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Perché in Medio Oriente si strepita sui pour parler fra Arabia Saudita e Israele

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Il Medio Oriente, si sa, è una ragnatela di gialli ed intrighi, ma quello registratosi la settimana scorsa sembra superare ogni immaginazione. Il ministro della Difesa saudita ed erede al trono Mohammed bin Salman, noto nel mondo diplomatico con l’acronimo MBS, avrebbe compiuto una visita segretissima in Israele per discutere, tra le altre cose, di questioni militari e di come resuscitare il processo di pace tra lo Stato ebraico e i palestinesi.

La notizia, non confermata – per ovvie reticenze – né dal governo israeliano né da quello saudita, è filtrata tramite un tweet di Simon Aran, corrispondente diplomatico specializzato in affari arabi della Israel Broadcasting Corporation. Aran ha riferito del passaggio discreto a Tel Aviv di un alto funzionario di un paese del Golfo, senza specificare né il nome né il paese.

Afferrando prontamente la succulente polpetta fornita dal collaboratore, il servizio in lingua araba dell’emittente israeliana ha quindi specificato che si trattava di un “principe saudita”. A questo punto la stampa araba e il pulsante pianeta del web si è tuffato sulla notizia, fornendo ulteriori precisazioni che hanno virato in certi casi, come era prevedibile, verso il mondo delle fake news.

La rivista IUVM Online ha aperto il concerto con la rivelazione, supportata da una fonte interna all’intelligence degli Emirati Arabi Uniti, secondo cui il misterioso principe non sarebbe altro che MBS, figura prominente dell’establishment saudita noto per le sue posizioni di falco – è lui l’ispiratore della linea dura ad oltranza contro l’Iran, nonché il maggior sostenitore della guerra in Yemen contro le milizie Houthi sostenute da Teheran. Con reazioni oscillanti tra il trasecolo e l’ira, altri media arabi si sono istantaneamente posti sulla scia di IUMV, fornendo le proprie versioni dei fatti.

I media del Qatar, paese preso di mira a giugno dall’Arabia Saudita con l’accusa di sostenere l’estremismo e oggetto da allora dell’embargo da parte dei sauditi e di altri tre paesi arabi, si sono tuffati a pesce, attaccando MBS per il presunto tradimento della storica linea anti-israeliana del mondo arabo. Particolarmente virulento l’affondo del quotidiano Al-Araby Al-Jadeed, basato a Londra, che ha preso di mira secondo il consueto rituale la famiglia reale saudita. Ma a riprendere la notizia sono stati anche Al-Akhbar, quotidiano libanese vicino ad Hezbollah, che certo non è tenero con i sauditi che in Siria stanno dall’altra parte della barricata, e Al-Quds Al-Araby, giornale apertamente ostile ai regnanti.

A questo punto, la stampa saudita non poteva più astenersi dal replicare. Ci ha pensato Elaph, sito tradizionalmente molto addentro alle vicende israeliane, a rigettare la palla nel campo degli avversari. Secondo la sua versione, la visita in Israele ci sarebbe stata, sarebbe durata due giorni e culminata con un faccia a faccia con il primo ministro Benjamin Netanyahu (nella foto), ma a compierla sarebbe stato un principe qatariota. Attacco perfettamente in sintonia con la bellicosità delle relazioni tra i due paesi del Golfo, e studiato ad arte per rimpallarsi le responsabilità di una mossa che, senz’altro, può essere definita storica.

A sigillare il gustoso quadretto ci ha pensato ieri il Jerusalem Post, che ha ricostruito l’itinerario della notizia e il cortocircuito che ha creato nel mondo arabo. Il Post non ha nascosto la soddisfazione per la svolta maturata in ambiente saudita, considerata naturale alla luce dei recenti sviluppi del quadro politico e militare del Medio Oriente. Sebbene Arabia Saudita ed Israele non abbiano relazioni formali dal punto di vista diplomatico, e il regno dei Saud continuino a rifiutare di riconoscere lo Stato ebraico come gran parte del mondo arabo, con la vistosa eccezione di Egitto e Giordania, gli interessi dei due paesi non sono mai stati allineati come adesso. Ad accomunare Riad e Gerusalemme c’è la preoccupazione per le grandi manovre di Teheran, che ha approfittato dell’intervento russo in Siria per coronare la sua ambizione egemonica sulla porzione settentrionale del Medio Oriente. Il progetto di un corridoio iraniano che colleghi la Persia al Mediterraneo, passando per Iraq, Siria e Libano, non è più seriamente ostacolato sul terreno dai ribelli siriani foraggiati per anni dai paesi del Golfo. Permane tuttavia, va detto, la variabile americana, che in Siria si sta occupando di sferrare il colpo di grazia al califfato e al tempo stesso di contenere l’avanzata dei governativi e degli alleati sciiti (Hezbollah e i miliziani inquadrati dalla forza al Qods dei Guardiani della Rivoluzione) sostenuti militarmente e diplomaticamente dal Cremlino.

Se MBS è andato veramente in Israele, come parrebbe, starebbe maturando una svolta storica per il Medio Oriente. Che potrebbe assumere il volto di un’intesa su tre fronti: riconoscimento di Israele da parte dei paesi del Golfo, in cambio di un ammorbidimento della posizione di Gerusalemme nei colloqui di pace con i palestinesi, e – a coronamento di tutto ciò – formazione di un asse tra Israele e mondo arabo contro l’espansionismo iraniano. Scenari impossibili fino a qualche tempo fa, ma che in Medio Oriente – che è il regno dell’imprevisto per antonomasia – possono anche accadere.

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