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Come lievita il groviglio Russiagate intorno a Jared Kushner

Il Washington Post riporta una rivelazione rilevante che riguarda Jared Kushner, genero e potente consigliere del presidente americano Donald Trump: ai tempi in cui lavorava nel team di transizione, tra l’1 e il 2 dicembre del 2016, in un incontro con l’ambasciatore russo a Washington Sergei Kysliak alla Trump Tower di New York (dove il governo momentaneo faceva base) avrebbe chiesto di aprire un canale riservato, “segreto e sicuro” con il Cremlino. Conversazioni coperte da tenere in facilities russe a Washington, ossia edifici protetti usati dai servizi segreti di Mosca. Perché? C’era qualcosa da nascondere? Tutto ovviamente da inquadrare nell’ambito dell’inchiesta dell’Fbi, che per semplificazione giornalistica viene definita “Russiagate”, in cui i Federali indagano le ingerenze russe nelle presidenziali e eventuali collusioni con la campagna Trump.

È STATO KISLYAK A PARLARNE

Secondo le fonti interne del WaPo, che hanno confermato una lettera anonima che parlava della vicenda in mano al giornale già da dicembre, sarebbe stato lo stesso Kislyak a parlare della richiesta di Kushner con i suoi superiori (dicendo di aver rifiutato perché rischioso). Le conversazioni telefoniche dell’ambasciatore erano state intercettate dal controspionaggio come operazione di routine, ma sono finite oggetto di sbobinamento (omettendo i nomi degli americani coinvolti per la privacy) proprio per l’importanza nell’inchiesta. Alcune volte i russi, sapendo di essere controllati da Fbi e Nsa, hanno passato a Mosca informazioni alterate per creare caos, e dunque, prima di andare avanti, la contro ipotesi è: Kislyak ha bluffato? Ma: aveva interesse il Cremlino a diffondere false informazioni in un momento in cui, con la vittoria di Trump, la prospettiva era ricostruire i rapporti in modo agevolato?

ALTRI CONTATTI UNDISCLOSED

Contemporaneamente la Reuters, mentre Trump si trova ancora al G7 di Taormina dove concluderà il suo primo tour internazionale da presidente, ha aggiunto un altro pezzo a questo puzzle: sette fonti hanno rivelato che prima e dopo le elezioni Kushner ebbe almeno tre rapporti “undisclosed“, di cui non aveva ammesso l’esistenza, con l’ambasciatore russo (due ad aprile e novembre del 2016). Perché non ha voluto parlarne? Kislyak è uno dei principali attori dell’indagine: con lui era in contatto Michael Flynn, l’ex Consigliere per la Sicurezza nazionale costretto a lasciare dopo una manciata di giorni il suo ruolo proprio per aver mentito all’Fbi e al vice presidente su queste relazioni. Con lui aveva avuto rapporti anche Jeff Sessions, segretario alla Giustizia, costretto a ricusarsi dal Russiagate perché non aveva parlato di quei rapporti durante le audizioni di conferma al Senato. Flynn era presente all’incontro in cui Kushner chiese la creazione del pericoloso back-channel (pericoloso anche perché avrebbe messo Kushner in una posizione ricattabile); la Reuters la settimana scorsa aveva già detto che Flynn e Kislyak ne avevano discusso in quell’incontro alla Trump Tower.

L’INTRECCIO FAMIGLIARE

La tegola su Kushner è imbarazzante ed è tutta in una riflessione essenziale di Jacopo Iacoboni, giornalista della Stampa: “Il generale Flynn è stato costretto alle dimissioni, ma Jared Kushner può dimettersi dalla carica di genero di Trump?”. Nel corso di questi mesi di presidenza, Kushner è stato descritto come uno dei punti di bilanciamento dell’amministrazione verso la normalità: il genero-in-chief, tanto è cresciuto il suo ruolo all’interno del West Wing, rappresenta il centrismo moderato newyorkese che riporta la spinta pseudo-rivoluzionaria che ha portato Trump alla vittoria (quella dell’ideologo Steve Bannon) su un’azione di governo più classica. La first-daughter Ivanka, sua moglie e unica dei figli di Trump non solo occupa un posto alla Casa Bianca (con un ufficio suo, mentre la first-lady Melania è a New York a far finire la scuola al figlio minore Barron), ma accompagna tutte le decisioni principali del presidente.

IL GROVIGLIO DI KUSHNER

Trump s’è creato intorno un intreccio famigliare complicato. I democratici sostengono che l’unica opzione davanti a queste (e altre, vedremo) rivelazioni è il licenziamento, perché Kushner ha mentito in un SF-86, un questionario che i funzionari della Casa Bianca devono compilare sulle proprie precedenti attività. Ma non ci si dimette da genero, e il sospetto di queste controversie aleggerebbe su ogni semplice incontro o pranzo di famiglia. Martedì è uscita un’altra storia sul conto di Kushner, una sua immobiliare si sarebbe mossa in modo non limpido su un complesso di edifici a Baltimora racconta il New York Times Magazine, e da giorni JK si porta dietro le polemiche sul conflitto di interessi con Blackstone: il gigante dei fondi di investimento è stato uno dei partner finanziari della Kushner Cos. (a cui ha dato circa 400 milioni in fasi critiche di negoziati), il Ceo del fondo Stephen Schwarzman è il capo del consiglio economico di Trump, e si trovava insieme a JK a Riad durante la visita di stato nell’ambito della quale è noto il ruolo del genero-in-chief nell’aver chiuso il maxi deal commerciale con i sauditi e la Blackstone ha guadagnato un’iniezione da 20 miliardi di dollari del Golfo in un fondo per le infrastrutture.

UNIRE I PUNTI

A marzo il New Yorker aveva parlato per primo dei contatti avuti da Kushner con Kislyak, e la Casa Bianca ne aveva ammesso l’esistenza (niente sui contenuti adesso rivelati dal WaPo), ma soltanto dopo che la storia era stata diffuso (e lo stesso per un incontro, sempre a dicembre e sempre alla Trump Tower, con Sergei Nikolaevich Gorkov, ex addestratore di spie dell’Fsb messo dal Cremlino alla guida della Vnesheconombank, banca statale attualmente sotto sanzioni post-Crimea). Qualche settimana fa il Washington Post aveva scritto che un alto consigliere presidenziale attivo in questo momento era sotto le attenzioni dell’Fbi per il suo ruolo nel Russiagate. Giovedì diversi media americani avevano avuto informazioni che quell’uomo fosse Kushner; venerdì sempre il WaPo, e poi la Reuters, hanno fatto uscire due bombe mortifere sui potenziali motivi per cui il Bureau ha messo il genero di Trump sotto la lente dell’inchiesta. Kushner, comunque, non è ancora formalmente indagato, ha fatto sapere il suo avvocato, aggiungendo che è pronto a collaborare.

(Curiosità: è molto possibile che le facilities dove Kushner voleva incontrare l’ambasciatore erano quelle di cui l’amministrazione Obama ordinò la chiusura come punizione sanzionatoria collegata all’hacking contro le strutture informatiche del Partito Democratico durante le elezioni, che secondo l’Intelligence Community americana è stato spinto da gruppi comandati dai servizi segreti russi per screditare Hillary Clinton e chiaramente rientra nell’ambito di quelle ingerenze al centro del Russiagate).



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