Tutti d’accordo – da Gaetano Quagliariello a Matteo Salvini, passando per Raffaele Fitto, Giovanni Toti, Altero Matteoli, Giorgia Meloni e pure per il leader del Family Day Massimo Gandolfini – sulla necessità di riunire il centrodestra per cercare di arrivare al governo del Paese. Tutti d’accordo, tranne uno però. Peraltro, forse il più importante di tutti, che ancora non è chiaro come la pensi davvero: a parole anche lui dello stesso avviso, ma nei fatti – e anche nelle voci che continuano a circolare con insistenza in Parlamento – ancora incerto, almeno apparentemente, sul da farsi.
È stato Silvio Berlusconi il convitato di pietra del dibattito organizzato ieri a Roma dalla fondazione Magna Carta di Quagliariello e dalla fondazione della Libertà di Matteoli. “L’oste che prepara il tavolo e che alla fine paga il conto“, per dirla con l’espressione utilizzata dal moderatore, il giornalista del Corriere della Sera Tommaso Labate. Perché, inevitabilmente, ogni progetto di riunificazione non potrà che passare dall’avallo e dalla partecipazione del Cavaliere – l’unico che in questi oltre venti anni abbia dimostrato di saper tenere unito il centrodestra – alla guida, inoltre, del partito che in base ai sondaggi macina più consensi di tutti: Forza Italia.
Una sensazione che anche i partecipanti all’iniziativa di ieri hanno dato l’impressione di condividere. Nel senso che sui temi concreti – nello specifico si parlava di immigrazione e sicurezza – hanno sottolineato di vederla più o meno allo stesso modo (pure dando prova di un notevole sforzo di sintesi), mentre sulle mosse più politiche non hanno mancato di rilevare alcune questioni innegabili. Che si riferiscono alla discussione in merito alla legge elettorale, in questa fase il vero nodo da sciogliere per capire come si riorganizzeranno le forze politiche e, dunque, che fine faranno i propositi di rilanciare un centrodestra unito.
Il primo a rompere l’idillio è stato Salvini, in queste settimane alle prese con il congresso della Lega e con un’opposizione interna tornata battagliera (come conferma questa intervista di oggi di Roberto Maroni al Corriere). Il leader del Carroccio ha cercato di sottolineare soprattutto gli elementi di vicinanza e ha pure affermato – in modo abbastanza inedito per lui – “di essere pronto a cambiare idea“. Poi, però, sulla legge elettorale ha affondato il colpo: “Non si può tifare per il centrodestra unito ma essere a favore del proporzionale e contro il maggioritario. Con quest’ultimo l’alleanza si dovrebbe fare prima, mentre con il primo dopo. Ma solo eventualmente“. Come a mettere in guardia dalla possibilità che, con il proporzionale, qualcuno – e cioè, appunto, Berlusconi – possa essere tentato dall’ipotesi di stringere alleanze diverse, che non abbiano nulla a che vedere con il centrodestra.
Il riferimento, ovviamente, è alla voce di un nuovo possibile patto del Nazareno, che il Cavaliere ha comunque smentito con forza nella sua intervista di oggi a Panorama. Forza Italia rimane, però, contraria – almeno così pare di capire – a una legge maggioritaria che favorisca la creazione di coalizioni prima delle elezioni. Una posizione che alimenta le incognite, come ha sottolineato pure il leader di Direzione Italia Fitto, il quale strappò con Berlusconi perché contrario all’accordo all’epoca siglato con Matteo Renzi. “Occorre una legge elettorale che ci tenga insieme“, ha sottolineato l’ex governatore della Puglia. “Il proporzionale” – ha continuato – “premia le posizioni individuali e mette fortemente a rischio l’alleanza. Passa anche dal maggioritario la possibilità di tenere unito il centrodestra“.
Dubbi che hanno interrogato soprattutto i due esponenti di Forza Italia presenti al dibattito: il governatore ligure Toti e l’ex ministro delle Infrastrutture Matteoli. “Qualsiasi sia la legge elettorale, facciamo un partito unico con un solo simbolo: un contenitore largo che abbia al suo interno diverse sensibilità“, ha risposto l’ex direttore del Tg4 verso il quale, però, Berlusconi nell’intervista ha speso parole non univoche: “E’ un prezioso collaboratore con il quale non sono sembro d’accordo ma per il quale ho profondo affetto“. Quasi a ribadire che, al di là del rapporto personale, la decisione finale la prenderà lui. E non è ancora chiaro quale sarà. Di sicuro – ha commentato Matteoli – “se Forza Italia dovesse decidere di andare al governo con Renzi e il Pd, dovrebbe fare a meno del mio voto“.
Il timore è sempre quello – c’è poco da fare – nonostante gli forzi di trovare una sintesi possibile, anche ieri ben visibili sul palco. Non solo sull’immigrazione e la sicurezza – dove, oggettivamente, c’è una maggiore convergenza – ma anche sull’Europa, il tema divisivo per eccellenza che ieri è stato significativamente sfiorato. Meloni – che ne ha parlato più nel dettaglio – si è guardata bene dall’ipotizzare l’addio all’Unione e ha sottolineato come la sua ambizione di fondo “sia il pieno riconoscimento del ruolo fondamentale spettante all’Italia“. Obiettivo rispetto al quale l’idea di abbandonare l’euro – a volte cavalcata e a volte sottaciuta dai sovranisti del nostro Paese – appare più come una minaccia da sventolare a Bruxelles: “Se usciamo noi, l’Euro crolla. Questo ci darà un po’ di potere contrattuale”. Da utilizzare, poi, soprattutto per fronteggiare meglio l’emergenza migranti. “Una sintesi a metà strada tra sovranismo e popolarismo per riunire il centrodestra è possibile“, ha rincarato la leader di Fratelli d’Italia. Che poi ha aggiunto: “Ci dicano tutti se la vogliono oppure se preferiscono l’inciucione con la sinistra“.
Chi vivrà, vedrà. Nel frattempo meglio concentrarsi sui temi concreti e sugli elementi condivisi, come sta cercando di fare in questa fase Quagliariello, intento a cucire la tela di questo possibile accordo. “Non saranno le etichette a fermarci, in questo momento storico non esiste un motivo per cui il centrodestra debba continuare a rimanere diviso“, ha dichiarato il fondatore del movimento IDEA. Che sul palco, a un certo punto, ha chiamato anche il leader del Family Day Gandolfini, autore di un vero e proprio appello: “Per favore, è fondamentale che vi mettiate insieme per difendere la famiglia naturale. Questo è ciò che vuole il nostro popolo, alla ricerca di una rappresentanza che non può essere né quella del M5s, né tantomeno quella del Pd“. Forse il suo invito sarà accolto. Berlusconi permettendo.