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Per una Grosse Koalition extraparlamentare

La Spd di Martin Schulz ha preso una batosta storica alle elezioni tedesche di ieri, peraltro analoga a quella della Cdu, e si è chiamata fuori da una possibile riedizione della Grosse Koalition (Cdu-Spd). È un passo comprensibile, all’interno del Governo. La Grosse Koalition, pur avendo perso ben 105 seggi, può contare ancora su 399 seggi (la maggioranza è a 355), che le permetterebbero di governare il paese in condizioni di ragionevole stabilità.

Ma il terzo partito, l’ultradestra nazionalista e xenofoba dell’Afd, sarebbe il maggior partito di opposizione, cosa che nel Parlamento tedesco conferisce prerogative su Presidenze di Commissioni e persino poteri di veto su alcuni percorsi legislativi che non è il caso di lasciare in mano all’Afd.

Se prima la Grosse Koalition era inevitabile, adesso diventa inevitabile trovare una soluzione diversa, che lasci l’opposizione in mano alla Spd.

Le elezioni tedesche non possono essere guardate con la sola lente degli equilibri politici interni. La Germania ha un ruolo ed una responsabilità centrali nel processo di rinnovamento delle istituzioni e delle politiche europee.

Per questo, una Grosse Koalition nel senso di una condivisione strategica fra Spd e Cdu, all’interno del Parlamento, è una strada obbligata.

La coalizione Cdu-Liberali-Verdi (cosiddetta “Giamaica”, dal colore dei tre partiti identico a quello della bandiera giamaicana) sembrerebbe costringere a spostare l’asse della politica europea tedesca su un rinnovato rigorismo, che oltre a non essere ciò di cui ha bisogno oggi l‘Europa per una rilancio della sua credibilità e della sua efficacia, difficilmente troverebbe sponde significative negli altri paesi, rendendo qualsiasi negoziato sul futuro assetto della Ue più difficile di quanto non sia già.

Ma non va sottovalutata l’importanza dei Verdi nel fornire un contrappeso ai liberal-liberisti per orientare le scelte di politica economica nazionali ed europee.

Senza contare che l’assetto “Giamaica” rafforza di fatto la Merkel, finalmente libera dall’autorevolezza e dal carisma di Scheuble. Anche l’eventuale Ministero del Tesoro in mano ad un liberale non potrebbe essere peggio di quanto è stato fino ad oggi in termini di perseguimento delle politiche di austerità. Ed una opposizione forte della Spd che chieda garanzie sul cambiamento dell’Unione Europea in una direzione più “morbida”, potrebbe avere un ruolo cruciale.

L’agenda europea della Germania è fondamentale per il futuro suo e dell’intera costruzione europea. Dieci anni fa, con la crisi finanziaria, si è aperta una finestra di opportunità per rimettere in moto il cantiere delle riforme in Europa. Una finestra che si è poi spalancata con la crisi Greca, che avrebbe dovuto essere affrontata in ben altro modo, più solidale e meno intergovernativo. Una finestra che invece è stata tenuta sostanzialmente chiusa nonostante la corrente che spirava sempre più forte, e che l’elezione di Macron in Francia ha potenzialmente riaperto di nuovo.

Le elezioni tedesche possono rappresentare il colpo di grazia su qualsiasi velleità di modificare questa Europa intergovernativa in una genuina democrazia sovranazionale. Ma possono anche essere l’occasione per una scommessa storica: porre la politica europea al centro delle scelte politiche nazionali. Sia nel governo, ma soprattutto in Parlamento.



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