Acque agitate nel credito cooperativo toscano. Di mezzo c’è ancora il riassetto del settore i cui motori sono Cassa centrale e Iccrea, polo trentino a trazione nordica il primo, aggregatore romano il secondo (qui l’ultimo approfondimento di Formiche.net dedicato alla partita per la supremazia nella cooperazione).
CHE COSA SUCCEDE
Alcuni soci di Chiantibanca, peso massimo del credito cooperativo toscano, non hanno più riconosciuto l’adesione dell’istituto alla Cassa. E hanno chiesto di annullare il tutto. Una vicenda che, come ventilato da Formiche.net in questo articolo sul delicato passaggio in assemblea delle delibere del cda e sul rapporto manager-soci, potrebbe non rimanere isolata.
UN VOTO ILLEGITTIMO?
Tutto è iniziato lo scorso 14 maggio quando l’assemblea dell’istituto allora guidato da Lorenzo Bini Smaghi, poi uscito sconfitto insieme alla sua lista dall’assise fiorentina, ha deliberato l’adesione a Cassa centrale. Nel dettaglio, secondo le stime ufficiali fornite dallo stesso Bini Smaghi furono 3.852 voti a favore, 2 contrari e 2 astenuti. Addirittura, cinque mesi prima, nel febbraio del 2016 c’era stata una prima assemblea dei soci che aveva espresso un primo sì al gruppo trentino. Poi, pochi giorni fa, il 15 settembre, nel giorno in cui il board presieduto dal successore di Bini Smaghi, Cristiano Iacopozzi, si sarebbe dovuto riunire per avallare il tutto, è arrivata la notizia che ha sconquassato i piani di Chiantibanca la quale, tra le altre cose, ha chiuso il 2016 con un rosso di 90 milioni.
NOVE SOCI CONTRO CHIANTIBANCA
Nove importanti soci della banca toscana hanno deciso di non accettare il verdetto dell’assemblea di maggio, impugnando dinanzi al Tribunale civile di Firenze la decisione. I soci dubitano della legittimità della votazione e chiedono di annullare tutto col ricorso civile. Si parla in particolare di “assemblea svuotata” da altre votazioni, che erano in corso su altre decisioni all’ordine del giorno (regolamento elettorale, nuovo cda, nuovo collegio sindacale), “in locali diversi e lontani, in cartaceo, con procedure complesse” dove “quasi tutti andarono a votare abbandonando la sede principale dell’assemblea”, dicono i soci. A votare per l’entrata in Cassa centrale, dicono nella sostanza i ricorrenti, c’erano insomma “pochi intimi” e non la maggioranza dei soci.
LO SCONTRO CON GLI ALTRI AZIONISTI
Come se non bastasse, allo scontro tra soci e vertici della banca, si è aggiunta una faida interna agli stessi soci. Un altro gruppo, evidentemente favorevole all’ingresso in Cassa centrale, ha scritto una lettera al presidente Iacopozzi per chiedere di non fare alcun passo indietro sulle decisioni di maggio, ovvero l’adesione a Trento. Dunque rigettare il ricorso. “Come possono nove persone mettere in dubbio la presenza e il voto favorevole di migliaia di soci?” si sono chiesti nella missiva, definendo l’atto “pretestuoso e irrilevante”.
LO SCENARIO
Adesso c’è da calcolare molto bene i rischi di tale situazione. Se per esempio il tribunale dovesse accettare il ricorso (la prima udienza è a febbraio 2018) potrebbe decadere l’intero consiglio della Chiantibanca con conseguente convocazione di assemblea straordinaria per individuare il nuovo board e decidere definitivamente se aderire o meno a Cassa centrale. Sempre che, e questo appare come lo scenario peggiore, non intervenga la vigilanza di Bankitalia, commissariando l’istituto di San Casciano. C’è da fare un’altra considerazione. Un’eventuale ribaltone in Chiantibanca potrebbe arrivare proprio nel momento del rush finale di Cassa centrale verso il riassetto cooperativo, il cui termine è previsto per la seconda metà del 2018. Anche per questo ieri il presidente dell’istituto trentino Giorgio Fracalossi è stato molto chiaro sulla vicenda.
TRENTO AVVISA SAN CASCIANO
Intervenendo al meeting delle bcc aderenti, a Milano, Fracalossi si è detto pronto a tutelare gli interessi della banca in tutte le sedi opportune in caso di un dietrofront di Chiantibanca. “Noi abbiamo l’adesione formale di Chiantibanca al gruppo, poi leggiamo sui giornali che forse da loro qualcuno vorrebbe uscire, ma noi aspettiamo eventi reali”. Tuttavia, “se decideranno, non sappiamo in che modo ma è un problema loro, di non far parte del gruppo, ne prenderemo atto, ma tuteleremo in tutte le sedi gli interessi del gruppo che, lo ripeto, ha un impegno formale”. D’altronde “si parla anche di interessi e danni patrimoniali”.
PENALE MILIONARIA
Sulla penale da pagare si parla di una somma che potrebbe avvicinarsi ai 100 milioni se il voltafaccia di Chiantibanca dovesse arrivare fino al punto di provocare il naufragio dell’intero progetto di seconda holding accanto a quella di Iccrea. “L’uscita di ChiantiBanca è un’eventualità a cui neppure vogliamo pensare, per noi l’impegno formale resta, aspettiamo eventi reali”, pare abbiano sibilato minacciosi i trentini. C’è di più. Fracalossi e Cassa Centrale pare non abbiano gradito che mercoledì Chiantibanca abbia all’ultimo momento disertato la convention di Milano nella quale 800 delegati delle 110 Bcc aderenti alla holding hanno di fatto varato il raggruppamento. Da San Casciano era attesa una delegazione di otto persone. La sera prima è arrivata la telefonata che non si sarebbe presentato nessuno.