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Vi racconto come ho stroncato Matteo Salvini sulle pensioni a Dimartedì di Floris

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Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio/ dei primi fanti il 24 maggio/ l’esercito marciava per raggiunger la frontiera/ per far contro i nemici una barriera…

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Serata di ordinaria follia in un talk show televisivo d’antan: “Dimartedì” ieri sera. La prima parte è necessariamente dedicata alla strage di Manchester. Matteo Salvini si esibisce in una delle sue solite tirate contro l’invasione dei profughi, salendo di tono quando i servizi mostrano scene di degrado urbano, di miseria nei pressi della Stazione Centrale di Milano e nelle periferie romane, e quando i suoi interlocutori sono più in imbarazzo perché i problemi esistono e sono reali (anche se non servono soluzioni approssimative e muscolari). Lo contrastano Nicola Latorre del Pd e, con efficacia, Antonio Caprarica (ho già avuto occasione di apprezzare la serietà di questo giornalista). Ovviamente, il leader della Lega tira diritto per la sua strada, anche quando gli fanno notare che i terroristi islamici,  autori delle stragi che hanno insanguinato le capitali europee, erano immigrati di seconda o di terza generazione, se non addirittura cittadini di quegli stessi Paesi.

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Poi, con un classico “volo pindarico”, Giovanni Floris passa a collegare i problemi fino a quel momento affrontati con la condizione del nostro Paese. In particolare delle pensioni. Ed ecco comparire in collegamento da Parigi Elsa Fornero, che con aria da persona redenta, spiega che la sua riforma non viene più messa in discussione da nessuno e che ora sarebbe possibile anche apportarvi qualche ritocco in termini di maggiore flessibilità. Sembra non essersi accorta che la legge di Bilancio 2017, questi ritocchi, non marginali, li ha già fatti, e che sono stati indicati dalla Commissione europea come segnali di “controtendenza”. Anche l’ex ministro porta il suo contributo al populismo dilagante lasciando intendere che si possono assumere anche misure di carattere retroattivo, nei confronti dei trattamenti liquidati con il calcolo retributivo (che sono poi, con una piccola appendice di “misto”, più del 90% di quelli vigenti). Matteo Salvini ascolta la professoressa come un toro sfidato e provocato a lungo da un drappo rosso vermiglio. Quando gli danno la parola, sciorina il suo repertorio: la Fornero ha rovinato l’Italia, ha condannato i lavoratori ad andare in pensione da vecchi dopo una vita di fatica e quant’altro. Poi inneggia al diritto di andare in quiescenza dopo 41 anni di lavoro, senza essersi reso conto che – in taluni casi – vi è già una norma (una delle più discutibili del pacchetto 2017) che prevede tale opzione. Quando viene data a me la parola, Salvini mi interrompe. Essendo in collegamento devo alzare la voce. Floris invece di  zittire Salvini se la prende con me. A quel punto mi metto ad urlare anche contro il conduttore. Finalmente riesco a fornire qualche dato – che riporto di seguito – riferito ai flussi di pensionamento Inps (settori dipendenti privati) del 2016 e dei primi tre mesi del 2017 (rilevazione del 2 aprile 2017).

Fondo pensioni lavoratori dipendenti (fpld): l’architrave del sistema pensionistico:

  • Pensioni anticipate (età media alla decorrenza 60,5 anni) 77mila contro 38mila di vecchiaia.
  • Gennaio-marzo 2017. Pensioni anticipate 22mila contro 11mila di vecchiaia (età media alla decorrenza 60,9 anni).
  • Su 100 pensioni di vecchiaia ci sono 202 pensioni di anzianità/anticipate.
  • L’importo medio mensile lordo delle pensioni anticipate, liquidate nel periodo considerato, è pari a 2.300 euro per l’anzianità e 1.200 euro per la vecchiaia.
  • Nel 2016 35mila su 77mila pensioni di anzianità sono state erogate a persone in età compresa tra 55 e 59 anni; 9mila su 22mila nel 2017.
  • 55mila pensioni di anzianità hanno un importo medio mensile lordo superiore a 1.500 euro.

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Per Floris questi dati sono la mia “opinione” e si affretta a sentire la replica di Salvini (io mi arrabbio affermando che non si tratta di una “opinione” ma di dati ufficiali). Salvini continua nelle sue divagazioni (che io definisco chiacchiere da Bar Sport della periferia lombarda). Continua un aspro confronto a distanza, con scambi di battute pesanti da ambedue le parti. Poi Floris dà la parola all’onnipresente Massimo Giannini il quale fa un discorsetto cerchiobottista. Poi è il turno dell’Erinni Emiliana Alessandrucci che accusa la riforma Fornero di aver introdotto il contributivo (da cui verranno pensioni miserabili per i giovani che lei pretende di rappresentare), dimenticando di essere iscritta alla Gestione separata presso l’Inps, che è nata nel 1996 con il calcolo contributivo incorporato.

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L’ultimo scontro tra il sottoscritto e l’energumeno della Lega avviene con riguardo alla telenovela dei giovani che non trovano lavoro perché i loro posti sono occupati dai vecchi che non possono più andare in quiescenza. Come smentita cito due ricerche empiriche: una della Bocconi ed una dell’Inapp (ex Isfol). La prima sostiene che negli anni della crisi senza la riforma Fornero sono stati 35mila i lavoratori che avrebbero potuto essere assunti; la seconda ricerca  precisa che solo il 2,2% delle aziende censite ha comunicato di aver cambiato il piano delle assunzioni dopo la famigerata riforma del 2011.

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Rincaso e trovo le gattine agitate e mia moglie già a letto intenta nella lettura del Foglio. Dice che mi vieterà di tornare a “Dimartedì” perché non ha intenzione di rimanere vedova. Quanta tenerezza!

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Sic transit gloria mundi.

 

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