C’è chi è obbligato a vincere e chi, al contrario, deve cercare di non perdere in modo troppo sonoro. Il 5 novembre i cittadini siciliani saranno chiamati alle urne per scegliere il successore di Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans. Un appuntamento fondamentale anche in vista delle elezioni politiche che si svolgeranno nel 2018 (presumibilmente tra fine febbraio e inizio marzo), al quale i diversi schieramenti e i rispettivi candidati si presentano con aspettative e speranze molto diverse tra loro.
IL TESTA A TESTA TRA MUSUMECI E CANCELLERI
Gli ultimi sondaggi riservati che stanno circolando tra le forze politiche sembrano delineare due sfide nella sfida. La prima è per la vittoria finale e vede protagonisti il candidato del centrodestra Nello Musumeci (nella foto) e quello del MoVimento 5 Stelle Giancarlo Cancelleri. Secondo le rilevazioni di cui Formiche.net ha avuto notizia, il pentastellato attualmente si attesterebbe intorno al 24% dei consensi, mentre l’ex presidente della provincia di Catania raggiungerebbe il 26%. Musumeci viene accreditato di un bacino potenziale di voti pari al 36%, Cancelleri invece del 30. Un distacco da spiegare soprattutto in virtù del differente radicamento territoriale dei candidati presenti nelle liste del centrodestra. I quali che nei prossimi giorni saranno impegnati nel classico tour de force da campagna elettorale, alla luce del quale si stima che possano crescere ulteriormente, e in modo tutt’altro che irrilevante, le preferenze a favore di Musumeci. Ma nulla è scontato e altri sondaggi danno una forchetta meno accentuata fra i due.
LO SCONTRO A SINISTRA
Di tenore ben diverso è la sfida che si sta giocando tra gli altri due principali candidati a governatore della Sicilia: da un lato Fabrizio Micari – l’uomo scelto da Matteo Renzi, Pier Ferdinando Casini e Angelino Alfano – e dall’altro Claudio Fava, sostenuto da Articolo 1, Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista e Verdi. Le loro possibilità di competere per la vittoria finale appaiono ridotte al lumicino. Semmai, sembra assai più probabile che i due siano destinati a contendersi la medaglia di bronzo, con il rettore dell’università di Palermo in vantaggio sul deputato di Mdp, com’è in fondo naturale che sia. A meno di venti giorni dalle regionali, Micari totalizzerebbe tra il 16 e il 18% dei consensi, mentre Fava tra il 10 e il 12. Un risultato, quest’ultimo, che nel quartier generale di Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema verrebbe considerato un successo. Il perché è presto spiegato: la sinistra-sinistra riuscirebbe ad assestare una mazzata al Partito Democratico e, soprattutto, al suo segretario e anche a dimostrare la sua importanza in vista delle elezioni politiche. La cui campagna elettorale, di fatto, inizierà dopo il voto in Sicilia, fondamentale pure nell’ottica di definire le possibile alleanze e di tracciare i rapporti di forza all’interno delle diverse coalizioni.
I DIVERSI OBIETTIVI DI SILVIO & MATTEO
In questo senso Silvio Berlusconi punta tutto (o quasi) sulla vittoria di Musumeci, dal cui eventuale successo conta di partire per cercare di prevalere anche alle elezioni politiche. La Sicilia è parte integrante dei progetti del Cavaliere che si aspetta inoltre una buona affermazione di Forza Italia e delle liste più moderate della coalizione di centrodestra. A partire dall’Udc, il cui segretario Lorenzo Cesa è da più di un mese una presenza fissa in Sicilia con l’obiettivo di portare il partito scudocrociato al 5% sull’Isola. In questo modo – si ragiona nel quartiere generale di Forza Italia – Berlusconi avrebbe da giocarsi qualche carta in più nel rapporto, mai troppo idilliaco, con Matteo Salvini. Con cui ci sarà da discutere non poco sia per la scelta dei candidati della coalizione nei collegi uninonimali (qui l’approfondimento sul Rosatellum bis), sia sull’eventuale nome comune da avanzare per la premiership.
Dall’altra parte, invece, le aspettative di Renzi appaiono totalmente diverse: la vittoria – sondaggi alla mano – sembra quasi del tutto esclusa, anche per via dell’amministrazione non certo brillante di Crocetta, che infatti non è stato ricandidato. Ed è proprio la pesante eredità lasciata dal governatore uscente la chiave su cui insisterà il Pd per giustificare la probabile sconfitta del 5 novembre, che al Nazareno viene data per assodata. Bisognerà, però, vedere di che dimensioni sarà: l’obiettivo è contenere le perdite per evitare di compromettere troppo la campagna elettorale per le politiche. Fondamentale in questo senso sarà l’apporto del partito di Angelino Alfano, tradizionalmente radicato in Sicilia. Al quale Renzi ha affidato il compito di portare alla coalizione almeno il 5%, così da avvicinarsi il più possibile alla soglia del 20% complessivo. Un contributo che potrebbe far ottenere ad Alternativa popolare la candidatura di una decina di suoi esponenti in collegi uninominali considerati sicuri. Nei quali, cioè, la coalizione a guida Pd è destinata, salvo imprevisti, a prevalere.