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Quanto pesa l’effetto Trump sulle polemiche tra inglesi e americani per l’indagine su Manchester?

Giovedì il presidente americano Donald Trump, che si trovava a Bruxelles insieme ad altri capi di stato e governo nella sede Nato, ha detto che ordinerà al dipartimento di Giustizia di procedere con un’investigazione sulla fuga di notizie collegata all’attentato di Manchester. In questi giorni infatti c’è stata una continua diffusione di informazioni riservate, che gli inglesi avevano condiviso con gli alleati, da parte di anonimi funzionari americani che le hanno spifferate via via ai media.

Una situazione definita “seccante” da Trump e davanti a cui Londra s’era detta “irritata” — al punto che gli inglesi hanno deciso, in modo inusuale, di sospendere momentaneamente la condivisione dei dettagli che uscivano da Manchester — e che aveva messo gli Stati Uniti in imbarazzo. (Nota: Regno Unito e Stati Uniti sono membri del Five Eyes – con Canada, Australia e Nuova Zelanda –, l’organizzazione dell’anglosfera che prevede la condivisione di intelligence).

La richiesta d’indagine però non è solo la via pubblica per liberarsi dalle pressioni esterne – uscire da quell’imbarazzo – ma è anche una mossa politica per Trump. Da tempo il presidente batte sulla necessità di stringere la cinghia su tutti questi leak che escono dalle intelligence americane e che di solito hanno come obiettivo informare i media su qualche scivolone della Casa Bianca (tipo quelli che raccontavano di quando Trump confidò ai russi segreti sullo Stato islamico che un alleato gli aveva passato), oppure dare informazioni succulente su come sta procedendo l’indagine Russiagate, o altre cose compromettenti a vario titolo (anche solo d’immagine) sull’amministrazione.

Per esempio, giovedì, mentre Trump tuonava contro le gole profonde di Manchester, vari media americani raccontavano tramite le loro fonti interne che il consulente senior e attivo nella West Wing oggetto di attenzioni dell’Fbi per i rapporti con i russi, di cui in settimana aveva parlato per primo il Washington Post senza fare nomi, sarebbe il genero del presidente Jared Kushner.

Contro queste continue fughe di notizie Trump aveva chiesto al direttore dell’Fbi James Comey di indagare a fondo, e questo è forse uno dei motivi profondi per cui Comey è stato licenziato: il capo del Bureau infatti dava peso relativo alla situazione, puntando tutto sui contenuti veri dell’indagine Russia-Trump.

Ricorda Guido Olimpio, corrispondente da Washington del Corsera ed esperto di sicurezza americana, che “capita spesso che news importanti su fatti europei escano su media Usa, [per esempio] accadde per le bombe di Londra del 2005 o, altro esempio, la storia del [volo] Germanwings”. È dunque molto probabile che ad ingigantire la situazione sia uno dei vari “Trump-effect”.

Le fughe di notizie ci sono sempre state, ma con Trump sono diventate compulsive, e forse sono un modo con cui le intelligence americane voglio arrivare alla resa dei conti con quel presidente che le aveva definite “dei nazisti” poco prima dell’elezione e che snobba da sempre i briefing che le agenzie preparano per lui. La reazione sonante di Londra sarebbe stata meno esplicita se non fosse che al 1600 di Pennsylvania Ave adesso vive un uomo che potrebbe aver ricevuto una spinta vittoriosa dalla Russia e che nel corso dei suoi primi quattro mesi ha minato la propria credibilità con affermazioni strambe e sghembe smentite, colpendo per riflesso anche la credibilità internazionale americana?

 



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