: senza punto interrogativo ma con il punto esclamativo.
Tutto si tiene, dunque: la composizione renzianissima della nuova direzione nazionale del Partito democratico e la posizione del sottosegretario alla presidenza in bilico dopo la notizia contenuta nel libro di Ferruccio de Bortoli in uscita l’11 maggio. L’ex direttore del Corriere della Sera ha scritto: “Maria Elena Boschi nel 2015 non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria”. L’ex ministro e attuale sottosegretario a Palazzo Chigi ha smentito e annunciato querela: “Ho incontrato Ghizzoni come tante altre personalità del mondo economico e del lavoro, ma non ho mai avanzato una richiesta di questo genere. Sfido chiunque e ovunque a dimostrare il contrario”.
Il caso Boschi sta già contribuendo, comunque, a peggiorare i rapporti fra le varie correnti all’interno del Pd. I gentiloniani sono stati silurati, si sente dire in queste ore nei corridoi del Transatlantico. Sarà vero? In qualche cronaca politica degli scorsi giorni dopo la composizione della direzione Pd, come ad esempio in un articolo del Corriere della Sera a firma Monica Guerzoni, ci sono passi significativi. Il mondo cattodem che guarda al ministro Graziano Delrio, renziano non troppo osservante del rito ultrarenziano ma gentiloniano de facto, risulta “disperso”. Non solo: “Beppe Fioroni ha lasciato spazio a Enrico Gasbarra, ma che fine hanno fatto tanti cattolici ex popolari?”, si è chiesto il Corriere della Sera. E ancora: “Spariscono le seggiole per gli amici romani del premier, Lorenza Bonaccorsi ed Ermete Realacci. E se l’anima ex Margherita è stata fortemente ridimensionata”.
Peraltro Realacci, alla vigilia della direzione Pd, in una intervista al Quotidiano Nazionale, parlando a nome di Gentiloni, aveva detto: “Il pensiero del premier: se cado, ci rimette Matteo”. E nell’intervista, sulla questione del testo controverso della norma sulla legittima difesa, Realacci ha difeso rispondendo indirettamente ai rilievi renziani: “E’ un pasticcio di natura parlamentare”, ha tagliato corto il gentiloniano Realacci. Un’intervista che non è stata accolta con entusiasmo (eufemismo) del segretario Pd. Solo un caso che Realacci sia stato depennato qualche ora dopo dalla lista dei componenti la direzione del partito? Chissà.
Sta di fatto che ora, con un caso Boschi sempre più delicato, c’è chi scommette in Parlamento e in qualche ministero che l’esecutivo e il premier non si stringeranno troppo frettolosamente e troppo calorosamente a difesa del sottosegretario alla presidenza. Si vedrà.