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Così l’Italia può restare a testa alta nell’Ue. Parlano Bonino, Cassese e Napolitano

Giorgio Napolitano e Sabino Cassese

Di convegni sull’Unione Europea da quando a marzo si sono celebrati i 60 anni dai Trattati di Roma se ne sono susseguiti tanti. Ma la Luiss School of European Political Economy non rischia mai di ripetersi perché ogni mese pubblica papers accademici firmati da economisti e scienziati politici di fama internazionale. Martedì pomeriggio nella sala Zuccari del Senato la Sep ha presentato il volume: “Europa, sfida per l’Italia”, alla cui stesura ha partecipato anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Tra gli ospiti alla presentazione c’erano Sabino Cassese, Emma Bonino, e Giorgio Napolitano, moderati dal giornalista del Tg1 Marco Valerio Lo Prete.

L’Unione Europea si trova in un momento di estremo dinamismo: sulla scia della Brexit in molti avevano dato per certo che alle tornate elettorali negli altri paesi sarebbero seguite clamorose vittorie degli euroscettici. E invece uno ad uno i partiti anti-sistema hanno perso, dall’Austria all’Olanda fino alle recenti elezioni francesi. Certo i risultati che questi partiti hanno raggiunto sono senza precedenti, ma la narrazione europeista sembra ancora efficace alle urne. Con l’entrata del giovane Emmanuel Macron tra i leader europei, in cerca di un alleato per parlare ad alta voce con la Germania, l’Italia sarà chiamata a fare una scelta di campo. Partendo dagli errori commessi: “il nostro Paese deve diventare adulto, non può scaricare sugli altri la bassa crescita e l’alta disoccupazione, la montagna di debito pubblico che ci espone ad altre crisi finanziarie” ammonisce l’economista Stefano Micossi. Solo dopo aver fatto i conti sul debito l’Italia potrà avere parte nella riforma dell’Unione economica e monetaria che è nell’aria. Due sono i fronti caldi del cantiere: l’unione bancaria e finanziaria, “che può avanzare trovando un equilibrio tra le richieste di ridurre i rischi e di condividerli con il sistema europeo di assicurazione dei depositi”, e dall’altra parte il miraggio di un’unione fiscale, su cui Micossi rimane scettico: “Macron ha aperto a spazi comuni ai bilanci nazionali, ma in Germania ritengono non si possa avanzare con politiche coordinate di bilancio”.

Su un altro enorme pilastro da rinsaldare per rilanciare una nuova Ue, quello dell’immigrazione, l’Italia non dovrà delle scuse ma semmai aspettarne da Bruxelles. Emma Bonino però non si aspetta più nulla da Bruxelles sulle politiche di immigrazione e integrazione: sono passati 18 anni da quando nel Consiglio Europeo di Tampere del ’99 “i capi di Stato e di governo chiesero alla Commissione di preparare una politica di integrazione. Da allora non se ne è parlato più, quindi non è una competenza europea”.

L’Italia deve prendere esempio dalla Germania, che, pur con dei limiti, ha fatto una legge sull’immigrazione: “È molto tedesca, molto rigida e molto cara, ma intanto l’ha fatta, perché si rende conto che l’unica via è prosciugare lo stagno dell’illegalità che alimenta le nostre paure”. Per la Bonino il problema italiano non sono i 6 milioni di immigrati regolari, ma i 600mila clandestini, respinti come rifugiati, che rimangono e lavorano in nero”. “Se la smettessimo di dire dagli alla Germania e cominciassimo a dire dagli a noi sarebbe più corretto” incalza la radicale, al cui coro si unisce il giudice Cassese: “L’Ue dipende dal nostro attivismo, dobbiamo essere partigiani dell’Europa. Quando si dice che l’Ue non ci può imporre questo o quello ci si pone al di fuori. Viva l’attivismo di Emma Bonino e abbasso il piagnisteo europeo”.

Un richiamo alla responsabilità è giunto infine dal Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, che commentando la vittoria di Macron ha parlato di una “controffensiva europea”, senza mancare di bacchettare l’Italia per le mancanze che la rendono poco credibile a Bruxelles. Prima di tutto sull’economia, quando ha ricordato che “occorre prendere sul serio la raccomandazione del Consiglio Europeo del 22 maggio, per quel che riguarda gli squilibri macro-economici eccessivi”. Poi sulla storica instabilità degli esecutivi, un’apertissima accusa a chi vuole andare oggi alle elezioni anticipate: “l’attuale incertezza politica, o laconicità delle forze politiche, circa i rispettivi intenti complessivi in materia di politica economico-finanziaria a partire dal 2018, costituisce un’assai rilevante incognita, che inficia la nostra credibilità”.



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