Negli ultimi giorni sono usciti sulla stampa due scoop dalla portata enorme, che per l’amministrazione Trump potrebbero avere conseguenze tremende (per usare un aggettivo caro al presidente).
LE DUE BOMBE CONTRO TRUMP
Primo: Donald Trump durante un incontro nello Studio Ovale ha condiviso con il ministro degli Esteri russo e con l’ambasciatore di Mosca negli Stati Uniti alcune informazioni di intelligence altamente riservate. Quelle info, di cui la stragrande maggioranza dei funzionari di intelligence americani non erano a conoscenza, erano state raccolte da Israele e riguardavano piani terroristici dello Stato islamico. Israele, per la sensibilità dell’attività svolta, aveva chiesto massimo riserbo agli americani. Secondo: Trump avrebbe chiesto all’ex capo dell’Fbi James Comey di interrompere le indagini che riguardavano Michael Flynn, ex consigliere dimissionario per la Sicurezza nazionale (e amico personale di Trump). Questa seconda vicenda è molto importante perché si inquadra nell’enorme dossier che va sotto il nome di Russiagate, quello sulle potenziali collusioni tra uomini di Trump e piano di interferenza russo sulle presidenziali: Comey è stato licenziato da Trump una settimana fa e in molti credono che c’entri l’inchiesta che la sua agenzia sta conducendo, inchiesta di cui Flynn è anche parte centrale, visto che potrebbe essere stato uno dei pontieri di quelle collusioni (l’Fbi lo indaga anche per altre cose in un fascicolo separato).
LA REAZIONE POLITICA
La reazione politica davanti alla situazione è stata forte. I democratici sono ovviamente sul piede di guerra, e chiedono che una trascrizione dell’incontro con i russi venga trasmessa al Senato per essere valutata, così come tutti memo appuntati da Comey (che non sono oggetto di secretazione, ma il direttore aveva fatto in modo di tenerli riservati). L’idea della trasparenza è però sposata in pieno anche da diversi congressisti repubblicani. Per esempio, la Commissione per la Supervisione della Camera ha già chiesto ufficialmente i documenti di Comey per un esame. Se si pensa che come tutti i Committee del Congresso anche quello sull’Oversight è guidato da un repubblicano, ed è stato già criticato per la morbidezza con cui ha affrontato il dossier Russiagate, la repentina richiesta di approfondimenti – formalmente presentata con una lettera inviata al direttore reggente dell’Fbi firmata dal presidente della commissione – è una notizia in sé, che spiega la dimensione della vicenda. Se i memo proveranno che Trump ha cercato di ostacolare un’indagine che, in largo, coinvolge la sua elezione, potrebbe innescarsi anche la richiesta di impeachment; con un precedente importante: Richard Nixon, per cui il primo elemento d’accusa era stato aver ostruito l’indagine contro di sé e i suoi uomini entrati nella sede del Partito Democratico.
COME FUNZIONA L’IMPEACHMENT
Quanto è reale questa possibilità? Al momento pochissimo. Tutti gli analisti concordano nel dire che siamo piuttosto distanti dall’innescarsi del processo di impeachment, che, spiegato, è la messa in stato di accusa formale di un presidente, per portarlo alla destituzione (l’unico modo per sostituire un presidente americano, dopo la morte o le dimissioni spontanee). Ma democratici stanno cavalcando la “i-word“, come la chiamano in America perché anche solo pronunciarla dà dimensioni di una situazione gravissima; lo fanno anche per fare politica in vista delle prossime elezioni. Step-back: come funziona l’impeachment? “Il processo di impeachment comincia dalla Camera – scrive Francesco Costa nella sua newsletter settimanale – Un deputato presenta una lista di accuse contro il presidente alla commissione Giustizia. La commissione Giustizia si riunisce, discute e con un voto a maggioranza semplice decide se prendere in considerazione la richiesta. Se la richiesta viene accolta, viene sottoposta al voto dell’aula intera. Se anche l’aula intera approva la richiesta, sempre con un voto a maggioranza semplice, il presidente viene messo formalmente sotto impeachment. Nella storia americana è successo solo a Andrew Johnson e Bill Clinton. A quel punto la palla passa al Senato”.
COMMENTI E OPINIONI
È veramente molto difficile che il Congresso, che è guidato dai repubblicani in entrambe le ali, possa avallare anche soltanto la possibilità di innesco, ha spiegato Peter Stevenson su “The Fix”, la sezione di analisi politica del Washington Post, e soprattutto, nessun presidente è stato mai rimosso in questo modo. Il Washington Post ha raccolto il parere di diversi esperti legali, che hanno tutti suggerito che l’ostruzione della giustizia potrebbe essere una questione da impeachment. Jack Welch, ex Ceo della General Electric, ha già fatto il realistico passo ulteriore: durante il programma della CNBC “Squawk Box” ha detto che un eventuale impeachment di Trump schiaccerebbe il mercato azionario, che invece in questi mesi ha raggiunto i record storici. Il sito di approfondimenti sulla sicurezza nazionale Lawfare aggiunge un dettaglio invece sulla questione delle informazioni spifferate ai russi: “Il presidente Trump ha giurato ‘solennemente di adempiere con fedeltà all’ufficio di presidente degli Stati Uniti’ e di ‘preservare, proteggere e difendere la Costituzione al meglio delle mie capacità’. È molto difficile sostenere che regalare informazioni altamente riservate a una potenza straniera rivale sia adempiere con fedeltà all’ufficio di presidente degli Stati Uniti. Violare il giuramento non richiede commettere reati”.