Il governo di Damasco, tramite un portavoce della Difesa, ha fatto sapere che durante la notte passata un attacco aereo israeliano ha colpito un base siriana nei pressi di Masyaf uccidendo due soldati. La base, che si trova a nord del Libano, nell’entroterra della costa mediterranea della Siria, secondo molti media israeliani era un centro di produzione e stoccaggio di armi chimiche di Bashar el Assad.
Gerusalemme non commenta, come prassi: non è la prima volta che attacchi senza intestazione, ma del tutto riconducibili a missioni israeliane, vengono compiuti in Siria, di solito senza violazioni dello spazio aereo, colpendo da distanza con speciali bombe e missili (come le Spice). Il motivo è che Israele ritiene possibile, attraverso le ampie informazioni di intelligence che raccoglie costantemente dal conflitto (e non solo), che il teatro siriano possa essere sfruttato dall’Iran per rinforzare Hezbollah. Il partito/milizia libanese è tecnicamente ancora in guerra con Gerusalemme nonostante il cessate il fuoco del 2006, ha un cordone ombelicale che lo lega ideologicamente ed economicamente a Teheran, ed è il principale vettore che la Repubblica islamica usa per giocare influenza – armata – in Medio Oriente. E parte della geopolitica iraniana è mirata nel contrasto violento allo stato ebraico. Hezbollah è ed è stato il principale difensore del regime di Damasco: lo fa anche per vocazione idealista contro l’assalto dei ribelli sunniti, ma soprattutto s’è mosso per interesse strategico. Glielo ha chiesto l’Iran, ha potuto rinforzarsi, rivendica un ruolo nel futuro del paese.
Il luogo dell’attacco aereo israeliano si trova esattamente in mezzo, dal punto di vista geografico, alle due principali postazioni russe in Siria, la base navale di Tartus e quella area di Hmeimin.
La Russia, che ha il controllo dei cieli sulla Siria dal settembre 2015 (quando iniziò il suo coinvolgimento diretto nel conflitto) concede sommessamente questo genere di operazioni, frutto di un accordo più ampio che potrebbe anche includere la gestione futura della transizione post-guerra civile. Israele teme l’influenza iraniana, e se proprio deve scegliere preferirebbe che la Siria diventasse una colonia russa più che una testa di ponte di Teheran sul Mediterraneo.
Già l’8 dicembre del 2016, il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman aveva denunciato apertamente che Damasco non stava rispettando affatto l’accordo chiuso con le Nazioni Unite, sotto egida russa e americana, per smantellare il proprio arsenale – era un sospetto che molti covavano, ma la dichiarazione pubblica di Liebrman fu un messaggio forte –e che inoltre stava facilitando il passaggio di armi chimiche agli Hezbollah. L’intesa di disarmo era collegata al raid chimico che il governo aveva ordinato sul quartiere di Ghouta della capitale il 21 agosto 2013: il 4 aprile del 2017 un altro attacco chimico è stato compiuto dai caccia del governo siriano su Khan Shaykhun (quando poi scattò la rappresaglia con cui gli americani punirono l’azione di Assad).