Fonti militari sudcoreane hanno detto all’agenzia Yonhap che la Corea del Nord ha effettuato un altro test missilistico. Giappone e Stati Uniti hanno confermato. Il razzo è partito da Punkchang e ha volato per 500km ed è caduto nel Mar del Giappone.
È la seconda volta in una settimana che Pyongyang decide di violare il protocollo ONU (la decima quest’anno) e di non ascoltare i continui moniti internazionali, arrivati anche dalla Cina, che è — a ragione — considerata lo scudo diplomatico globale nordcoreano.
Pochi giorni fa si provava a delineare questo scenario: l’idea per leggere l’estremo interesse che l’amministrazione Trump ha rivolto alla questione era considerarla come un compito in classe per i rapporti con la Cina. Poi ne sono successe di ogni attorno alla Casa Bianca — vicende politiche scottanti, che hanno messo tutto (davvero tutto) in secondo piano.
A chiudere la settimana incredibile per Donald Trump, venerdì il presidente è partito per un corposo viaggio internazionale (Arabia Saudita, Israele, Bruxelles/Nato, G7) e ha focalizzato altri interessi — anche economici, col maxi accordo militare da decine di miliardi di dollari chiuso con i sauditi per esempio. E della Corea del Nord ci si è dimenticati: Kim, come spesso accaduto in passato, ha però trovato il modo per catalizzare ancora l’attenzione.
Invece il New York Times ha riportato il punto sul rapporto con i cinesi: il giornale ha fatto uscire sabato un super-articolo in cui racconta, attraverso fonti anonime della Cia, che nel corso degli ultimi anni (esattamente: 2010-2012) Pechino ha lavorato intensamente per eliminare (leggasi, arrestati, ma in alcuni casi anche uccisi) risorse di intelligence americane in Cina. Non è definitivamente chiaro come, ma 007 cinesi sono riusciti a bucare il network degli americani nel paese, che secondo le fonti del Nyt è in cima alle priorità della Cia.