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Eni, Enrico Mattei e quella lezione sull’energia

claudio descalzi eni

Quando ho organizzato un corso di geopolitica del Pd di Ravenna rivolto a una ventina di ragazzi tra i 17 e 25 anni, ho scelto di tenere una delle cinque lezioni previste, su un tema di cui mi sto occupando con impegno: l’accaparramento delle fonti energetiche mondiali. E solo le circostanze degli impegni degli altri relatori ha deciso che la data fosse il 27 ottobre.

Solo pochi giorni fa, quando ho iniziato a preparare la lezione, ho notato che non è una data qualsiasi: e per uno come me che si dovrà occupare di geopolitica dell’energia non averlo saputo in anticipo potrebbe sembrare una distrazione. Spesso ricordiamo avvenimenti a cui non sempre associamo una data, soprattutto quando appartengono a un passato lontano.

In ogni caso, il 27 ottobre è una data scolpita nel marmo per quanto riguarda la storia dell’oil&gas italiano: 55 anni fa, il 27 ottobre 1962, moriva Enrico Mattei. Il suo aereo si schiantò nei campi nei pressi di Bascapè, proprio in quella pianura padana dove l’Agip mosse i primi passi nella ricerca e scoperta del gas metano.

Scegliere il 27 ottobre per la mia lezione sul gas è stato solo un caso? Oppure fedeli alla lezione del maestro Shifo, dobbiamo ricordarci che ‘il caso non esiste’?

Senza complicarla troppo, in qualsiasi lezione sull’energia, al di là degli anniversari, è doveroso dedicare un passaggio a quel gigante della geopolitica che è stato Enrico Mattei. Basta anche un piccolo aneddoto per fare capire la statura dell’inventore della moderna Italia industriale. Era il 1960 e Mattei partecipava a una puntata di Tribuna Politica, programma condotto da Gianni Granzotto, per spiegare l’operato dell’Eni. All’inizio della trasmissione Mattei utilizza una similitudine tra l’Eni e un gattino in mezzo a cani feroci: il gattino rappresenta l’Eni e l’Italia alle prese con la crescita economica e sociale, mentre i cani feroci sono le dinamiche geopolitiche. Una scelta mediatica di grande semplicità ma anche di grande impatto: una lezione da ricordare sempre.

Qualche mese fa Paolo Gentiloni, il primo presidente del Consiglio italiano a varcare i cancelli di San Donato per incontrare l’Ad di Eni Claudio Descalzi, ha definito così il cane a sei zampe: «l’Eni è un attore geopolitico per eccellenza, l’unico che abbiamo di questa portata».

E noi aggiungiamo che l’Eni dobbiamo tenercela stretta, perché continui a interpretare il proprio ruolo geopolitica dell’energia, un settore dove è temuta dai concorrenti e da chi vuole che l’Italia resti solo e sempre un’espressione geografica (sì, ce ne sono ancora, non sono finiti col principe di Metternich).

Mi conforta pensare che Enrico Mattei si giocherebbe la sfida attuale dello sviluppo economico e sociale con la forza della divulgazione della conoscenza tecnologica-scientifica e anche umanista.

Perché l’attuale corsa all’accaparramento delle risorse energetiche oltre che affidarsi all’approccio economico, organizzativo globale, punta su una visione geopolitica e si appoggia a una spiccata sensibilità mediatica.

È importante far sì che parti crescenti dell’opinione pubblica si risveglino dalla lunga ipnosi che le ha portate a dubitare che il futuro dello sviluppo sostenibile sia l’innovazione tecnologica-scientifica ed ecologica. E a inseguire acriticamente solo chi argomenta solo utilizzando slogan.

…e quando guardo verso il mare e vedo in lontananza quelle case di ferro che sono state uno degli strumenti con cui Enrico Mattei ha costruito il riscatto economico italiano, la memoria fisica ripesca il ricordo di quando mio padre mi spiegò che erano piattaforme per estrarre metano. «Sono isole d’acciaio», mi disse. Le isole dove è nata la nostra importanza geopolitica.

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