Un sistema elettorale misto, in cui un terzo dei deputati e dei senatori sarà eletto in collegi uninominali e i restanti due terzi con metodo proporzionale e in listini corti, formati cioè da non più di quattro parlamentari per ogni partito. E’ questo in estrema sintesi il contenuto del Rosatellum bis, la nuova legge elettorale destinata a sostituire il Consultellum frutto delle due pronunce della Corte Costituzionale sul Porcellum e sull’Italicum. Una proposta che ha scatenato le polemiche e che rischia di consegnare all’Italia un Parlamento largamente frammentato, secondo molti osservatori.
LA DISTRIBUZIONE DEI SEGGI
Alla Camera – composta da 630 deputati – 232 seggi saranno assegnati con il maggioritario attraverso altrettanti collegi uninominali di cui 6 per il Trentino Alto Adige, due per il Molise e uno per la Val D’Aosta. Altri 386 posti saranno, invece, attributi con il proporzionale attraverso piccoli collegi plurinominali mentre gli ultimi 12 spetteranno ai deputati eletti nella circoscrizione estero. Al Senato il meccanismo sarà simile ma con un numeri diversi: i collegi uninominali saranno 102 – di cui uno a testa per il Molise e la Val D’Aosta – e quelli plurinominali 207. 6 senatori saranno invece eletti nella circoscrizione estero. Sia alla Camera che al Senato per ogni collegio uninominale sarà eletto solo un candidato, quello che abbia ottenuto più voti. Esclusi, invece, tutti gli altri: in pratica, chi arriva primo prende tutto. Da non dimenticare, comunque – alla luce di quanto disposto direttamente dalla Costituzione – che la ripartizione dei seggi alla Camera avverrà su base nazionale mentre al Senato su base regionale.
LE SOGLIE DI SBARRAMENTO
Uniformate anche le soglie di sbarramento, ossia le percentuali minime per partecipare alla ripartizione dei seggi. Il Rosatellum bis ne prevede una sola – pari al 3% – valida sia per la Camera che per il Senato. Tuttavia è anche previsto che i partiti coalizzati tra loro debbano raggiungere il 10% per poter accedere in Parlamento: in questo caso è quindi necessario che le forze politiche alleate ottengano complessivamente il 10% dei consensi, fermo restando che le singole sigle sono tenute ad arrivare al 3% per non essere escluse.
LE COALIZIONI
Eliminate (temporaneamente) dall’Italicum renziano – come noto mai utilizzato e, infine, bocciato dalla Consulta – le coalizioni tornano con il Rosatellum bis. Il quale stabilisce che i partiti coalizzati potrebbero anche decidere di presentare e sostenere lo stesso candidato nei collegi uninominali in modo così da non farsi concorrenza ma anzi di unire le forze per battere i comuni avversari. Lo stesso discorso non si potrà applicare nei colleggi plurinominali dove ogni partito – a prescidendere se coalizzato o meno – dovrà presentare in via autonomia i propri candidati.
COME SARANNO ORGANIZZATI I LISTI PLURINOMINALI
Buona parte delle polemiche in corso attiene ai listini plurinominali bloccati, che saranno formati da pochi candidati – si dice non più di 4 per ogni partito – i quali, però, non potranno essere scelti direttamente dai cittadini. Nessuna preferenza dunque: i voti in sostanza andranno alla forza politica di appartenenza che poi – a seconda del risultato ottenuto nei vari collegi plurinonimali – vedranno attribuirsi i relativi seggi in Parlamento. Una regola che appare comunque in linea con le prescrizioni della Corte Costituzionale, visto che i listini saranno corti e i collegi non troppo vasti (il loro numero sarà determinato con un decreto del governo entro 30 giorni dall’approvazione della legge). In tal modo si ritiene che sarà comunque garantita la riconoscibilità dell’eletto, anche perché i nomi dei candidati saranno tutti scritti sulla scheda elettorale. Ogni collegio plurinominale non dovrebbe eleggere in nessun caso più di 7-8 deputati, ma potrebbe eleggerne molti di meno a seconda della Regione.
IL VOTO DISGIUNTO E LE PLURICANDIDATURE
Tra le novità introdotte dalla legge anche il divieto del voto disgiunto: gli elettori, in pratica, non potranno votare un candidato nel collegio uninominale e un partito diverso nella parte proporzionale. Ammesse, invece, le pluricandidature: ci si potrà, dunque, presentare in un collegio uninominale e in contemporanea anche in quelli plurinominali, fino ad un massimo di cinque. L’eletto, però, a differenza del passato non potrà scegliere autonomamente dove far scattare il seggio: se prevarrà sia nel maggioritario che nel proporzionale, si aggiudicherà il seggio vinto con l’uninominale mentre – in caso di vittoria in più collegi plurinominali – enterà nel collegio in cui la lista di appartenenza abbia preso la percentuale più bassa di voti.