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Che cosa si sono detti a Roma Haftar e il governo Gentiloni

Di Emanuele Rossi e Pietro Di Michele

Nel pomeriggio di lunedì 25 settembre è arrivato (viaggio pagato, operato da un aereo dell’Aeronautica) a Roma Khalifa Haftar (nella foto con Roberta Pinotti), il maresciallo di campo che comanda la milizia che dalla Cirenaica si oppone con più forza al progetto di riunificazione libica dell’Onu. Ha fatto base all’hotel Parco dei Principi, ai Parioli, terrà incontri discreti con il ministro dell’Interno italiano Marco Minniti e con la titolare del dicastero della Difesa Roberta Pinotti e, secondo quanto riporta il Messaggero, anche con i vertici dell’Aise (il servizio segreto estero italiano).

LA STABILIZZAZIONE: LA VISIONE ITALIANA

Haftar è un personaggio controverso, che segue un’agenda di interessi personali (sotto sponsorship egiziana e russa), ma fonti diplomatiche che preferiscono l’anonimato riferiscono che questo genere di incontri sono “parte dello sforzo che il nostro paese sta facendo per rendere la Libia un paese unito e stabile”. La stabilizzazione è una necessità: da essa dipendono gli equilibri regionali del Mediterraneo, perché il territorio libico è il rubinetto di sbocco delle principali rotte migratorie che tagliano il Mare Nostrum verso l’Europa; ma anche perché lo Stato islamico ha già approfittato del vuoto di potere per costruire una propria roccaforte, e nonostante abbia subito una pesante sconfitta sta mostrando segnali di ritorno. Roma ha sempre sostenuto che per sistemare il paese “lo sforzo” richiedeva il dialogo con tutti i fronti in disaccordo (simbolico che l’unica ambasciata occidentale presente in Libia sia quella italiana)

QUANDO ERAVAMO COLONIALISTI

Argomento delicato l’impegno (militare) italiano in Libia: Haftar mesi fa ha contestato qualsiasi presenza di soldati italiani sul territorio del paese nordafricano, a partire dagli operatori che hanno accompagnato lo schieramento dell’ospedale da campo a Misurata – città nemica del feldmaresciallo – durante il periodo della battaglia per liberare la roccaforte califfale di Sirte, fino agli attacchi contro la presenza al porto di Tripoli di una nave italiana lì per raccogliere le necessità della (pseudo) Guardia costiera libica che risponde al governo onusiano nell’ambito del piano italiano sull’immigrazione. Dai media propagandistici di Bengasi la presenza italiana in Libia è stata più volte descritta rievocando il colonialismo.

“PROBLEMI” A MELLITAH?

Ora escono due generi di voci non ufficiali dal mondo della politica italiana a proposito di quest’asse Roma-Bengasi (capitale simbolica del territorio sotto il controllo di Haftar dove Minniti era in visita a inizio settembre). C’è chi dice che la visita di Haftar serva per appianare la strade agli interessi economici italiani: su tutte, “problemi” a Mellitah, hub Eni, dove potrebbe finire a rischio l’erogazioni del gas per il Greenstream, gasdotto che taglia il Mediterraneo fino a Gela. Non è chiaro quanto questo letture siano influenzate dalla notizia uscita lunedì (e ripresa oggi in Italia) sul quotidiano panarabo edito a Londra al Arab al Jadid, secondo cui persone dell’entourage del presidente raccontavano che Haftar è appunto a Roma per negoziare la protezione a Mellitah. In realtà nell’area occidentale della Libia la presenza delle forze haftariane è piuttosto debole rispetto ad altre milizie locali, e probabilmente l’Eni non ha bisogno della protezione del maresciallo per difendere i suoi campi, notano altri osservatori. Il punto però è che da settimane a Sabratha, nei pressi di Mellitah, è in corso uno dei tanti scontri tra milizie, e Haftar ha ammesso che una della due, che si fa chiamare “Operation Room contro l’IS”, è a lui fedele.

ACCORDI SUL PIANO IMMIGRAZIONE?

L’altra lettura della presenza in Italia dell’uomo forte della Cirenaica è legata al piano immigrazione. Minniti ad agosto ha avviato un programma di contenimento controverso in accordo col governo di Tripoli (nemico di Haftar). Il piano-Minniti, grazie a collaborazioni con milizie locali (che per evitare ai profughi di prendere il mare li rinchiudo anche in campi di detenzione oltre il limite dei diritti civili), è riuscito a rallentare le ondate di sbarchi. Il flirt con Haftar sarebbe dunque funzionale a evitare che il cirenaico si opponga al piano italiano – anche perché, una mesata fa, le fanfare della Cirenaica suonavano minacce di bombardamento sulle navi italiane.

DISCUSSIONI POCO POLITICHE

Comunque, che le discussioni che accompagnano la visita siano focalizzate su punti più operativi che politici lo testimoniano gli incontri stessi. Ministero dell’Interno (è noto l’attivismo di Minniti in questi mesi sul fronte libico), Difesa, servizi. Non è previsto un incontro con il premier o con la Farnesina: d’altronde Haftar non ha nessun genere di legittimazione internazionale, e Roma, come l’UE e gli Stati Uniti, riconosce diplomaticamente soltanto il tentativo di governo lanciato dalle Nazioni Unite e guidato da Fayez Serraj. Sempre oggi, martedì 26 settembre, è previsto a Tunisi un incontro tra delegazioni politiche intra-libiche.


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