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Tutte le polemiche in Gran Bretagna a 100 anni dalla dichiarazione di Balfour

Boris Johnson

“Sotto lo stesso soffitto dorato, il 2 novembre 1917 c’era Lord Balfour, il mio predecessore. Nello stesso ufficio del Segretario di Stato da cui scrivo oggi, scriveva una lettera a Lord Rothschild: una frase di sessantasette parole che costituì la “dichiarazione Balfour“. Parole accuratamente calibrate che furono le fondamenta dello Stato d’Israele”.
E’ Boris Johnson che scrive, l’attuale Segretario di Stato per gli Affari esteri del governo May, pubblicato in prima pagina dal Telegraph.

Con “la mia visione per la pace in Medio Oriente tra Israele e un nuovo stato palestinese” Johnson ha voluto, non solo manifestare l’orgoglio “del ruolo che ha giocato la Gran Bretagna nella creazione dello Stato di Israele”, ma annunciare che l’Inghilterra celebrerà eccome i cento anni dalla dichiarazione che cadranno il 2 novembre. Un evento esclusivo a Londra, voluto dalla May, e a cui prenderà parte lo stesso premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Ha declinato l’invito, invece, Jeremy Corbyn. E c’era da aspettarselo dato l’entusiasmo pro Israele. Così come c’erano da aspettarsi le tante iniziative dense di acrimonia che, da mesi, i palestinesi organizzano, cercando di boicottare le celebrazioni e aizzare un clima, in un certo senso, – ahi noi! – antisemita.

Lo scorso settembre Mahmoud Abbas – Presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, dell’Autorità Nazionale Palestinese e dello Stato di Palestina – in un suo discorso alle Nazioni Unite aveva chiesto le scuse pubbliche da parte dei funzionari britannici per la dichiarazione, e che, quindi, non venisse celebrato alcun centenario. Ad aprile i movimenti palestinesi avevano lanciato una petizione indirizzata al governo inglese perché, -ancora! -, chiedesse pubblicamente scusa ai palestinesi. Petizione fallita miseramente: tredicimila firme raccolte a fronte della soglia delle centomila previste per trasferire il dibattito in Parlamento.

A luglio il Queen Elizabeth II Center ha addirittura ospitato la più grande fiera palestinese d’Europa: il Palestine Expo. “A cento anni dalla Dichiarazione Balfour, a cinquanta dall’occupazione di Israele e a dieci dell’assedio di Gaza”, recitavano le locandine. Tra bandiere di Hezbollah, antisemitismo da spogliatoio e l’imam Ebrahim Bham, il capo del Consiglio dei teologi musulmani del Sud Africa, ospite d’onore – che dal pulpito non ha avuto paura di dire, “un giorno Goebbels (ministro della propaganda nazista, ndr) ha dichiarato che ‘la gente mi dice che gli ebrei sono esseri umani. Sì, so che sono esseri umani. Proprio come le zecche sono animali’” -, la manifestazione ha fatto venire i brividi persino a Sadiq Khan. Il sindaco di Londra, infatti, si è dovuto ridurre, nell’occasione, a chiedere al governo di impedire future manifestazioni di Hezbollah.

E’ così che dopo mesi di tensioni, esattamente alla vigilia del centenario, il clima è più teso che mai. I siti palestinesi sono in subbuglio, la stampa inglese è divisa, Johnson si è fatto ospitare in prima pagina da un giornale nazionale e gli studenti delle scuole della Csigiordania e della striscia di Gaza sono stati invitati a scrivere delle lettere al governo inglese su cosa pensano della dichiarazione e come questa abbia influenzato – negativamente – le loro vite. Centomila dovrebbero essere le lettere da consegnare il 2 novembre al console britannico a Gerusalemme.

Insomma, per i politicamente corretti, la May dovrebbe avere un po’ di buon gusto, un certo pudore e spessore morale e ritirare i festeggiamenti del momento in cui, con una lettera indirizzata a Lord Rothschild, l’allora ministro degli esteri Balfour, affermava di guardare con favore alla creazione di un “focolare ebraico” in Palestina. D’altronde Israele, che per tanti intellettuali rappresenta una frontiera d’Europa, è solo uno Stato che merita la distruzione – come il movimento palestinese ricorda -, e non di certo la celebrazione di un atto che ha contribuito alla sua fondazione.

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