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Tim-Telecom Italia, ecco che cosa pensa il governo su Sparkle e rete fissa

Di Bruno Guarini e Valeria Covato

Tra le stanze di Palazzo Chigi si stringe sul dossier Tim. Il 25 settembre tornerà a riunirsi il comitato per il “golden power” che dovrà valutare se sanzionare Vivendi per non aver comunicato in tempo alla presidenza del Consiglio di esser salita fino al 23,9% del capitale dell’ex Telecom Italia, e aprire eventualmente la procedura per l’esercizio dei poteri speciali. E che fare delle due società controllate da Tim – Sparkle e Telsi – ritenute strategiche per la sicurezza nazionale? Sul tavolo torna poi anche una vecchia partita, quella dello scorporo societario della rete fissa di Tim, nonostante le continue smentite della società telefonica. Come si muoverà il governo? Ecco la posizione dell’esecutivo e quelle dei vertici di Vivendi e di Tim.

LE IPOTESI SULLA RETE

Per Tim, così come per Vivendi, la rete fissa in rame non è vendibile. Tanto che il gruppo ha recentemente smentito le ipotesi di scorporo che a Piazza Affari che erano piaciute tanto a broker e  investitori. Ma nel governo il tema sembra essere tornato alla ribalta, tanto che si starebbe valutando, secondo quando riferito dal Sole 24 ore, l’ipotesi di introdurre una legge sulla separazione societaria. “Una vera norma, anche a fronte di pareri o segnalazioni delle authority competenti, non viene considerata un’ipotesi da scartare. Da concretizzare eventualmente anche entro l’anno, magari agganciandola al pacchetto manovra che dovrebbe essere corredato di un decreto legge”, ha scritto Carmine Fotina.

La motivazione secondo l’esecutivo Gentiloni sarebbe quella di accelerare sul piano dello sviluppo della banda ultra larga eliminando le sovrapposizioni tra le infrastrutture dell’ex monopolista e quelle di Open fiber, la società di Enel e Cdp che sta cablando per conto del governo le zone a fallimento di mercato: “Troppa concorrenza nelle infrastrutture rischia di creare problemi”, ha detto Calenda durante la presentazione dei risultati di Industria 4.0 sulla scia di quanto sostenuto di recente anche da Franco Bassanini, presidente di Open Fiber. “La separazione societaria (e non proprietaria) – ha aggiunto il Sole – potrebbe essere solo un primo passo per poi mettere a posto via via gli altri tasselli, ad esempio un’eventuale quota pubblica, un assetto regolamentare pro-investimenti, un coordinamento (o un’integrazione) con gli interventi di copertura di Open Fiber. Si eviterebbero duplicazioni – è il ragionamento – la competizione infrastrutturale sarebbe di fatto cancellata o al massimo proseguirebbe tra due società che operano solo nel ramo ‘wholesale'”.

LE PAROLE DI CALENDA

In un’intervista pubblicata oggi dal Corriere della sera il ministro Carlo Calenda alla domanda “Telecom Sparkle, la società dei cavi sottomarini, strategica, dovrà essere ceduta?” ha così risposto: “Non voglio anticipare il ragionamento del Comitato che si riunirà a Palazzo Chigi il 25 settembre. La mia opinione è che l’uso dei poteri speciali dello Stato debba essere comunque equilibrato e moderato. Escludo che possa essere utilizzato in modo distorto, o vendicativo, o peggio in un’ottica nazionalistica. L’autorevolezza e il rispetto si conquistano facendo rispettare le regole, non reagendo in modo scomposto». Più un no che un sì, pare di capire.

IL PUNTO ISTITUZIONALE

Ma quanto incideranno i rilievi della Consob sulla decisione finale del governo italiano? E quanto questa decisione impatterà poi sulla controllata Telecom Italia Sparkle, già definita “strategica” dal premier Paolo Gentiloni (qui l’approfondimento di Formiche.net) e dunque non controllabile da stranieri? Secondo le parole pronunciate giorni fa dal presidente del Consiglio il governo userà “tutti gli strumenti che la legge mette a disposizione” per tutelare l’asset. La Consob, la Commissione di vigilanza sulle società quotate, ha stabilito la scorsa settimana che Vivendi ha il controllo “di fatto” di Tim, condividendo quanto espresso dal collegio sindacale dell’ex monopolista che il 5 settembre scorso le ha spedito una nota classificando Vivendi come “controllante”. Per il colosso guidato da Bollorè vuol dire che il gruppo francese avrebbe l’obbligo di consolidare nei suoi bilanci circa un terzo del debito di Tim, quasi 7 miliardi, oltre che tutti gli altri conti della controllata. Si tratta di 4 miliardi di ricavi in più e 400 milioni di utili da far comparire nei propri rendiconti contabili. La Commissione italiana presieduta da Giuseppe Vegas ha però rimesso la valutazione ai colleghi dell’Amf di Parigi.

CHE COSA PENSA TIM

Per il nuovo numero uno di Tim, l’israeliano Amos Genish (qui il ritratto di Formiche.net), Sparkle è “cedibile” a certe condizioni. La sua posizione sulla vicenda della controllata di Tim è stata riferita dagli analisti di Equita dopo un incontro con Genish, come riferito ieri da Il Sole 24 Ore. Il vicepresidente di Tim, Giuseppe Recchi ha sottolineato la disponibilità di Tim a valutare soluzioni condivise su Sparkle con il governo.

LE IPOTESI DI MERCATO SU SPARKLE

E dopo le parole del presidente del Consiglio tra gli addetti ai lavori è iniziata la caccia al possibile compratore. Le attenzioni maggiori si appuntano ora sulla Cassa depositi e prestiti: la società presieduta da Claudio Costamagna è ritenuta quella in prima fila, potenzialmente, nel rilevare Sparkle. Un intervento diretto oppure anche indiretto tramite ad esempio il Fondo F2i, come scrive oggi l’agenzia Mf/Dow Jones. Ma fra gli addetti ai lavori -ha scritto ieri Fernando Pineda su Formiche.net – inizia a circolare anche l’ipotesi di un eventuale interessamento di Leonardo: il gruppo guidato dall’amministratore delegato Alessandro Profumo – attivo già nella cyber security – potrebbe essere potenzialmente un attore nell’operazione in caso di una manovra sistemica a carattere nazionale.

Si vedrà. Ma altri addetti ai lavori non escludono che le aperture di Tim sulla vendita di Sparkle siano più tattiche e contingenti che strategiche: una disponibilità, in altri termini, quella dei vertici di Tim e di Vincent Bolloré legata a un prezzo elevato che nessuno dei potenziali acquirenti potrebbe essere disposto a sborsare. A meno di un pressante e decisivo forcing politico-istituzionale, nell’ambito della partita sul golden power avviata da Palazzo Chigi.

“L’ipotesi di un ordine ai francesi perché cedano le due aziende si sgonfia – ha scritto Repubblica nel fine settimana – si ridimensiona. Vivendi intanto non è una società russa, cinese o nordcoreana. È francese, dunque comunitaria. Per questo, avrebbe facile gioco a lamentare una discriminazione contraria al diritto Ue se costretta a trasferire Sparkle a un compratore italiano. Sparkle, poi, non costa poco. Se anche venisse valutata soltanto il doppio del suo fatturato (1,1 miliardi di euro nel 2015), il suo prezzo si attesterebbe a un paio di miliardi. Chi ce li mette?”.

LE PROSSIME MOSSE

Venerdì scorso, intanto, Vivendi ha notificato a Palazzo Chigi il proprio ruolo in Tim. Il gruppo francese non ha dichiarato né il controllo né la “direzione e coordinamento” bensì di aver semplicemente investito in Tim. Si tratta di un’iniziativa volontaria. La notifica è avvenuta ai sensi del decreto 56 del 2012 sui poteri speciali del governo sugli asset ritenuti strategici per il Paese. In questo caso si tratta di Sparkle, la rete internazionale, e Telsy che fornisce apparati criptati al governo, all’Esercito e alle forze dell’ordine. Il governo ha 15 giorni per rispondere, prorogabili di altri 10 giorni in caso di richiesta di integrazione dei documenti. La notifica a titolo volontario lascia intravedere l’intenzione di Vivendi di aprire un canale di collaborazione con il governo per evitare la multa per omessa notifica, ha notato sabato scorso il Corriere della Sera. Multa che potrebbe superare i 350 milioni.


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